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Assemblea generale: intervento di Enrico Gasbarra

Relazione del Presidente della Provincia di Roma Enrico Gasbarra all'Assemblea generale delle Province

Istituzioni e Riforme    1/12/2003

Carissimi colleghi,

porgo il mio benvenuto ai colleghi presidenti e a tutti i partecipanti all’Assemblea generale delle Province d’Italia.

Un ringraziamento particolare desidero rivolgerlo al nostro presidente, Lorenzo Ria e a tutti i membri dell’UPI, per il grande impegno che quotidianamente svolgono al servizio di tutte le province italiane, assicurando che a tale impegno non verrà mai a mancare il nostro sostegno.

E’ per me un grande onore aprire i lavori dell’Assemblea Annuale, che rappresenta un passaggio fondamentale della nostra vita associativa a cui, per la prima volta, partecipo come Presidente della Provincia di Roma.

Saranno due giornate intense e ci aiuteranno a compiere un’attenta riflessione sulle grandi responsabilità che come amministratori locali abbiamo nei confronti dei nostri cittadini, per affrontare i tanti nodi da sciogliere e per lanciare, con spirito di partecipazione e condivisione, le nostre sfide future.

Il dibattito sul “diritto ad esistere” delle Province è ormai alle nostre spalle: la Costituzione ne fa esplicitamente una delle pietre miliari della nuova Repubblica delle autonomie. Proprio per questo noi, oggi, abbiamo la possibilità, anzi il dovere, di interrogarci senza reticenze sul modo migliore per essere al servizio delle comunità.

Al centro del nostro dibattito ci sono i cittadini, con i loro diritti e le loro esigenze, così come recita il titolo dell’ Assemblea. Titolo che ho particolarmente apprezzato, perché coglie in pieno la trasformazione che l’ente Provincia ha avuto in questi anni. La relazione del Presidente Ria svilupperà ampiamente in tutte le sue sfaccettature una tematica di così alto interesse, collocandola nell’attuale dibattito istituzionale e nelle preoccupanti contingenze della Finanziaria.

Una Finanziaria che volevamo recepisse maggiormente le richieste che i Comuni e le Province hanno avanzato con spirito costruttivo.
Con grande senso di responsabilità, e d’intesa con l’ANCI, avevamo infatti sollecitato il Governo ad imboccare la via del rispetto istituzionale: pronti a fare la nostra parte per il bene del Paese – avevamo detto al Governo – non chiediamo più soldi, ma più autonomia, chiediamo – anzi pretendiamo – di poter governare le nostre comunità con piena responsabilità, nella ricerca delle risorse finanziarie, dei modelli organizzativi, delle vie migliori per rispondere ai bisogni dei cittadini senza compromettere gli equilibri della finanza pubblica allargata.

Le risposte, al momento, sono ancora troppo insufficienti. Il Vice Presidente del Consiglio aveva detto cose importanti e significative all’Assemblea nazionale dell’ANCI. Chiediamo che quell’impegno sia rinnovato, per riprendere il cammino indicato e purtroppo ancora non avviato.

Non possiamo nascondere, inoltre, le perplessità per quanto è accaduto in Europa pochi giorni or sono. Quando il patto di stabilità europeo è apparso troppo rigido per alcuni grandi paesi, i ministri di Ecofin, sotto la presidenza italiana, hanno trovato il modo per ammorbidirlo, annacquando le sanzioni e accontentandosi alla fine di qualche raccomandazione.

Tanta disponibilità, tanta accondiscendenza sono invece state negate ai Comuni e alle Province italiane alle prese con un patto di stabilità interno ancora più rigido, ancora più vincolante, tutelato da sanzioni durissime.

Nonostante ciò, e nonostante i gravi tagli a danno degli enti locali, da parte nostra non ci sarà alcun tentativo di eludere i bisogni dei cittadini. Cercheremo, anzi, nei nostri non facili bilanci di deliberare misure finanziarie che comunque non riducano i servizi alla persona e rimarremo al fianco dei piccoli comuni, che maggiormente soffrono la riduzione dei finanziamenti.

Questo è il nuovo modello di Provincia: più forte sul territorio, maggiormente rispettosa dell’identità di ciascun comune, più vicina ai cittadini.

Una Provincia non come ente verticistico, sovraordinato ai comuni, ma che lavora sempre con e per le comunità locali, valorizzandone l’autonomia, a vantaggio di una moderna “governance” che nell’integrazione e nella sussidiarietà trova il fondamento per il più efficiente esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi.
Va in questo senso l’esperienza di Roma e delle sue peculiarità, ben sapendo tuttavia che ciascuna Provincia italiana, dalla più grande alla più piccola, possiede specificità proprie che la caratterizzano e la rendono nello stesso tempo unica e parte di un insieme.

Nella nostra specialissima Provincia, che ospita la Capitale della Repubblica, la Santa Sede ed alcune tra le più prestigiose agenzie delle Nazioni Unite, si concretizza il segnale del nuovo modello. La nostra comunità provinciale è fatta da 121 Comuni: accanto alla città di Roma, ci sono tante comunità piccole e medie, ci sono ben 64 Comuni con meno di 5.000 abitanti. Ventisette di loro non arrivano ai mille. Sono comunità importanti, ricche di storia, e di tradizioni, ma anche oggi protagoniste di un modello di sviluppo dinamico e flessibile, attento alla sostenibilità sociale e ambientale.
 
Quello che stiamo sperimentando qui è un modello di governo partecipato, dove le decisioni vengono prese non più soltanto dal Consiglio provinciale, ma condivise anche con le associazioni, con le comunità e con i cittadini.

In questo senso, importante è la novità rappresentata dall’istituzione della Camera dei Comuni e delle Autonomie quale sede permanente di confronto istituzionale e di concertazione con i comuni, le comunità montane, i municipi, per la costruzione di politiche territoriali veramente partecipate.

Ritengo infatti che rilanciare la concertazione interistituzionale a partire dai nostri territori sia necessario per fornire, innanzitutto, un servizio ai nostri cittadini.

 Auspico, infine, che l’Assemblea affronti il tema delle città metropolitane, oggi costituzionalmente previste e, nello specifico, si esprima sul ruolo e le funzioni di Roma Capitale.

 I due temi, a mio avviso, seppur collegati sono oggettivamente diversi. Il nodo delle città metropolitane deve essere sicuramente analizzato integrando e definendo le funzioni di un ente di area vasta. Sottopongo all’Assemblea l’esigenza di rilanciare da subito una Commissione composta dai Sindaci e dai Presidenti delle Province per discutere insieme le possibili soluzioni.

 Per quanto riguarda la Capitale, invece, il cammino parlamentare deve trovare una soluzione urgente che, recuperando l’esperienza europea, definisca ruolo e funzione con legge ordinaria dello Stato e non releghi la questione allo statuto regionale. Solo così è possibile recepire il principio costituzionale che riconosce la capitale patrimonio dell’intera nazione.
 
Infine, nel rinnovare il benvenuto a tutti voi, consentitemi di chiudere con un paragone che credo possa sintetizzare al meglio quello che auspichiamo: per fare un film da oscar non bastano buoni attori, serve un eccellente regista e degli ottimi produttori. Il nostro Paese ha attori straordinari nei Comuni. Le Province possono ricoprire il ruolo del regista e se il Governo e le Regioni ne diventano i produttori, il sistema delle autonomie potrà finalmente essere il punto di riferimento della nostra comunità.



Redattore: Redazione Upi
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