Categoria: Istituzioni e Riforme

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Commissariamenti Province: l’Upi Veneto scrive ai parlamentari e al Presidente Zaia

L’UPI Veneto scrive ai Parlamentari e al Presidente della Regione Veneto. L’iniziativa è volta a sensibilizzare i Parlamentari, impegnati nella discussione per la conversione in legge del D. L. 93/2013 sul contrasto alla violenza di genere, sui contenuti dell’art. 12 del decreto che, inserito in un contesto del tutto estraneo per materia, mira ad impedire il rinnovo democratico degli organi delle Province nel 2014.

“Questi provvedimenti inseriti peraltro in un decreto legge concernente materie sulla violenza di genere e la sicurezza suscitano perplessità sul piano delle legittimità costituzionale – dichiara il presidente dell’Upi Veneto, Leonardo Muraro – Per questo abbiamo rivolto due appelli ufficiali, pur convinti della necessità di una riforma complessiva ma organica dell’architettura statale. Già il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni si è attivato per il ricorso alla Corte Costituzionale sull’illegittimità dell’art. 12 del dl 93/2013”.

In tutte e due le lettere si parte dall’esame dell’art.12 del DL 93/2013 che prevede:

 

  1. La conferma dei provvedimenti di scioglimento degli organi e di nomina dei commissari nelle amministrazioni provinciali disposti in applicazione dell’art. 23 del decreto salva Italia dichiarato incostituzionale con la sentenza 220/2013;
  2. La proroga dei commissariamenti in essere fino al 30 giugno 2014;
  3. Il commissariamento degli Enti i cui organi cessano per scadenza naturale o altri motivi nel periodo dal 1° gennaio al 30 giugno 2014;
  4. La sospensione di ogni norma relativa alla riduzione di spesa negli uffici periferici dell’amministrazione civile dello Stato (ovvero le Prefetture).

 

Nella prima lettera, si chiede ai Parlamentari un impegno per il ripristino della legalità costituzionale, attraverso l’approvazione di emendamenti che rimuovano dall’art. 12 del D. L. 93/2013 la previsione dei commissariamenti delle Province fino al 30 giugno 2014, in modo da consentire il rinnovo democratico degli organi nel turno elettorale amministrativo della primavera 2014. Per la nostra Costituzione, sin dalla sua entrata in vigore nel 1948, è un dato indiscutibile la natura elettiva e democratica delle Province, espressione del principio democratico e della sovranità popolare su cui si fonda il nostro ordinamento in virtù dell’art. 1 della Costituzione. Per queste motivazioni, che attengono al rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, le Province del Veneto, pur nella consapevolezza dell’esigenza di perseguire un disegno organico di riforma complessiva del sistema, si appellano ai Parlamentari della Repubblica affinché rimuovano questo ulteriore ed inammissibile vulnus ai principi democratici ed auspicano un percorso aperto di confronto con Governo e Parlamento sulle riforme, come peraltro previsto dal disegno di legge costituzionale di istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali, già approvato in prima lettura dalla Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica, che prevede che il Comitato deve disporre la consultazione delle autonomie territoriali, a fini di coinvolgimento nel processo di riforma.

 

Nella lettera alla Regione Veneto le Province Venete sottolineano che  nel caso  di una conversione in legge senza modifiche dell’art. 12 del D. L. 93/2013, l’unico rimedio consentito dall’ordinamento è il ricorso alla Corte Costituzionale che è attivabile soltanto dalla Regione. Infatti le conseguenze dell’art. 12 sono evidenti. La Provincia di Belluno, commissariata dal mese di ottobre 2011 non potrebbe rinnovare gli organi neanche nella primavera 2014; lo stesso accadrebbe per la Provincia di Vicenza già commissariata da oltre un anno. Verrebbero altresì gestite da un commissario, alla scadenza naturale del 2014 le Province di Padova, Verona e Rovigo. Per la Provincia di Venezia, in assenza di norme vigenti sull’istituzione della città metropolitana, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 220/2013, sarebbe anch’essa commissariata. E’ evidente la situazione inaccettabile che deriverebbe. Per questi motivi, i Presidenti delle Province del Veneto chiedono alla Giunta Regionale di attivarsi per il ricorso alla Corte Costituzionale per la dichiarazione di illegittimità dell’art. 12,  confermando la disponibilità a sostenere la Regione come avvenuto per il ricorso presentato ed accolto dalla Corte avverso le norme del decreto salva Italia e del decreto sulla spending review in materia di riordino delle Province.

In allegato, le lettere inviate

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Province: Saitta incontra Coordinamento Dipendenti

Preoccupazioni per il loro futuro lavorativo, per la tutela delle professionalità e del posto di lavoro e profondo rammarico per la mancanza di considerazione da parte della politica, del valore del servizio che quotidianamente rendono.

Questo quanto espresso dal Coordinamento dei Dipendenti della Provincia di Roma, che, appena costituito, ha voluto incontrare il Presidente dell’Upi Antonio Saitta per annunciare la nascita di un Coordinamento nazionale per la mobilitazione dei dipendenti delle Province.

“Negli ultimi mesi – sottolinea Saitta – siamo stati contattati e abbiamo incontrato molti coordinamenti del personale delle Province, che si sono costituiti spontaneamente, preoccupati nel riscontrare che la tutela delle loro professionalità e il loro stesso futuro lavorativo non stia trovando lo spazio che meriterebbe nella discussione sulle Province. Un dibattito tutto politico e surreale in cui si fa passare ai cittadini l’idea che spostare servizi e funzioni da una istituzione ad un’altra sia una operazione banale e addirittura che comporti risparmi e nessun disservizio. Ma spostare la gestione di strade, di scuole, di servizi per il lavoro,  vorrà dire spezzettare per tutto il Paese un patrimonio enorme e ricollocare 60.000 persone che fino ad oggi hanno lavorato per rendere il servizio di quella funzione. Dipendenti che, nonostante ormai da tre anni  siano sottoposti da un vero e proprio mobbing, e a cui non si fa altro che ripetere che si occupano di cose inutili, continuano a lavorare con grande dignità ed orgoglio. Se a Roma il Liceo Socrate è stato riaperto in soli 4 mesi, il merito è stato dei tecnici dell’ufficio scuola della Provincia, che hanno lavorato con determinazione per tutta l’estate perché si fosse pronti alla riapertura dell’anno. Se le Province sono le uniche istituzioni ad avere saldato in tempi rapidissimi e quasi interamente tutti i debiti con le imprese, lo si deve alla grande professionalità degli uffici delle Province che hanno  sbrigato con efficienza e immediatezza tutte le pratiche necessarie.  E grazie alla efficienza della macchina amministrativa provinciale, a pochi giorni dall’approvazione della Legge del fare, le Province hanno già pronti i progetti esecutivi per potere utilizzare i fondi messi a disposizione per la messa in sicurezza delle scuole. Queste professionalità devono essere tutelate e garantite”.  

“La Cgil funzione pubblica contro la demagogia sulle Province”

 

COMUNICATO STAMPA DELLA FP CGIL ENTE PROVINCIA TORINO

 

BASTA CON LA DISINFORMAZIONE E L’ATTACCO AI SERVIZI EROGATI DALLE PROVINCE E AI LAVORATORI!

 

LA F.P. CGIL DELL’ENTE PROVINCIA DI TORINO, IN COLLABORAZIONE LA F.P. CGIL DELL’ENTE PROVINCIA DI ASTI, HA DATO VOCE ai sentimenti di sconcerto dei lavoratori  che sono rimasti colpiti nel leggere l’articolo a firma Francesco Merlo pubblicato nell’edizione di Repubblica del 04/07/2013 e quello a firma Stella e Rizzo pubblicato nell’edizione del Corriere della Sera del 21/07/2013 .

 

Qualunque sia la posizione sull’esistenza e sulle modalità di rappresentanza delle Province ci sono due elementi che, riteniamo, non si possono trattare a colpi di slogan raffazzonati, o addirittura di insulti, come hanno fatto gli autori degli articoli: i servizi ai cittadini e i lavoratori che quei servizi svolgono.

 

Vogliamo ricordare a cittadini e organi di stampa che le Province si occupano della costruzione e manutenzione delle strade provinciali, degli edifici scolastici di tutti gli istituti superiori del Paese, di pianificazione territoriale, di tutela dell’ambiente dall’inquinamento, parchi e aree protette, della gestione dei Centri per l’Impiego, e di altri servizi: servizi che non vanno solo difesi, ma anche mantenuti al giusto livello territoriale (si chiama principio di sussidiarietà)!

Quando poi si insultano e si diffamano direttamente i lavoratori, non si fa un buon servizio al progresso del Paese.

Definire la Provincia come “ente inutile degli stipendi inventati”, “piccola patria degli uscieri”, “peggiore simbolo dell’arretratezza italiana”, amministrazione che mette un “timbro, parere”, “pedaggio da pagare in tempo e denaro”, giudizi apodittici del tutto privi di qualsiasi argomentazione, equivale a un’offesa grave alla dignità di 60.000 lavoratori incaricati di pubbliche funzioni che da anni svolgono il loro lavoro sempre più delegittimati di fronte all’opinione pubblica, anche grazie ad articoli disinformati e superficiali come quelli citati sopra.

 

 

 

Pertanto chiediamo ai Vostri giornali di rendere pubblica la lettera allegata che in pochi giorni è stata sottoscritta da 589 lavoratori della Provincia di Torino e 99 della Provincia di Asti; ci rendiamo disponibili a spiegarvi nel dettaglio le attività lavorative di nostra competenza che emergono in sintesi dalla mansione indicata a fianco di ciascuna firma: forse, così, si potrà dare un contributo alla reale conoscenza di come funziona una importante parte del sistema pubblico del Paese.

 

 

FP CGIL ENTE PROVINCIA DI TORINO

 

Allegato: firme lavoratori delle Province di Torino e Asti

IL PRESIDENTE DEL CENSIS DE RITA SUL CORRIERE DELLA SERA “E SE LASCIASSIMO IN PACE LE PROVINCE?”

“Nessuno ha potuto, o avuto il coraggio, di ricordare tre cose forse banali ma decisive: che la giustificazione finanziaria è molto fragile; che l sistema economico e sociale è tutto calibrato sul fronteggiamento di problemi di area vasta; che la potenziale cancellazione dell’identità provinciale è un disinvestimento molto pericoloso”. Così scrive il Presidente del Censis Giuseppe De Rita in un editoriale al Corriere della Sera che pubblichiamo in allegato.

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L’Ufficio di Presidenza e il Consiglio Direttivo dell’UPI FVG denunciano l’incomprensibile furia legislativa del Governo contro le Province e promuovono iniziative pubbliche

Le province del Friuli Venezia Giulia non intendono fare la parte dell’agnello sacrificale che il Governo nazionale intende loro attribuire, per immolarle sull’altare delle finte riforme istituzionali, e scendono in campo per denunciare i danni e gli inganni che si nascondono nei recenti disegni di legge di riordino – uno costituzionale, l’altro ordinario – varati in tutta fretta dall’Esecutivo nazionale. “Progetti pieni di incongruenze, debolezze ed errori di impostazione che non faranno altro – se approvati – che alimentare il caos amministrativo, senza portare un solo euro di risparmio alle disastrate finanze pubbliche nazionali” – ha detto oggi il Presidente dell’UPI, Alessandro Ciriani aprendo i lavori dell’Ufficio di Presidenza e, successivamente, del Consiglio Direttivo delle Province, riuniti nella sede di Udine.

I due organi, alla presenza dei Presidenti delle province di Udine, Pietro Fontanini, e di Trieste, Maria Teresa Bassa Poropat, nonché di numerosi altri amministratori provinciali, facendo propria la relaziona svolta dal Presidente Ciriani, “denunciano l’incomprensibile furia legislativa del Governo contro le Province che riempie le pagine dei giornali ma non produce alcun beneficio perché non tocca i veri centri di spesa improduttivi – costituiti dalla miriade di enti ed organismi di secondo grado che sfuggono ad ogni controllo democratico – né l’intera pletorica organizzazione amministrativa, centrale e territoriale, dello Stato”.

Un vero attacco che delegittima la funzione degli enti di area vasta e colpisce e mortifica la dignità stessa di tante migliaia di lavoratori e amministratori che quotidianamente operano in favore di cittadini ed imprese per far funzionare strade e scuole ma anche per favorire l’occupazione, difendere il territorio e promuovere la cultura e le identità locali.

Per far comprendere le conseguenze gravissime di tali provvedimenti, che non recano alcun aiuto a risolvere i problemi veri del Paese, uscire dal vicolo cieco sul dibattito relativo all’abolizione delle Province e dare una risposta strutturale ai problemi dell’ordinamento delle istituzioni, le Province del Friuli Venezia Giulia hanno, perciò, deciso di dar vita a diverse iniziative.

A settembre sarà in regione il Presidente dell’UPI nazionale, Antonio Saitta, presidente della Provincia di Torino; ma già prima si preannunciano incontri di presentazione di proposte di semplificazione del sistema delle autonomie locali e di gestione dei servizi pubblici; confronti con le organizzazioni sindacali, per far comprendere le ricadute anche sui lavoratori che lo svuotamento delle funzioni dei propri Enti potrebbero loro recare, provocando pesanti processi di mobilità, nonché iniziative di sensibilizzazione attraverso gli organi d’informazione e la rete web.

Saitta “Il DDL Delrio è la resa della politica alla burocrazia”

“Questo Disegno di Legge è la resa evidente della politica ai grandi burocrati dello Stato. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale, il Governo Letta decide di riscrivere le norme bocciate dalla Consulta del salvaitalia e della spending review, semplicemente cambiando il dispositivo normativo”. Lo ha detto il Presidente dell’Upi, Antonio Saitta, aprendo la conferenza stampa a commento dei provvediemtni del Governo contro le Province. “Abbiamo deciso che avvieremoo una indagine per quantificare i danni causati dalle norme contro le Province. A causa di quelle norme siamo da un anno alle prese con un caos istituzionale che ha portato gravi danni ai servizi ai cittadini che, in attesa che i Governi assumano responsabilità su vere riforme delle istituzioni, si sono visti tagliati le risorse destinate alla scuola, alle strade, alla formazione professionale, alla difesa del suolo, alla gestione delle politiche del lavoro”.

“Monti prima, e Letta oggi in perfetta continuità – ha aggiunto Saitta – continuano nell’opera di delegittimazione delle istituzioni locali. Spacciano per tagli ai costi della politica  riforme che non hanno, per stessa ammissione del Governo come si evince dalla relazione tecnica, alcun impatto di riduzione di spesa. Anzi la spesa si moltiplica e aumentano i disservizi”.

Saitta ha poi evidenziato tutti i nodi e le criticità del Decreto. “Manca un quadro di riferimento certo – ha detto –  il ddl di Delrio interviene  come se ci fosse già stata una riforma costituzionale. La Costituzione vigente, invece, assicura alle Province funzioni e elezioni democratiche. E’ una riforma su una eventuale futura riforma costituzionale, ma non è in nulla collegato allo stato attuale della Repubblica italiana. Lo svuotamento delle funzioni è folle: si spostano sui Comuni, che non hanno strutture tecniche per gestirle, funzioni di area vasta di importanza cruciale, come la gestione degli oltre 5000 edifici scolastici. La scuola dovrebbe essere considerata una priorità e dovrebbe essere assicurato a tutti la garanzia di avere edifici sicuri. Invece, con questa frammentazione delle scuole tra i comuni, si aggravano le già enormi difficoltà ad avere risorse. I Comuni in dissesto come potranno assicurare manutenzione e sicurezza?  Rimane totalmente poco chiara la questione dei dipendenti delle Province, che a seguito dello svuotamento delle funzioni dovranno essere trasferiti ai Comuni singoli o associati con tutti i rischi di mobilità che tale processo comporta”. Il sistema elettivo di secondo grado – ha aggiunto – esclude completamente la rappresentanza di tutta la comunita’  territoriale e senza il rispetto dell’equilibrio politico delle diverse forze nei consigli provinciali. .  A decidere sulle province saranno ormai solo i grandi comuni. I piccoli non avranno alcuna possibilità di essere rappresentati e di vedere considerate le loro esigenze”.

Per quanto riguarda le norme sulle Città Metropolitane, Saitta ha sottolineato come nel testo ” si definisce addirittura un doppio modello: uno per Roma, che consente ai Comuni di entrare, uno per il resto delle aree metropolitane dove invece la concessione ai comuni è ad uscire senza tener conto di quanto affermato dalla Corte Costituzionale relativamente alla necessità di rispettare le procedure dell’art. 133 della Costituzione . Ci sarà un caos totale. Il meccanismo di uscita porterà alla proliferazione degli enti. Invece di ridurre gli enti, se ne creeranno di nuovi. Tante nuove Province di secondo livello. Non c’è nessun limite territoriale. Non si può stabilire per legge, in capo al Sindaco del Comune metropolitano, una diversa legittimazione democratica da chi è stato eletto da un diverso corpo elettorale”
“Il Governo – aggiunge Saitta – ignora completamente la riduzione degli uffici periferici dello Stato. Addirittura, proprio per chiarire la totale resa alle alte burocrazie dello Stato, si mette nero su bianco che niente verrà fatto per razionalizzare la maglia degli uffici periferici. Secondo un nostro studio, dall’accorpamento e dalla riduzione delle sedi dello stato sui territori si avrebbe un risparmio di 2,5 miliardi. Evidentemente non è la riduzione della spesa pubblica alla base di questo provvedimento”.
“Resta aperto il gravissimo vuoto aperto dai commissariamenti illegittimi delle Province a seguito del decreto Monti. A seguito della pubblicazione della sentenza della Corte sulla gazzetta ufficiale, questi Commissari non avranno più legittimità per produrre alcun atto, nemmeno la firma degli stipendi. Il Governo nel testo fa finta di nulla e addirittura assegna ad organismi illegittimi il compito di convocare l’assemblea per le future elezioni di secondo livello”.

 

 

 

      Non comprendiamo assolutamente questa furia legislativa del Governo contro le Province ma siamo sicuri che il Parlamento, nella sua sovranità, riuscirà ad affrontare con il giusto equilibrio le grandi questioni che il provvedimento pone sia sul terreno della funzionalità e dell’efficienza della PA nonché sugli effetti di carattere economico-finanziario che esso determina.

Province, Upi “Rispettare la sentenza della Corte”

“Chiediamo al Governo di rispettare la sentenza della Corte Costituzionale e di fissare da subito, coerentemente con quanto stabilito dalla Consulta, le elezioni delle 21 Province in cui, in base a norme incostituzionali, è stato impedito il voto democratico”.

Lo dichiara il Presidente dell’Upi, Antonio Saitta, intervenendo nell’Ufficio di Presidenza riunito oggi a Roma insieme ai Presidenti delle Upi regionali.

“Dall’imminente pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale sulla Gazzetta Ufficiale – sottolinea Saitta – le norme previste dal decreto Salvaitalia e dalla Spending review contro le Province decadranno, perché’ incostituzionali. Questo aprirà un vuoto drammatico nelle 21 Province in cui, a seguito di quelle norme, non è stato permesso di svolgere libere elezioni democratiche.

Una sospensione della democrazia – afferma Saitta – che il Ministero dell’Interno deve immediatamente sanare, fissando da subito la data delle elezioni in queste Province, da tenere quanto prima, anche in via straordinaria.

Altre soluzioni – conclude Saitta – non ce ne sono. A Costituzione vigente, se vogliamo continuare a considerarci una Repubblica democratica, le Province sono istituzioni dello Stato amministrate da organi politici eletti. La scusa di “in attesa della riforma” non regge più, perché non può esserci un vuoto democratico in un tempo di attesa che in molti casi sfiorerà a breve i due anni. Sarebbe come se, in attesa della riforma del Senato, si decidesse di non votare più eleggere i senatori. Del tutto impensabile”.

 

Province: Saitta in Conferenza Unificata su DDL costituzionale abolizione Province

“Il furore  abolizionista contro le Province che pervade questo Governo non è giustificato né da ragioni economiche né da ragioni di semplificazione e modernizzazione della pubblica amministrazione. E’ il risultato dell’abdicazione della politica alla demagogia”. Lo ha detto il Presidente dell’Upi, Antonio Saitta, intervenendo oggi nella riunione della Conferenza Unificata, chiamata a dare parere sul Disegno di Legge costituzionale di abolizione delle Province. “Una smania – ha aggiunto Saitta – che continua a non essere supportata  da alcun dato reale e veritiero.  Noi oggi siamo qui alla Conferenza Unificata perché la Corte Costituzionale ha dovuto ribadire una cosa del tutto elementare: che le istituzioni della Repubblica non si aboliscono per decreto legge. Tutti, soprattutto il Governo, avrebbero il dovere di accettare le sentenze di un organo costituzionale di garanzia della democrazia. Invece si è rabbiosamente proceduto ad approvare un disegno di legge costituzionale che ha come filosofia di fondo il ritorno al centralismo autoritario. Il disegno di legge costituzionale è un testo del tutto incoerente con lo spirito della nostra Costituzione, così come espresso dall’articolo 5.  Il testo, tra l’altro, come hanno rilevato anche le Regioni nel loro parere consegnato in Conferenza Unificata, è accompagnato da una relazione dai toni offensivi e oltraggianti.  Più che una relazione, infatti, sembra un manifesto politico contro le Province. E’ invece del tutto evidente la mancanza di risparmi, anche perché si sta intervenendo ad abolire le istituzioni che rappresentano l’1,3% della spesa. Vi invito per questo – ha esortato Saitta –  ad avere il coraggio di affrontare la riforma delle Province all’interno di un disegno complessivo di riordino del Titolo V della Costituzione  e dia vere la forza di affrontare tutto il tema del riordino istituzionale. Annuncio – ha poi concluso il Presidente  dell’Upi – che chiederemo al Parlamento di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta sugli enti strumentali  per capire finalmente quanti sono, cosa fanno e come usano le risorse. Questo permetterà al Paese di intervenire a cancellare quelli che sono i veri enti inutili, il sottobosco della politica,  dove gli sprechi si moltiplicano”.

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IL CORRIERE DELLA SERA NEGA REPLICA A UPI SU ARTICOLO RIZZO E STELLA

Province: chi lavora per riorganizzare e chi preferisce scavare trincee

 

Caro Direttore,

l’ultimo articolo a firma Rizzo e Stella sulle Province ha senza dubbio il pregio di rendere evidente una situazione che noi abbiamo sempre denunciato: sulle riforme c’è chi, piuttosto che lavorare per una vera riorganizzazione che aiuti questo nostro Paese e modernizzare le sue strutture e a rendere più efficiente la burocrazia, preferisce scavare trincee. Trincee che però, lungi dall’essere a difesa delle Province, si scavano continuamente per aumentare il solco della disinformazione. Spiace sapere che, come riportato con chiarezza nell’articolo, a diffondere queste notizie sbagliate sia il Governo, che con veline e note inviate ai giornalisti, utilizza i dati piegandoli al proprio volere. Scrivono Rizzo e Stella che la maggior parte della spesa delle Province è destinata a coprire affitti e stipendi, e sottolineano che questa affermazione deriva da una nota dei tecnici del Ministro delle Regioni e delle Autonomie. Leggiamoli davvero, questi dati, nella loro chiarezza però, non strumentandoli ad uso e consumo politico, partendo dai numeri citati nell’articolo, che fanno riferimento al 2011. Si tratta dei certificati del Conto Consuntivo 2011, secondo cui le entrate delle Province nel 2011 sono state  11, 289 miliardi, così composte: entrate tributarie  5,272 miliardi; entrate da trasferimenti da stato e regioni 3,781 miliardi; entrate extratributarie 0,741 miliardi; entrate da alienazione e trasferimenti di capitali 1,493 miliardi. Le uscite delle Province, la spesa cioè, è stata di 10,963 miliardi di euro così suddivise: spese correnti 8,633 miliardi; spese in conto capitale 2,33 miliardi; spese per rimborso prestiti 0,720 miliardi.  Se qualcuno ha detto ai giornalisti che la spesa corrente delle Province è destinata esclusivamente al personale e agli affitti davvero ha voluto utilizzare a proprio scopo la loro buona fede. Infatti, qualunque tecnico e funzionario dello Stato che abbia a che fare con i bilanci delle Province, come con quelli di Regioni e Comuni, conosce o dovrebbe conoscere quali sono le funzioni delle Province, e perché, a seconda dello scopo, si imputano a spesa corrente o spesa in conto capitale. Per esempio, per il trasporto pubblico locale il discorso è davvero banale: basterebbe sapere infatti che le Province  non fanno investimenti sulle dotazioni delle società, ma stipulano contratti di servizio con le aziende di trasporto pubblico. Contratti che prevedono un pagamento che viene registrato, in conformità alle norme sulla contabilità pubblica, sulla spesa corrente. E’ la spesa per assicurare il trasporto pubblico nei territori, certo non per affittare pensiline degli autobus di linea. Così come, sempre se fosse informato, saprebbe che nella voce Sviluppo Economico che viene citata nell’articolo sono comprese tre grandi aree di intervento: agricoltura, industria e mercato del lavoro. E’ vero, quindi che per questa funzione le Province spendono  1,043 miliardi, 948 milioni di parte corrente e 95 di parte capitale, ma 722 milioni sono per i centri per l’impiego, fondi di parte corrente proveniente dai trasferimenti Regionali.        Anche qui è la contabilità pubblica, che certo i tecnici del Ministero che hanno redatto la nota conoscono bene, ad indicare che siano inseriti in bilancio tra le spese correnti. Continuiamo con gli esempi citati nell’articolo di Rizzo e Stella, che indicano grandi sperperi nelle risorse per il sociale. Forse nella nota del Ministero non era specificato che i servizi che le Province erogano per il sociale, intervenendo su espressa richiesta dei Comuni, specialmente i più piccoli che non riescono più a coprire queste spese, sono l’assistenza scolastica ai disabili sensoriali della vista e dell’udito e il trasporto pubblico per i disabili. Spese correnti, quindi, certo, ma almeno noi non le consideriamo improduttive. E veniamo quindi agli affitti e al personale  appunto, che secondo i giornalisti occupano tutti i bilanci delle Province: per il 2012 le spese di tutte le Province per affitti è pari a 174 milioni di euro, mentre quella per il personale è pari a 2,148 milioni di euro, in totale le due voci insieme sono il 27% della spesa corrente e il 19% della spesa totale. Un’ultima notazione: l’articolo in questione iniziava accusando le Province di distogliere risorse per le imprese. Stando ai dati, rispetto all’attuazione del Decreto pagamenti, da aprile ad oggi le uniche istituzioni che hanno pagato i conti con le imprese per le fatture bloccate dal patto di stabilità sono le Province, che tra l’altro si sono auto monitorate e hanno reso noto a stampa e imprese settimanalmente lo stato di avanzamento dei pagamenti. Delle altre istituzioni non c’è traccia. Abbiamo più volte chiesto che, nella campagna per l’eliminazione delle Province, si supportassero le tesi abolizioniste tanto di moda con i dati reali e si smettesse di lanciare cifre falsate tanto per dare una parvenza di verità alla propaganda. Lo ribadiamo anche questa volta, chiarendo, perché forse era sfuggito: che siano dati veri.

 

 

Il commento del Presidente della Provincia di Napoli, ANTONIO PENTANGELO: LA GIUSTIZIA IN SOCCORSO DELLE PROVINCE

SENTENZA TAR ACCOGLIE RICORSO PROVINCE CONTRO SPENDING REVIEW.

Il commento del Presidente della Provincia di Napoli, ANTONIO PENTANGELO: LA GIUSTIZIA IN SOCCORSO DELLE PROVINCE

 

 

“Mentre si continua a fare demagogia sulle Province, prima la Consulta ed oggi il Tar di Genova dimostrano con i fatti come questi enti siano stati scientificamente demonizzati e posti sotto l’occhio del ciclone di una strategia mediatica ben precisa. E’ il caso di dire che la Giustizia interviene in soccorso delle Province lì dove si è cercato, da una parte della Politica, di compiere un assassinio premeditato per coprire ben altri crimini”.

Così il presidente della Provincia di Napoli, Antonio Pentangelo, commenta la sentenza del Tar di Genova secondo il quale i tagli stabiliti dal Governo Monti per le amministrazioni provinciali siano eccessivi ed insostenibili per garantire i servizi e le funzioni di propria competenza.

“Tutto è stato basato su un errato computo dei consumi intermedi – ha continuato Pentangelo – in base ai quali abbiamo subìto misure di spending review insostenibili. 500 milioni nel 2012 ed addirittura 1,2 miliardi nel 2013 non ci hanno messo in condizione di approntare bilanci adeguati ad una gestione efficace dei servizi per i cittadini. Ora l’attuale Governo, oltre che impegnarsi per legittime riforme al sistema periferico dello Stato, che ci auguriamo non riguardino solo gli enti provinciali, deve porci nelle condizioni di poter amministrare con efficacia servizi essenziali per la collettività, rispettando le disposizioni della giustizia amministrativa”.

“Quello che chiediamo con forza è di non utilizzarci come capro espiatorio di una Politica malata, che ha emergenze ben più gravi da risolvere. Siamo disposti a qualsiasi riforma migliorativa, in particolare sulla Città metropolitana, ma che abbia un respiro complessivo e che non parli solo di tagli ma anche di modelli di sviluppo che debbono poter contare su risorse e giusta rappresentatività” – ha concluso Pentangelo.

Il Comunicato del Presidente della Provincia di Napoli, Antonio Pentangelo

“Per fortuna che Quagliariello c’è, altrimenti gli stessi autori di fatto del pasticciaccio del decreto si apprestano ad organizzare un altro clamoroso flop nella ricostruzione delle pubbliche amministrazioni del Paese”. 
Così il presidente della Provincia di Napoli e componente dell’Ufficio di presidenza dell’U PI, Antonio Pentangelo, commenta le ultime notizie relative al ddl sull’abolizione delle Province. 
“Le parole del ministro Quagliariello – ha aggiunto Pentangelo – fanno decisamente da contraltare a quelle velenose ed irrazionali di chi si è reso protagonista di un progetto bocciato dalla Consulta che oggi vorrebbe rivendere lo stesso prodotto scadente e scaduto cambiandogli unicamente la confezione. Non si può fare tutto in fretta e subito, sotto la spinta di fibrillazioni irrazionali, rischiando di creare mostri istituzionali senza né capo né coda. Il ministro per le riforme giustamente valuta improponibile ipotizzare nuove istituzioni quali le Città metropolitane, nei fatti guidate dai sindaci del capoluogo di riferimento, così come saggiamente parla di aree omogenee che debbono condividere funzioni e creare sinergie e che il più delle volte non coincidono con le attuali Province come previsto dalla legge appena cassata. 
Al ministro Gaetano Quagliariello, come ho già anticipato al presidente dell’Upi Antonio Saitta, presenteremo una petizione affinché il processo verso la costituzione della Città metropolitana stavolta non trovi ostacoli, ma venga concepito come uno strumento primario per il coordinamento delle funzioni sul territorio. Una simile istituzione per avere un contatto reale con la nuova area che si andrà a formare dovrà avere una forte identità riconosciuta da una elezione diretta a suffragio universale dei propri rappresentanti. Non possiamo correre il rischio di essere nuovamente considerati rappresentanti di una casta, nominata da organismi chiusi, secondo formule ma sopportate dall’opinione pubblica”. 
“Dobbiamo puntare ad un dibattito serio, concreto e rapido per giungere ad una riforma efficace ed equa, che risponda oltre che alle esigenze di spending review anche a quello di strumenti idonei allo sviluppo della nazione. Mi auguro che alcune farneticazioni, come quelle del sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, che parla delle Province come rifugio delle seconde linee della casta, finiscano di avvelenare un clima di confronto attraverso una propaganda populista che non può essere la giusta premessa ad una fase costruttiva serena. Sono certo che il nuovo presidente dell’Anci Piero Fassino, a cui vanno i miei sentiti e cordiali auguri di buon lavoro, saprà coordinare in maniera meno estremista le voci dei comuni, che fino ad oggi – ha concluso il presidente della provincia di Napoli – hanno portato purtroppo avanti una linea che sembrava più interessata ad interessi di parte piuttosto che ad un discorso globale propositivo”.

Il Comunicato del Presidente della Provincia di Latina, Armando Cusani

Un decreto legge, palesemente anticostituzionale, ha vietato elezioni democratiche, ha privato della propria politicità e rappresentanza diretta enti costituzionalmente riconosciuti, ha disatteso non un principio costituzionale bensì una buona decina, ha ridotto a titolo onorifico cariche prima rappresentative del popolo sovrano. Lo ha fatto con l’inesperienza di un novizio universitario, mal celando presunzione e supponenza, vaticinando il rischio gravissimo di default (ha tentato di sostenere imbarazzata l’Avvocatura dello Stato innanzi alla Consulta). Un default che con il riordino delle Province, i cui costi incidono per 1,37% della spesa pubblica, avremo miracolosamente scampato. Troppo facile raccontare la favola della Provincia aulicamente descritta da Merlo come “ente inutile degli stipendi inventati, del nascondimento della disoccupazione e delle clientele, la piccola patria degli uscieri, il centro di spesa del keynesismo straccione ha questa misteriosa facoltà di resurrezione, garantita addirittura dalla Corte costituzionale”. 
Un encomiabile esercizio di stile fine a se stesso del prode giornalista, al quale sembra essere sfuggito -oltre che il rispetto per milioni di persone che lavorano onestamente anche per servire gente come lui, per garantire ai suoi figli o nipoti una scuola, o semplicemente un area verde o una pista ciclabile- quanto la Consulta non abbia affatto garantito la resurrezione delle Province, ma solo i diritti che la Carta Costituzionale riconosce loro, al pari e con la medesima forza della libertà di pensiero e di espressione assicurato ad ogni sorta di giornalista, liberi persino di lanciare strali velenosi da colonne privilegiate di quotidiani più o meno noti. Diritti che non sono forma, ma sostanza di questo Stato che crediamo ancora -a dispetto del pensiero di Merlo e di tanti come lui – democratico. Il diritto è diritto, e non sarà la contingenza politica o lo stato emergenziale ad affievolirne la cogenza o la effettività. Forma, è il bello stile per nascondere l’ignoranza che il Merlo serba nei confronti delle Province italiane, di cui scrive ma non conosce -al pari di chi si unisce al suo squallido coro- le competenze e le attribuzioni che le Province esercitano, i servizi che offrono ai cittadini, la qualità delle strade provinciali o delle scuole, dei centri per l’impiego che non c’è, e che li ha ridotti piuttosto a “centri di ascolto” delle difficoltà in cui versano le famiglie italiane. Parlano come Merlo, il Presidente Letta ed il Sottosegretario Patroni Griffi, il Ministro del riordino, lo specialista in decretazione d’urgenza, pur non avendo mai dovuto cimentarsi con responsabilità dirette nei confronti del cittadino. Responsabilità quotidiane che esigono risposte immediate, concrete e non meri esercizi di eloquenza sterile ed inconcludente. Vengano questi signori in Provincia a toccare con mano la realtà di cui scrivono o di cui parlano senza sapere, a conoscere l’80% delle strade italiane gestite da questi enti, con gallerie, viadotti, ponti e infrastrutture connesse, gli oltre 5000 edifici scolastici gestiti da questi enti, od ancora vengano a toccare con mano la responsabilità delle competenze in materia di coordinamento della protezione civile locale, in materia di valutazioni di impatto ambientale, provvedimenti necessari per permettere la realizzazione di progetti di infrastrutture di una certa rilevanza o con prescrizione di legge, della tutela delle risorse idriche ed energetiche, di organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, di piani di programmazione del territorio provinciale, di trasporto locale. Oggi si vaticina l’abolizione delle Province calpestando la Costituzione come carta straccia inadeguata ai tempi moderni, un inizio verso un declino che allora non salverà nessuno, nemmeno il diritto di pensiero o di espressione che così poco elegantemente ha esercitato l’esimio giornalista. Oggi inibiscono libere elezioni degli organi provinciali, poi cosa si arriverà ad impedire, vietare, limitare in nome dell’emergenza o della crisi della politica! Smettiamola di parlare: non è con l’abolizione delle Province che salveremo l’Italia, che copriremo l’incapacità della politica di dare risposte ad un Paese che muore mentre illustri governanti e giornalisti perdono tempo prezioso in “soluzioni creative”, sbandierate come panacea dei nostri mali, ma insostenibili e mal confezionate solo per continuare a nascondere verità scomode. Non occorre aggredire in modo tanto livoroso i principi costituzionali, sacrosanti oggi per le province, domani per regioni o comuni e per la libertà di stampa, con cui campa il Merlo de La Repubblica, per dare un segnale forte al Paese ed invertire la marcia. Se davvero si volesse eliminare il costo vivo della politica -ma è evidente dalle reazioni all’indomani della decisione della sentenza, quanto questo non sia affatto una priorità del Governo- basterebbe guardare con lucidità agli oltre 7000 ENTI STRUMENTALI (Consorzi, Aziende, Società) che occupano CIRCA 24 MILA PERSONE NEI CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE E I CUI COSTI (compensi, spese di rappresentanza, funzionamento dei consigli di amministrazione) che nel 2010 ammontavano a 2,5 miliardi. Eliminare questi enti consentirebbe un RISPARMIO IMMEDIATO PARI A 22 VOLTE QUELLO CHE SI OTTERREBBE ABOLENDO LE PROVINCE. Senza contare poi che 318 mila persone hanno incarichi di consulenza nella Pubblica Amministrazione e per questo lo Stato ha speso nel 2009 circa 3 miliardi di euro. Un riordino meno demagogico sarebbe partito dalla eliminazione di questi enti e società, che duplicano e si sovrappongono alle funzioni fondamentali di istituzioni riconosciute dalla Costituzione, come è il caso delle Province, i cui rappresentanti sono eletti direttamente dal popolo ed al popolo rispondono.
E’ infatti di tutta evidenza il carattere devastante dell’esistenza di una miriade di organismi, agenzie, ATO, consorzi ed enti di secondo grado, proliferati in questi anni al di fuori dei livelli di governo individuati dal titolo V della Costituzione, non allo scopo della gestione associata di servizi, che seppur in alcuni casi risultata virtuosa, ha determinato una disgregazione della governance organica del territorio e delle sue risorse moltiplicando, i posti ed i costi della politica.
E così ci troviamo di fronte a 222 ATO di acque e rifiuti, 191 Consorzi di Bonifica, 63 Bacini Imbriferi, innumerevoli Agenzie, per un totale di 3.127 enti ed UNA SPESA PARI A 7.026.105.352 EURO, il cui operato è del tutto sottratto al giudizio del cittadino elettore. 
Un vero e proprio salasso per i conti pubblici di cui nessuno parla, preferendovi i costi delle Province il cui riordino stimava l’allora Ministro Giarda, nel suo rapporto di fine mandato avrebbe comportato un risparmio di 500 milioni. 7.026.105.352 EURO sono una risorsa, caro Presidente Letta, che da sola basterebbe a risolvere, subito, il problema dell’IVA e dell’Imu e che rappresenterebbe un segnale forte senza dover andare ad intaccare principi fondamentali, senza depauperare il nostro Paese di una democrazia tanto necessaria, quanto cara alla nostra Costituzione, ma vilipesa da manovre scadenti, raffazzonate e maldestre, ispirate da un anacronistico revivment di stato centralista, affidato alle tecnocrazie burocratiche lontane dai reali bisogni del Paese. Trovo curioso che nessuno, non giornalisti di cotanta fama, chiedano il conto a quei Ministri, oggi ancora tra le fila del governo, che imposero, con un Decreto Legge ed un voto di fiducia, una riforma tanto pasticciata e cialtrona. Non stupisce allora il servilismo sciocco di chi è forte con i deboli e pavidi con i potenti! Ci sono molte ragioni per nutrire preoccupazioni e timori, ma la più grande che dovremmo avere è quella dell’immobilità conservatrice, che accentra i poteri, disconosce le autonomie, inibisce il pluralismo democratico!

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