Pubblichiamo l’intervista al Presidente dell’Upi Giuseppe Castiglione realizzata da Panorama.it a firma di Andrea Monti
Gli organi provinciali non verranno sciolti entro il 31 marzo 2013, ma decadranno alla scadenza naturale. Le Province che dovrebbero andare al voto nel 2012 saranno commissariate. E slitta dal 30 aprile al 31 dicembre 2012 il termine entro cui le loro funzioni devono essere trasferite a Comuni e Regioni. Sono alcune delle ultime novità introdotte nella manovra Monti, che dovrebbe sostituire i Consigli provinciali con assemblee non elettive, nominate dai Comuni. La riforma non piace affatto all’Unione delle Province d’Italia, che ha interrotto ogni rapporto con il governo, chiede di incontrare Napolitano e il 21 dicembre terrà un’assemblea straordinaria a Roma. Abbiamo intervistato il presidente dell’Upi Giuseppe Castiglione.
Cosa non vi piace della manovra in discussione alla Camera?
Non ci piace nulla. Il riassetto delle Province andrebbe affrontato in una sede più idonea, come quella istituita dal governo Berlusconi, su cui Monti aveva assunto l’impegno di andare avanti. Serve una commissione paritetica tra Comuni, Province, Regioni e governo. C’è una Carta delle autonomie, già approvata dalla Camera e in discussione al Senato, che definisce le funzioni degli enti locali di tutti i livelli. Invece si preferisce eludere il confronto democratico, quello parlamentare. Ricordo che negli ultimi anni abbiamo raggiunto gli obiettivi di finanza pubblica, che rispetto al 2007 abbiamo ridotto del 30% i costi di funzionamento e che il numero di consiglieri provinciali era stato già abbassato dall’ultima manovra del precedente esecutivo.
Monti ha fatto marcia indietro sullo scioglimento degli organi provinciali: non avverrà più entro marzo 2013, ma solo alla scadenza naturale.
L’interruzione traumatica di un mandato elettivo è una cosa incostituzionale, mai successa nella storia della Repubblica. Ora si dice di voler commissariare le Province che dovrebbero votare nel 2012: anche questo presenta qualche profilo di incostituzionalità. Ci opporremo ai decreti di commissariamento facendo ricorso alla Consulta e ai Tribunali amministrativi regionali. Impedire a un’area di andare alle urne è antidemocratico. Già abbiamo un governo tecnico, poi avremo le province tecniche… Non vorrei che dietro ci fosse un disegno che non è tecnico, ma politico: far occupare le posizioni di potere a commissari che non devono rispondere ai cittadini.
Come cambieranno le Province se la manovra sarà approvata così com’è?
Diventeranno enti di secondo livello, non eletti direttamente dai cittadini. Si dice che i Consigli avranno una funzione di “indirizzo e coordinamento”, ma non capiamo cosa significa. Si vogliono trasferire le competenze provinciali a Regioni e Comuni: avremo un aumento della spesa e un calo sensibile della qualità dei servizi. Siamo disponibili al confronto, per renderci ancora più efficienti e accorpare le Province più piccole. Ma se il tema vero è l’abolizione delle istituzioni che rappresentiamo, non possiamo essere d’accordo.
Per alcuni la vostra è una difesa corporativa.
Ma noi ci mettiamo in discussione, siamo pronti a ridurre ancora i costi. Difendiamo la democrazia, i cittadini e la Costituzione, che non può essere superata da un decreto legge. È stato il parlamento a istituire le province più “giovani”, pochi anni fa. Allora ricevette il plauso di tutti. Oggi è cambiata l’aria. Le province sono il capro espiatorio di tutto il malessere istituzionale. Siamo certi che lo svuotamento delle assemblee elettive (dai Comuni al parlamento) faccia il bene della democrazia? Possiamo ridurre gli emolumenti o azzerarli nei Comuni sotto un certo numero di abitanti, ma è sbagliato cancellare un luogo di dibattito come la Provincia, soprattutto nelle grandi città, dove si fanno scelte urbanistiche importanti.
Quali problemi concreti presenta la manovra Monti?
Le rispondo con delle domande. I mutui contratti dalle Province saranno imputati alle Regioni o ai Comuni? Come faranno a mantenere l’equilibrio del patto di stabilità? Cosa ne sarà degli investimenti avviati dalle Province? A chi affideremo il loro patrimonio? Non siamo riusciti a trasferire quello dello Stato a Regioni e Province, sebbene da un anno e mezzo si parli di “federalismo demaniale”. Pensiamo di farcela in tre mesi?
Che risposte avete avuto a queste domande?
Nessuno è entrato nel merito. C’è un silenzio assordante. Tutti si occupano di Province, ma nessuno ci invita a parlarne. Eppure se c’è un’istituzione che può far ripartire lo sviluppo, è la nostra. Green economy, banda larga, protezione civile, difesa del territorio: ci candidiamo a diventare i motori della crescita.
Secondo voi bisognerebbe colpire altrove?
Esistono 2mila Comuni sotto mille abitanti e Regioni più piccole di alcune delle Province che si vorrebbero sopprimere, ma prima di attaccare organi previsti dalla Costituzione – a partire dalle Province – dovremmo guardare agli enti intermedi: società partecipate, consorzi, enti parco. Realtà che ci costano 7 miliardi. Le loro funzioni potrebbero essere assorbite da noi e dai Comuni.
In merito alla manovra la sua associazione è arrivata a evocare il fascismo. Non vi pare troppo?
I Consigli provinciali sono stati sciolti solo nel Ventennio. Non vogliamo rivivere quell’epoca. Ci appelliamo a Napolitano, che ha dimostrato di essere il vero garante della Costituzione.