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DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE CONCERNENTE “MODIFICAZIONE DEGLI ARTICOLI 55, 56, 57, 58, 59, 60, 64, 65, 67, 69, 70, 71, 72,80, 81, 83, 85, 86, 87, 88, 89, 91, 92, 93, 94, 95, 96, 104, 114, 116, 117, 126, 127, 135, 138DELLA COSTITUZIONE” A.S. 2544
Audizione I Commissione
Senato della Repubblica
Roma, 29 ottobre 2003
Il disegno di legge costituzionale A.S. 2544 intende superare i precedenti progetti di revisione costituzionale presentati dal Governo (il ddl sulla Devolution e il ddl cd. La Loggia, approvato dal Consiglio dei Ministri ma mai presentato in Parlamento) proponendosi come provvedimento di riforma costituzionale, non solo del titolo V, ma di tutto l’ordinamento della Repubblica.
L’UPI ha da tempo evidenziato l’esigenza di completare la riforma introdotta con la legge costituzionale n. 3/2001, in particolare sotto due profili:
– la riforma del bicameralismo perfetto e l’istituzione del Senato federale;
– l’integrazione delle garanzie costituzionali.
Relativamente al percorso di elaborazione ed approvazione di una riforma costituzionale di tale complessità occorre inoltre premettere due considerazioni di metodo.
· Qualsiasi proposta di riforma costituzionale che incida sostanzialmente sulla forma di stato e sui rapporti tra lo Stato, le Regioni, le Province, le Città metropolitane e i Comuni necessita di una sostanziale concertazione e condivisione fra tutti i livelli territoriali, che oggi sono a pari titolo elementi costitutivi della Repubblica.
· Inoltre, se la finalità politica principale del disegno di legge è il completamento della riforma del titolo V e la realizzazione di un assetto ordinamentale compiutamente federalista e autonomista, occorre fin da subito dare attuazione alle disposizioni della legge costituzionale n. 3 del 2001 che a tutt’oggi sono rimaste lettera morta, ossia la modifica dei regolamenti parlamentari per l’integrazione della Commissione bicamerale per le questioni regionali con i rappresentanti di Regioni e Autonomie locali e l’introduzione nel sistema di finanza pubblica dei principi e delle regole del federalismo fiscale sanciti nell’art. 119 della Costituzione.
Nel merito dello schema di disegno di legge costituzionale si evidenziano le seguenti considerazioni e proposte.
1. Senato federale
Il disegno di legge ha il merito di porre con chiarezza l’obiettivo di superare l’attuale sistema parlamentare attraverso l’istituzione di un Senato federale. Pertanto, si esprime apprezzamento per la scelta di fondo tesa al superamento del bicameralismo paritario e perfetto. Ciò rappresenta un passo imprescindibile nel cammino verso un assetto che si vuole federale ed autonomista.
Si dissente, però, dal modello e dalla composizione del Senato federale previsti nel disegno di legge, che offrono un’immagine sbiadita ed imperfetta di un organo che aspirerebbe a rappresentare gli interessi dei territori e dei loro governi. Se questo è l’obiettivo da raggiungere un modello coerente dovrebbe quantomeno prevedere la limitazione dell’elettorato passivo a coloro che ricoprono cariche pubbliche elettive negli enti territoriali (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni).
In ogni modo, il Senato federale della Repubblica, inteso come sede di rappresentanza degli interessi territoriali, presuppone che i diversi livelli territoriali costitutivi della Repubblica siano direttamente in esso rappresentati: in quanto Camera rappresentativa degli enti del governo territoriale non può non avere al suo interno una rappresentanza degli enti territoriali.
Tale rappresentanza deve essere “paritaria” rispetto alla componente eletta a suffragio universale diretto, alla luce dei principi costituzionali che conferiscono agli enti territoriali e allo Stato una pari dignità politico costituzionale.
Per gli stessi motivi, nell’ambito della componente rappresentativa degli enti territoriali, vi deve essere un rapporto paritario tra i rappresentanti delle Regioni e quelli degli Enti locali: Comuni, Province e Città metropolitane. Tale componente può essere formata sia da membri di diritto direttamente individuati dalla Costituzione, sia da membri eletti dai Consigli regionali o da Assemblee di amministratori locali, la cui composizione sia individuata dalla Costituzione, su base nazionale o su base territoriale.
Pertanto, nell’ipotesi prevista dal disegno di legge A.S. 2544 di un Senato federale di 200 membri, si potrebbe pensare ad un sistema misto in cui una metà dei membri siano pariteticamente rappresentativi dei territori ed un’altra metà siano eletti a suffragio universale diretto a salvaguardia di una vocazione di rappresentanza generale (e non corporativa) di questa seconda Camera.
Si potrebbe configurare, in tale ipotesi, la seguente composizione del Senato federale:
· 100 senatori eletti a suffragio universale diretto;
· 100 senatori rappresentanti degli enti territoriali di cui:
– 22 presidenti di regione e province autonome;
– 28 senatori eletti dai Consigli regionali in proporzione alla popolazione regionale;
– 14 sindaci delle Città metropolitane;
– 12 presidenti di provincia eletti dall’assemblea dei presidenti su scala nazionale;
– 24 sindaci eletti dalle assemblee dei sindaci su scala regionale.
Inoltre, l’istituzione del Senato federale, così come proposto, potrebbe avvenire già a partire dalla XV legislatura e non come previsto dalle disposizioni transitorie del Disegno di legge A.S. 2544, che rinviano l’istituzione del Senato federale alla XVI legislatura.
In ogni modo, al di là della composizione del Senato federale, occorre evitare conflitti e confusioni nei procedimenti di formazione delle leggi e nei rapporti tra la Camera politica e il Senato federale. Se è giusto che il rapporto di fiducia tra il governo ed il Parlamento sia limitato alla sola Camera dei deputati per la formazione delle leggi occorre distinguere le leggi per cui dovrebbe essere previsto un iter unicamerale con l’approvazione della sola Camera dei deputati e le leggi per cui andrebbe previsto un iter bicamerale con l’approvazione sia della Camera dei deputati sia del Senato federale (tra le quali è essenziale ricomprendere per esempio la legge finanziaria e di bilancio, le leggi per l’individuazione dei principi nelle materie concorrenti, le leggi per l’individuazione delle funzioni fondamentali degli organi e del sistema elettorale di Comuni, Province e Città metropolitane, le leggi di modifica delle circoscrizioni provinciali, le leggi di riforma costituzionale).
2. Accesso alla Corte costituzionale per Comuni, Province e Città metropolitane
La previsione di una diversa composizione della Corte costituzionale che passa da 15 a 19 giudici (di cui 3 nominati dalla Camera e 6 dal Senato federale) risolve parzialmente il problema di un maggiore raccordo di quest’organo di garanzia con le nuove funzioni delle Regioni e delle Autonomie locali.
Congiuntamente alla diversa composizione, infatti, occorre prevedere l’accesso diretto alla Corte costituzionale per i Comuni, le Province e le Città metropolitane a tutela delle loro attribuzioni costituzionali. In mancanza di tale previsione risulterebbe, infatti, alquanto compromessa la pari dignità costituzionale di Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, come prevista dall’art. 114 della Costituzione.
Per questi motivi si propone di inserire nel disegno di legge i seguenti due emendamenti:
All’art. 127 della Costituzione aggiungere il seguente terzo comma:
“3. I Comuni, le Province e le Città metropolitane, quando ritengano che una legge o un atto avente forza di legge statale o regionale ledano la loro autonomia costituzionalmente garantita, entro sessanta giorni dalla pubblicazione, possono promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale.”
All’art. 134 della Costituzione modificare l’ultimo periodo del primo alinea nel modo seguente:
“sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli in cui siano parti lo Stato, le Regioni, le Città metropolitane, le Province e i Comuni.”