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Audizione in Senato sulla riforma del titolo V

Il documento di UPI, ANCI, UNCEM, Lega Autonomie sugli effetti della riforma della Costituzione

Audizioni, Istituzioni e Riforme    2/07/2003

Prima Commissione permanente – Senato della Repubblica

Indagine conoscitiva sugli effetti nell’ordinamento delle revisioni del titolo V della parte II della Costituzione

 Audizione del 16 gennaio 2001

1. La riforma del Titolo V, parte II della Costituzione rappresenta per il sistema delle autonomie locali e regionali una importante attuazione dei principi fondamentali dell’articolo 5 e sancisce definitivamente l’assetto policentrico della Repubblica e un modo nuovo di coniugare unità del sistema e ruolo delle autonomie.

Ulteriore vigore e attualità assumono i principi fondamentali dell’articolo 5 della Costituzione: il riconoscimento delle Autonomie locali, la loro compartecipazione a pieno titolo all’unità e alla indivisibilità della Repubblica, ma anche l’obbligo per la legislazione repubblicana di adeguare i suoi principi e metodi alle esigenze dell’autonomia e del decentramento. Questi principi trovano un più pregnante inquadramento nel riconoscimento, ai sensi del nuovo art. 114, della pari dignità costituzionale di Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, quali elementi costitutivi della Repubblica.

L’attuazione della riforma costituzionale comporta un impegno di tutti i livelli istituzionali riconosciuti dalla Costituzione e può essere realizzata solo dalla valorizzazione delle sedi di concertazione tra tutti questi soggetti interessati. Essa deve avvenire il più sollecitamente possibile, a prescindere dalla pendenza di ipotesi di ulteriori “devoluzioni” di competenze al sistema delle autonomie, così come ipotizzato da ultimo nel progetto del Ministro per le riforme istituzionali.

In ogni modo la riforma costituzionale deve considerarsi, per quanto possibile, immediatamente operativa e applicabile dai diversi soggetti e organi istituzionali coinvolti, anche perché comporta alcune conseguenze assai significative e profondamente innovative nella conformazione del potere normativo e del sistema amministrativo dell’ordinamento italiano, a partire dalla piena e corretta attuazione del principio di sussidiarietà.

Discorso a parte, ma altrettanto fondamentale, va riferito ai nuovi Statuti regionali (che devono essere “in conformità della Costituzione!), rispetto ai quali va segnalata la preoccupazione delle Associazioni delle autonomie nei confronti delle prime bozza circolanti che sembrano non tenere in adeguata considerazione (ed in alcuni casi per nulla) le novità introdotte nel nuovo titolo v cost.

 

2. Per quanto riguarda il potere normativo , l’entrata in vigore del nuovo articolo 117 della Costituzione produce immediate conseguenze in ordine al riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, alle caratteristiche di leggi di principio nelle quali, di norma, esse devono tradursi, ed al nuovo assetto del potere normativo nel nostro ordinamento, considerando il riconoscimento dato al potere statutario e regolamentare degli enti locali.

Lo Stato perde capacità legislativa generale: la potestà legislativa dello Stato è limitata alle materie di cui all’art. 117, 2° co., nonché alla determinazione dei principi fondamentali nelle materie di cui all’art. 17, 3° co.; oltre ad altre materie contemplate in altre norme della Costituzione. Questa affermazione deve essere tuttavia in parte corretta dal rilievo che alcune delle materie dell’art. 117, 1° co., (come “la determinazione dei livelli essenziali” o la “tutela della concorrenza” o “le funzioni fondamentali degli enti locali”, etc.) hanno un contenuto tale, che sicuramente consente allo Stato un’ampiezza di interventi legislativi assai cospicua e di carattere “generale”.

La potestà legislativa regionale non solo acquista un contenuto generale e residuale in virtù dell’art. 117, 4° co., ma in tutte le materie di cui all’art. 117, 3° co., di competenza concorrente, acquista a sua volta un contenuto generale limitato soltanto dall’area di principi fondamentali; ribaltando la precedente impostazione dei rapporti Stato regioni nelle materie di legislazione concorrente.

Nel nuovo contesto Stato e Regioni possono adesso vantare, a titolo proprio, ciascuno per la propria parte, la competenza legislativa, secondo le indicazioni contenute prevalentemente nell’articolo 117 della Costituzione.

Tuttavia, la stessa potestà legislativa statale e regionale deve sempre più orientarsi verso una legislazione di principio. Essa si deve esercitare senza invasioni (e con la conseguente cedevolezza delle disposizioni di dettaglio) nei confronti dell’autonomia normativa degli Enti locali. Infatti, la potestà statutaria e regolamentare risulta adesso distribuita su tutti e tre i livelli di governo, comprese dunque le autonomie locali (correttamente si deve parlare a tale proposito di potestà normativa ripartita ).

Più ampio è lo spazio di sviluppo e di promozione dell’autonomia degli enti locali, sotto il profilo statutario, regolamentare, finanziario e organizzativo. L’autonomia locale si svolgerà, nelle Regioni a statuto ordinario, secondo l’ordinamento delineato dalle potestà legislative di principio dello Stato, al quale spetta anche il compito di fissarne le funzioni fondamentali, anche sulla base della prassi sin acquisita dagli enti locali.

 

3. Per quanto riguarda il sistema amministrativo, fra le novità del Titolo V della Costituzione è unanimemente riconosciuto che il baricentro dell’amministrazione si è spostato verso l’amministrazione locale (art. 118 cost.). L’art.114 cost. ed il principio di sussidiarietà rappresentano il cardine di interpretazione e di attuazione dell’intero Titolo V per quanto riguarda l’amministrazione.

Viene definitivamente superata ogni forma di parallelismo tra funzione legislativa e funzione amministrativa e ciò richiede comportamenti coerenti da parte del legislatore statale e regionale nel riparto delle funzioni amministrative.

I principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione dell’ art. 118 cost. guidano il riconoscimento dell’attività amministrativa ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane ed, in via residuale, alle Regioni ed allo Stato. In ogni caso, va coerentemente osservato ed attuato il principio dell’art. 118 Cost. 1 co., che stabilisce l’attribuzione, secondo un criterio di generalità, delle funzioni amministrative ai Comuni, singoli ed associati, salvo che, per assicurare l’unitarietà di esercizio, siano conferite a Province, Città metropolitane e, solo residualmente, alle Regioni e allo Stato centrale. Per questi motivi lo spostamento verso l’alto della funzione amministrativa deve trovare adeguate motivazioni (elencazione tassativa), che possono essere sottoposte anche alla verifica della Corte Costituzionale.

Fondamentale, soprattutto nella fase di prima attuazione, è la questione delle garanzie relative alla corretta e coerente attuazione di queste disposizioni sia in sede statale che regionale, nonché la questione della tutela in sede costituzionale ed amministrativa delle prerogative dei Comuni e Province. In questa prospettiva, in attesa di successive ed urgenti riforme costituzionali anche integrative dell’art. 134, è necessario, sin da ora, prevedere che la questione di legittimità costituzionale della legge regionale possa essere promossa dal Governo anche su iniziativa e stimolo della Conferenza Stato-Città e Autonomie locali e, dall’altro lato, prefigurare la possibilità che il Consiglio regionale delle autonomie possa proporre alla giunta regionale la proposizione di un ricorso nei confronti di una legge dello Stato.

 

4. La pari dignità costituzionale dei diversi livelli istituzionali, quali elementi costitutivi della Repubblica, trova conferma nella scelta del legislatore costituzionale di abrogare le disposizioni relative ai Commissari di governo e agli organi regionali di controllo e, più in generale, ai controlli di legittimità sugli atti degli Enti locali.

L’abrogazione degli articoli 124, 125 (comma 1) e 130 della Costituzione del 1947 trova giustificazione nel fatto che non vi è più una sovraordinazione gerarchica dello Stato nei confronti delle autonomie territoriali (quindi delle Regioni nei confronti degli enti locali) per la quale esso debba esercitare una funzione di tutela: ogni livello istituzionale citato nell’art. 114 cost. è titolare di piena autonomia politica e normativa, ed ha piena legittimazione nella cura degli interessi generali della comunità territoriale rappresentata.

L’abrogazione delle disposizioni costituzionali relative ai controlli è pertanto anche un’abrogazione sostanziale. Vengono meno le disposizioni di legge ordinaria che disciplinano tali controlli, nonché gli organi fino ad oggi deputati a questa funzione e il legislatore ordinario (statale e regionale) non può più riproporre lo stesso sistema, sia pure sotto forme diverse anche indirette, di controlli basato su una logica di gerarchia e tutela.

Il superamento inequivocabile di ogni forma di controllo preventivo tende a valorizzare gli strumenti e le procedure di controllo interno, i controlli di gestione, la trasparenza dell’attività amministrativa e della gestione contabile. Nel nuovo sistema policentrico, alla logica del controllo – sospetto si sostituisce la trasparenza amministrativa, la funzione di controllo delle minoranze e lo scambio di informazioni tra i diversi livelli istituzionali: ciò consente ad ogni potere pubblico di rendere conto della propria attività istituzionale.

 

5. La complessità della riforma costituzionale ha come snodo centrale la ricerca di un nuovo equilibrio e di nuovi rapporti istituzionali tra lo Stato, le Regioni e le Autonomie locali.

In questa prospettiva, innanzitutto, vanno individuate le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane , ai sensi dell’art. 117, comma 2, lettera p).

L’attuazione delle nuove previsioni costituzionali sull’assetto delle funzioni amministrative (superamento del parallelismo tra competenze legislative e amministrative e radicamento dell’amministrazione anzitutto a livello locale) pone con urgenza l’esigenza di individuare e riconoscere (anzitutto) il quadro delle competenze che qualificano in modo essenziale ed inderogabile il ruolo di Comuni, Province e Città metropolitane, in modo da poter ridefinire (in coerenza con i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza) il nuovo quadro generale di riferimento delle funzioni (e delle connesse risorse) spettanti ai vari soggetti amministrativi del sistema, entro il quale si potranno poi sviluppare (eventuali) scelte autonome e differenziate delle regioni e degli enti locali.

In sostanza, per attuare con pienezza, con razionalità ed effettività le previsioni del nuovo Titolo V sulle funzioni degli enti locali, la determinazione delle funzioni fondamentali consente, sia al legislatore statale, sia a quello regionale, nei rispettivi ambiti di competenza, di procedere alla individuazione e al conferimento di ulteriori funzioni (in base ai ricordati principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione), ferma restando ovviamente la possibilità degli enti autonomi di autoassumere funzioni (libere) non assegnate ad altri soggetti del sistema.

L’individuazione delle funzioni fondamentali consente perciò:

a) di mettere in moto un processo legislativo e politico che impegna anche le Regioni, perché l’attribuzione con legge statale delle funzioni nelle materie di competenza regionale vincola anche il legislatore regionale;

b) di correggere in senso migliorativo, già sotto i profili del buon andamento, efficienza ed efficacia, le disposizioni dei decreti attuativi della legge 59/97 (specialmente il d. lgs. 112/98) con le conseguenti ricadute sul piano dell’assegnazione delle relative risorse e personale;

 

6. Un altro punto essenziale e prioritaria è l’attuazione del nuovo articolo 119 della Costituzione, che deve imprimere un più certo e garantito sviluppo della fiscalità locale, avviato in particolare con il d. lgs. 56/00, dove l’autonomia di prelievo e di spesa degli Enti locali sia accompagnata da efficaci interventi di perequazione, che assicurino la disponibilità di adeguate risorse e opportunità di crescita anche ai Comuni di minore dimensione demografica. Per essi e comunque per tutti gli Enti locali, vanno subito consolidati interventi a sostegno delle politiche di investimento infrastrutturale.

Un punto essenziale di attuazione della riforma costituzionale, al fine di rendere coerente l’ordinamento finanziario con l’assetto costituzionale di impronta federale, riguarda la questione delle risorse finanziarie proprie , al fondo perequativo e alla promozione dello sviluppo economico e della coesione sociale e territoriale. Sono queste tutte materie che debbono vedere protagoniste, insieme ad altri, le Autonomie locali sia nella fase di ideazione e progettazione della legislazione che in quella della sua concretizzazione. I nuovi principi ordinamentali della finanza e della fiscalità vanno, pertanto, interpretati e attuati in una direzione coerente ai principi di autonomia e di sussidiarietà contenuti nel Titolo V.

 

7. L’attuazione della riforma costituzionale implica inoltre un impegno diretto delle Regioni, innanzitutto relativamente alla formulazione ed implementazione degli Statuti regionali, alla disciplina degli elettivi Consigli delle Autonomie locali, alla generale attribuzione delle funzioni amministrative ai comuni, singoli o asociati, e di quelle spettanti alle Province, alle Città metropolitane, nell’ottica indicata dall’art. 118 Cost.. Ciò richiederà una fase di concertazione tra Stato e d Enti locali, nonché tra Regioni ed Autonomie locali, da fissare attraverso un protocollo di intenti che stabilisca procedure e garanzie e che possa fungere da parametro per un corretto svolgimento dell’intero processo di decentramento/autonomia.

 

8. Le finalità, i contenuti e i metodi formulati nel presente documento sono altresì terreno di iniziativa anche verso le Regioni a Statuto speciale, che sono chiamante, dalla legge costituzionale n. 2/2001, a predisporre le loro ” leggi statutarie “, in vista di una riformulazione costituzionale dei loro Statuti, che comunque dovrà aprire una nuova pagina della loro esperienza, che si qualifichi per una forte e sicura tutela delle garanzie, delle funzioni e delle risorse che spettano alle Autonomie locali anche in quelle realtà.

In tal senso si ritiene che quanto finora previsto dalla legislazione di grado costituzionale sul potere di ordinamento degli enti locali da parte delle regioni a statuto speciale debba essere armonizzato con la nuova normativa costituzionale, specie laddove si sono sanciti – a partire dal principio di sussidiarietà – criteri volti a rafforzare il ruolo e le funzioni proprie degli enti locali: in sostanza, si ritiene che i Comuni, le Province e le Città metropolitane delle Regioni a statuto speciale non possono essere tenuti fuori da quanto previsto dal Titolo V Cost. e che ad essi debbano essere necessariamente riconosciute le stesse funzioni considerate in via generale come fondamentali per tutte le Autonomie locali della Repubblica. La fase di adattamento degli Statuti delle Regioni “speciali” previsto dalla legge cost. n. 2/2000 dovrà, pertanto, tenere conto in modo coerente di quanto disposto dal titolo V Cost.

 

9. Un ultimo punto importante nell’attuazione del titolo V è quello relativo all’ulteriore intervento sull’assetto costituzionale, al fine di completare il processo di riforma costituzionale.

Un momento molto delicato riguarda l’eventuale modifica o correzione delle disposizioni contenute nel nuovo titolo V, parte II, della Costituzione.

In sede di ulteriore revisione, comunque, dovrà essere affrontato il tema delle garanzie costituzionali da offrire alle Autonomie locali di fronte ad invasioni della legislazione statale e regionale lesive della loro autonomia istituzionale riconosciuta a livello costituzionale e del principio di sussidiarietà. Come è noto questa è una lacuna grave della riforma del titolo V, parte II, della Costituzione, alla quale va posto rimedio.

Un altro punto essenziale riguarda la riforma del sistema parlamentare e l’istituzione di una Camera delle autonomie territoriali.

 

10. In questa prospettiva va vista anche la celere attivazione della Commissione Parlamentare per le questioni regionali integrata dai rappresentanti delle Regioni e degli Enti Locali. Pur con tutti i limiti, è questa una soglia minima di compartecipazione del sistema delle autonomie alle decisioni che vengono prese nel cuore della Repubblica. Tale adempimento da solo e per la visibilità che ad esso si vorrà dare, è in grado di esibire la quantità e soprattutto la qualità del nuovo orientamento autonomistico che adesso si avvia. Su questo punto le Associazioni delle autonomie locali si riservano di presentare un proprio documento.

 

Costituzione della Repubblica Italiana



Redattore: Redazione Upi
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