Categoria: Istituzioni e Riforme

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Riforma Province Sarde, Castiglione: Chiediamo al Governo di impugnare la legge della Regione perche’ incostituzionale.

“Il referendum sulle Province Sarde e’ stato un atto palesemente incostituzionale. Per questo chiederemo al Governo di impugnare la Legge e i decreti che la Regione Sardegna ha prodotto nel tentativo, fallito, di mettere fine al caos che si e’ creato”. Lo ha annunciato il Presidente dell’Upi Giuseppe Castiglione, nel suo intervento ai lavori dell’Assemblea delle Province Sarde. “I decreti emanati dalla Regione – ha spiegato Castiglione – sono lesivi dell’articolo 43 dello Statuto della Regione Sardegna e la legge e’ lesiva dell’articolo 5 e 114 della Costituzione. Per questo chiederemo al Governo di impugnarli di fronte alla Corte Costituzionale. Il vuoto istituzionale che si e’ creato in Sardegna – ha concluso Castiglione – non e’ altro che la conferma che il l’articolo 23 del Salva Italia varato dal Governo Monti e’ inattuabile e dimostra il fallimento di qualunque tentativo di calare questo decreto nella realta’ dei sistemi di governo locale italiani”. 

“Lanciamo un appello al Presidente della Regione, Cappellacci – ha poi aggiunto Castiglione –  si apra subito un tavolo con le Province per definire una proposta di legge che consegni ai cittadini amministrazioni moderne e più’ efficaci. In questa sede siamo pronti a fare le nostre proposte di semplificazione degli assetti. La Regione Sardegna nel 2011 e’ costata 7 miliardi di euro: le otto Province, tutte insieme, hanno speso meno di 330 milioni di euro. Degli oltre 10 miliardi di euro spesi dalle amministrazioni territoriali, quelli della Regione Sardegna rappresentano il 70% del totale, mentre quelli delle Province sono il 3,2%. Il nodo vero non sono i costi della politica, ma la riqualificazione della spesa: nella sola Regione Sardegna si contano 118 enti strumentali, di cui 70 societa’ partecipate, 24 sono aziende, 15 gli enti e 9 i consorzi. Su questi enti, che sono strutture di sottogoverno dove si annidano sprechi e inefficienze,  bisogna agire subito. La riforma delle Province si puo’ e si deve fare – ha aggiunto Castiglione –  accorpandole, riducendone il numero,  tagliando di conseguenza gli uffici periferici dello stato,  e definendo funzioni chiare. La Sardegna puo’ essere un vero e proprio laboratorio, il primo passo per attuare l’autoriforma delle Province che come Upi abbiamo presentato”.

Spending review e Province: l’Upi ricevuta dal Governo

“Da oggi si avvia un tavolo di lavoro tra Governo e Upi che, a partire dalla nostra proposta, riuscirà a costruire un processo di riforma delle Province e dell’amministrazione dei territori che porterà ad un riassetto chiaro delle istituzioni locali, ad una riduzione dei costi e alla riqualificazione della spesa pubblica”. Lo dichiara il Presidente dell’Upi, Giuseppe Castiglione, al termine dell’incontro avuto oggi con il Ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, il Ministro della Pubblica Amministrazione e semplificazione, Filippo Patroni Griffi e il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, insieme al Presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, della Provincia di Torino, Antonio Saitta, della Provincia di Firenze, Andrea Barducci e al Presidente del Consiglio Direttivo Upi, Fabio Melilli.

“Abbiamo ringraziato i Ministri per averci concesso questo incontro– sottolinea il Presidente Castiglione – che avevamo chiesto da tempo per illustrare la proposta dell’Upi e confermare la nostra piena disponibilità a procedere con l’autoriforma delle Province, superando l’articolo 23 del decreto Salva Italia. Abbiamo ricordato i nodi chiave della nostra proposta, che porterebbe ad un risparmio di 5 miliardi di euro, attraverso l’accorpamento delle Province, la razionalizzazione conseguente degli uffici periferici dello Stato, il taglio di tutti gli enti intermedi e la chiara attribuzione delle sole funzioni di area vasta alle Province. Oggi è stato ribadito da tutti  che il Paese ha bisogno di enti di governo di area vasta, ridotte nel numero ma con funzioni chiare, e che il vero risparmio si avrà dalla razionalizzazione dell’amministrazione dello Stato e dal taglio degli Enti strumentali. Per questo la riforma delle Province serve, e va fatta quanto prima, e se si lavora lontano dal populismo e dalla demagogia, è possibile consegnare al Paese una amministrazione pubblica più efficiente. Questi saranno i temi di cui discuteremo a Roma, il 26 e 27 giugno prossimo, all’Assemblea Nazionale delle Province”.

 

“Abbiamo sottolineato ancora una volta come si debba affrontare la ristrutturazione del corpo intermedio dello Stato in modo positivo, propositivo, e intelligente e non, invece, inseguire un ipotetico consenso mediatico – ha dichiarato il presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, a margine della riunione – quello a cui davvero teniamo, è che la riorganizzazione dell’architettura dello Stato funzioni perfettamente per non danneggiare successivamente gli interessi delle famiglie, dei cittadini e delle imprese”

Upi e Università di Firenze presentano studio su Province in Europa

In tutti gli stati partner dell’Italia in Europa , il sistema istituzionale è costruito su tre livelli di governo, Regioni Province e Comuni: questo vale per Belgio, Francia, Germania, Polonia, Spagna e Regno Unito. E in tutti questi Stati il  livello di governo intermedio gode di protezione Costituzionale. Non solo:  in Francia, Germania, Belgio, Polonia e Regno Unito, come in Italia, gli organi di Governo sono eletti direttamente dal popolo. Solo la Spagna prevede elezioni di secondo livello. E in tutte le Province europee, a prescindere dal modello elettorale, esiste un blocco di funzioni ‘core’ caratteristiche dell’ente di funzione di area vasta che si concentra su ambiente (pianificazione, tutela, gestione dei rifiuti e delle acque), sviluppo economico (sostegno alle imprese e politiche per l’occupazione), trasporti (viabilità, mobilità, infrastrutture) scuola (compresa l’edilizia scolastica). Le funzioni sono legate a tributi propri: c’è autonomia fiscale e agli enti di governo intermedio in Europa sono assegnate entrate tributarie, anche qui, a prescindere dal modello elettorale.  Per quanto riguarda la spesa, le Province italiane risultano essere quelle con minor  incidenza sulla spesa pubblica nazionale (1,7% Italia, contro il 5,4% della Francia e il 4,2% della Germania). Questi i dati che emergono da uno studio realizzato dalla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Firenze, presentata oggi a Firenze e curata dal Prof. Carlo Baccetti e dalla Prof.ssa Annick Magnier. “Se si analizza il contesto Europeo – ha sottolineato il Prof. Baccetti –  le Province italiane sono, per funzioni, costi e tipologia di governo politico, esattamente in linea con quelle degli altri Paesi, e costano meno. Introdurre in questo contesto una riforma settoriale, come quella prevista dal Governo Monti con la legge Salva Italia, rischierebbe di creare una profonda frattura nel sistema di governo locale del Paese”. “Oggi – ha evidenziato il Presidente dell’Upi Giuseppe Castiglione – le Province italiane, contrariamente a quello che si vuole fare credere, sono in tutto identiche alle Province europee, mentre se si portasse a termine la riforma Monti l’Italia diventerebbe una anomalia, tra l’altro in netta controtendenza con gli altri Stati Ue”. Nella ricerca dell’Università di Firenze emerge poi una forte propensione riformista delle Province stesse, come sottolineato dalla Prof.ssa Magnier, che ha presentato una analisi realizzata su un campione di 70 Province, sulle 107 totali. “Le Province- ha detto la professoressa – sono consapevoli della necessità di autoriformarsi. Per questo sottolineano la necessità di mantenere il livello di governo elettivo, perché le Province sono ente di autogoverno territoriale, ma rivederne la composizione e soprattutto ripensarne le funzioni, concentrando intorno a questa istituzione solo quelle che la caratterizzano come responsabile della programmazione e della gestione del territorio” .

Riforma delle Province: il Vice presidente della Provincia di Taranto alla Regione Puglia

“La lettera inviata dall’assessore regionale al Federalismo Marida Dentamaro ai sei presidenti di Provincia pugliesi ha il sapore sgradevole della lezioncina che i docenti più boriosi sono soliti riservare ai propri scolari. Ma noi non siamo alunni ma amministratori pubblici democraticamente eletti dai cittadini”.

Inizia così la replica dell’assessore provinciale ai Lavori pubblici Costanzo Carrieri, all’assessore regionale Dentamaro che proprio ieri ha invitato le Province pugliesi ad assumere un atteggiamento prudente in materia di gestione del personale in vista del riassetto istituzionale previsto dal governo Monti e che coinvolge, com’è noto, proprio le Province.

Così prosegue Carrieri: “Della esibita solerzia dell’assessore Dentamaro non avvertivamo certo il bisogno. Ci saremmo invece aspettati, questo sì, la convocazione di un incontro per discutere insieme di tempi, forme e modalità di trasferimento e ridefinizione di compiti e funzioni. Faccio presente, per esempio, che in materia di ecologia e ambiente, formazione professionale ed edilizia sismica ex genio civile,  ci sono voluti “appena” due anni per trasferire risorse umane e competenze dalla Regione Puglia alla Provincia di Taranto. Noi siamo pronti al dialogo e ad assumerci le nostre responsabilità ma sicuramente non staremo a riscaldare la poltrona né ci esalta l’idea di diventare i commissari liquidatori delle Province: non lo siamo e non lo diventeremo.

La democrazia, come sa bene la professoressa Dentamaro, si caratterizza per essere il governo delle leggi e non degli uomini: ci atterremo alle decisioni prese, con animo sereno seguiremo il percorso tracciato dal governo e dal Parlamento. Come con animo sereno ricordo anche all’assessore regionale al Federalismo che la Provincia di Taranto avanza circa 20 milioni di euro dalla Regione Puglia per opere programmate e realizzate. Si tratta di un credito che non è stato ancora onorato. Sono soldi che aiuterebbero certamente l’economia ionica, dunque i lavoratori e le imprese.

E tuttavia, nonostante i nostri ripetuti solleciti, per senso di responsabilità e per rispetto istituzionale non abbiamo voluto rendere pubblica questa grave inadempienza.

È vero, la narrazione collettiva che assegna alle Province il ruolo di enti inutili da cancellare sta registrando consensi nell’opinione pubblica; come pure conosciamo il doloroso travaglio di quelle “coscienze infelici” che in pubblico si scagliano contro le Province e poi in privato, da amministratori responsabili, ammettono che la realtà dei fatti è diversa perché gli sprechi, quelli veri, si annidano altrove, per esempio nelle decine di enti strumentali che in molti casi sono diretta emanazione delle Regioni. Sempre in quest’ottica, non sarebbe sbagliato ed anzi vivamente auspicabile, se la Regione Puglia facesse qualcosa in più per ridurre drasticamente il costo del ceto politico pugliese, dagli emolumenti a consiglieri ed assessori ai vitalizi, dalle consulenze agli incarichi.

 Ma si sa, la storia è scritta dai vincitori ed in questa commedia che porta in scena la Demagogia il ruolo dei vinti spetta alle Province. Gentile assessore Dentamaro, noi sappiamo di dover recitare la nostra parte anche se il finale è tutto da scrivere. Fino ad allora, ci piacerebbe però essere rispettati per quello che ancora rappresentiamo: la sovranità popolare”.  

Codice autonomie: Province su incontro partiti regioni

“Apprendiamo dalle Agenzie di stampa che oggi le Regioni inizieranno una serie di incontri con i partiti politici sul Codice delle Autonomie. Ricordiamo che questo testo, che è fondamentale per Comuni e Province perché interessa direttamente il futuro assetto di queste istituzioni, è fermo da oltre un anno all’esame della Commissione Affari Costituzionali del Senato. Non vorremmo che proprio ora, dopo che i relatori hanno concluso con buoni  risultati il loro lavoro presentando emendamenti puntuali,  si rimetta in discussione un percorso che è già stato costruito attraverso tanti momenti di riflessione”. Lo dichiara il Presidente dell’Upi, Giuseppe Castiglione, in merito alla notizia apparsa sulle agenzie di stampa che annuncia una serie di incontri con i partiti politici per parlare di Codice delle Autonomie, il testo all’esame del Senato che riguarda solo Comuni e Province e disegna le nuove funzioni assegnate a ciascun ente locale.

“Ora più che mai – sottolinea Castiglione – è decisivo che il testo sia approvato in Senato entro la fine del mese, perché è attraverso la nuova definizione delle funzioni di Province e Comuni, prima ancora che dalla spending review, che potremo produrre risparmi per la spesa pubblica, cancellando tutte le duplicazioni e i centri di spreco rappresentati dagli enti strumentali, e rendere efficiente e moderna l’amministrazione locale”.

La riforma delle Province a ForumPa

“I provvedimenti del Governo sulle Province, a partire dalla Legge Salva Italia,  non  hanno prodotto altro che confusione e conflitti istituzionali. Questo perché, come avevamo detto subito, sono inattuabili e ormai su questo la consapevolezza è generalizzata, nel Governo, nel Parlamento, tra i partiti politici e anche tra le altre istituzioni locali, Regioni per prime”. Lo ha detto il Direttore Generale dell’Upi, Piero Antonelli, intervenendo al convegno “La riforma delle Province, la definizione delle funzioni degli Enti locali e la Carta delle Autonomie” in corso al Forum Pa di Roma. “Quello che serve – ha detto Antonelli – è ripartire da una proposta seria, come quella presentata dall’Upi, che riduce il numero delle Province, accorpandole e istituendo le città metropolitane, taglia tutte le agenzie e gli enti strumentali che ci costano oltre 7 miliardi di euro l’anno e riorganizza gli uffici periferici dello Stato intorno alle nuove realtà provinciali”. Antonelli ha poi sottolineato la necessità di approvare quanto prima la Carta delle Autonomie “perché è un testo che semplifica il sistema dei governi locali, assegna funzioni certe a Province e Comuni, superando le duplicazioni che oggi generano ritardi e inutile burocrazia. Alle Province – ha detto – dovranno essere assegnate le funzioni previste dalla legge sul federalismo fiscale, dai trasporti all’istruzione, dall’ambiente all’edilizia scolastica, dalla viabilità ai servizi per l’impiego. Tutte le funzioni di prossimità vanno invece attribuite ai Comuni e alle Regioni le funzioni di programmazione e legislazione, e non l’amministrazione”.

Il Presidente Castiglione sul Corriere della Sera rilancia la proposta UPI

Ecco la lettera, pubblicata sul Corriere della Sera di oggi, del Presidente dell’Upi Giuseppe Castiglione

Caro Direttore, se vogliamo leggere con la giusta attenzione il risultato dei referendum sulle Province in Sardegna, fuori dalla demagogia e senza cedere al qualunquismo, allora dobbiamo partire da alcune semplici considerazioni: i cittadini ci chiedono di riformare le province, non di abolirle; il referendum – tra l’altro di dubbia legittimità-  con i suoi 6 milioni di costo, poteva essere evitato; le riforme hanno bisogno di essere gestite dalle istituzioni e non portate avanti a colpi di slogan.

Che la richiesta sia di riforma e non di abolizione è chiaro, visto che a votare è andato solo il 35% della popolazione sarda, e che di questa il 40% ha votato no all’abolizione delle Province storiche.

Che si potesse evitare di spendere questi 6 milioni per la consultazione anche, perché le leggi per l’istituzione delle nuove Province sarde sono regionali, non statali: sarebbe bastato che la Regione si fosse presa la responsabilità che spetta a chi governa, di comprendere la necessità di intervenire, senza scaricare le scelte politiche sui cittadini.

Altrimenti, a cosa serve una assemblea legislativa regionale, una giunta e un presidente di Regione?

Che ci sia bisogno di un processo istituzionale per riformare il Paese è evidente dal caos grave in cui, a due giorni dal voto, è caduta la Sardegna, con la Regione incapace di decidere, dopo avere sostenuto i referendum, e di trovare una soluzione, -che deve essere necessariamente immediata- al problema della ricollocazione dei dipendenti delle Province chiuse, della rescissione dei  contratti in essere, della divisione dei bilanci, del blocco degli investimenti e dei progetti in piedi.

Mi permetta poi di sottolineare che l’Upi, quando si trattò di istituire le nuove Province in Sardegna, aveva espresso un parere nettamente contrario, ma chi oggi ha sostenuto i referendum per la loro abolizione, allora ci contrastò duramente portando avanti la bandiera dell’autonomia.

La questione vera, dunque, se vogliamo partire dall’esempio della Sardegna e provare a trarne una indicazione davvero utile al Paese, è che le Province vanno riformate, ridotte, accorpate, seguendo però un percorso che non può che essere istituzionale.

Noi abbiamo avanzato ormai da mesi una proposta concreta, che riteniamo sensata, e che sarebbe in grado di portare in poco tempo, senza attardarsi in inutili quanto improbabili riforme della Costituzione, ad una vera modernizzazione dell’amministrazione locale, con risparmi immediati di almeno 5 miliardi di euro. Ridurre il numero delle Province, istituire le Città metropolitane, tagliare gli enti strumentali delle Regioni e riorganizzare gli uffici periferici dello Stato intorno alle nuove realtà provinciali.

Questa sarebbe una risposta immediata e di grande efficacia. Una proposta di avanguardia, che le Province hanno posto all’attenzione del Governo, dei partiti politici, del Parlamento, e che troverebbe consenso e sostegno anche in Europa. Anzi, si tratterebbe, per una volta, di fare noi, l’Italia, da esempio e apripista per i nostri partner, dimostrando una capacità innovativa e una grande coesione istituzionale.  

Documenti allegati:

MURARO, UPI VENETO.MANOVRA MONTI INCOSTITUZIONALE

“La manovra Monti sulle Province è incostituzionale”. Lo ha ribadito il Presidente dell’Upi Veneto. Leonardo Muraro, presidente della Provincia di Treviso intervenendo a Vicenza ad una Cofnerenza stampa sullo stato delle riforme e sui bilanci delle Province, promossa dall’Unione delle Province Italiane. Alla conferenza sono intervenuti i presidenti delle 4 Province che hanno deciso di portare avanti un ricorso come Ente al Tar “contro la scelta statale del commissariamento. Inoltre, ribadisco: non sono questi i tempi per stravolgere l’architettura statale se non porta benefici economici determinanti ed evidenti. Gli sprechi – ha detto -, in questi giorni di triste cronaca politica, abbiamo visto che sono altrove. Si deve partire da lì per fare immediatamente cassa e non continuare nella via della scelta di pressione fiscale sulle famiglie. Non ha senso modificare l’assetto di un Ente che eroga servizi radicati sul territorio in questo momento di grande ansia e urgenza. Il giorno dopo questa tornata elettiva, gli imprenditori in credito con quelle Province non andate al voto a chi si rivolgeranno come referenti? Chi si occuperà di scuole, strade, ambiente? Ad oggi non si sa nulla. In questi anni – ha concluso – abbiamo avuto diversi esempi di una politica miope basata sulle esigenze dell’immediato e non su una visione programmatica del futuro. Dobbiamo cambiare indirizzo”.

Riforme Province e Spending Review: Upi chiede incontro a Giarda, Patroni Griffi e Cancellieri

“La posizione dell’Unione delle Province d’Italia in merito ad una riforma complessiva della pubblica amministrazione, che parta dalle Province e affronti l’intero nodo dell’efficientamento dei livelli di amministrazione e di governo locale, è di assoluta avanguardia. Per questo, ritenendo che l’Unione delle Province d’Italia possa offrire un contributo fattivo a che gli obiettivi di riforma che interessano le Province possano giungere al più presto a buon fine, e allo scopo di fornire tutta la collaborazione necessaria per portare a termine un processo importante, quanto complesso, siamo a chiedere di potervi incontrare quanto prima”.

E’ quanto si legge nella lettera inviata oggi dal Presidente dell’Upi Giuseppe Castiglione, al Ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, della Funzione Pubblica, Patroni Griffi, e dei Rapporti con il Parlamento, Giarda.

“La proposta che l’Upi in questi tre mesi ha presentato in tutti i tavoli istituzionali (nella Commissione paritetica per le riforme, in Conferenza unificata, in Conferenza Stato Città, nelle audizioni in Parlamento) e nei confronti con i partiti politici di maggioranza e opposizione, parte proprio dalla necessità di avviare un profondo riordino del governo di area vasta, con la riduzione del numero delle Province, anche in seguito all’istituzione delle Città metropolitane, la semplificazione delle funzioni loro assegnate, la conseguente riorganizzazione degli uffici periferici del Governo e l’eliminazione degli enti strumentali intermedi. Una proposta – sottolinea Castiglione – che trova pieno riscontro nel piano di spending review che il Governo ha presentato in questi giorni, che chiama in causa tutte le istituzioni locali e nazionali a contribuire alla diminuzione e qualificazione della spesa pubblica”.

Per questo, il Presidente Castiglione, ritenendo che l’Upi possa offrire un contributo fattivo a che gli obiettivi di riforma che interessano le Province possano giungere al più presto a buon fine, ha ritenuto urgente chiedere ai Ministri un incontro “allo scopo di fornire tutta la collaborazione necessaria per portare a termine un processo importante, quanto complesso”.

“Non si tratta – sottolinea Castiglione – di aprire un nuovo, ennesimo, tavolo di consultazione, ma di offrire fattivamente tutto il supporto possibile, in termini propositivi e di riflessione, anche grazie ai diversi studi che su questo tema l’Upi ha realizzato negli ultimi mesi con Università e centri di ricerca, alla definizione di una riforma che noi per primi, come dimostra la proposta di legge che abbiamo portato all’attenzione del dibattito,  riteniamo fondamentale”.

“Le Province – dichiara il Presidente – non possono essere additate come i centri di spreco di denaro pubblico, né si può pensare che il taglio della democrazia, con la cancellazione degli amministratori eletti dal popolo, possa essere considerata una misura di riduzione della spesa pubblica.

 Una riforma di questa portata va fatta insieme alle istituzioni, altrimenti rischiamo di mancare per l’ennesima volta l’obiettivo e di non dare risposte sensate ai cittadini”. 

 

Le Province e la Riforma. I Conflitti Aperti dal Decreto Monti e la Proposta dell’Upi

Presentati quest’oggi i ricorsi al Tar di 4 delle 8 Province che dovrebbero andare al voto in questa tornata elettiva di maggio. Si tratta delle Province di Vicenza, Ancona, Como, La Spezia. Inoltre, è stata illustrata la proposta dell’Upi (Unione Province d’Italia) di autoriforma delle Province e dei risultati di un’analisi realizzata dalla CGIA di Mestre “L’impatto delle manovre economiche sui bilanci delle Province e conseguenze sullo sviluppo economico”.

Sono intervenuti il vicepresidente dell’UPI, Antonio Saitta, il presidente dell’UPI Veneto, Leonardo Muraro, il presidente della Provincia di Vicenza, Attilio Schneck, la presidente della Provincia di Ancona, Patrizia Casagrande Esposto, l’assessore provinciale alla Cultura di Como, Mario Colombo e il presidente della Provincia di La Spezia, Marino Fiasella. Inoltre, ha presenziato anche l’ex presidente della Provincia di Belluno, Gianpaolo Bottacin.

A causa dei tagli ai bilanci e dei vincoli al patto di stabilità, le spese per investimenti delle Province sono diminuite del -47% dal 2008 al 2011 (oltre 2 miliardi e 200 milioni in meno). Nel 2011, per i vincoli del patto di stabilità, sono stati bloccati nelle casse delle Province 2,5 mld destinati alle imprese per lavori già eseguiti.

“Non sono sole le imprese a dovere avere soldi dallo Stato. Le Province sono creditrici per quasi 3 miliardi. Non vorremmo essere costretti a inviare anche noi un decreto ingiuntivo con la richiesta di pagamento immediato. Dai bilanci delle Province – ha spiegato Antonio Saitta – ci risulta che lo Stato ci deve, per mancati trasferimenti, 2 miliardi e 864 milioni di euro. Si tratta di vecchi trasferimenti erariali che spettavano alle Province e che non sono mai stati erogati, con cui noi abbiamo costruito i bilanci ma che, di fatto, sono rimasti fermi nelle casse dello Stato. Sono soldi che vogliamo usare per pagare le imprese e i fornitori, per sostenere l’economia locale, per fare ripartire gli investimenti. Se il Governo non provvede al pagamento – sottolinea Saitta – siamo pronti a mandare i decreti ingiuntivi. Non accettiamo di essere commissariati da chi non è stato eletto ma nominato. Si pensi, invece, a riformare le prefetture e i tanti uffici periferici dello Stato. Se una riforma è necessaria, e di certo lo è, non può interessare solo le Province: si parta dalle Province, ma in un processo che deve essere molto più lungo e interessare molti più enti”.

“La riunione di oggi è importante per ribadire il concetto di incostituzionalità della manovra Monti. Presenti sono le 4 Province che hanno deciso di portare avanti un ricorso come Ente contro la scelta statale del commissariamento – così il presidente dell’Upi Veneto, Leonardo Muraro – Inoltre, ribadisco: non sono questi i tempi per stravolgere l’architettura statale se non porta benefici economici determinanti ed evidenti. Gli sprechi, in questi giorni di triste cronaca politica, abbiamo visto che sono altrove. Si deve partire da lì per fare immediatamente cassa e non continuare nella via della scelta di pressione fiscale sulle famiglie. Non ha senso modificare l’assetto di un Ente che eroga servizi radicati sul territorio in questo momento di grande ansia e urgenza. Il giorno dopo questa tornata elettiva, gli imprenditori in credito con quelle Province non andate al voto a chi si rivolgeranno come referenti? Chi si occuperà di scuole, strade, ambiente? Ad oggi non si sa nulla!- infine chiude Muraro – In questi anni abbiamo avuto diversi esempi di una politica miope basata sull’esigenze dell’immediato e non su una visione programmatica del futuro. Dobbiamo cambiare indirizzo”.

“E’ un paradosso: ci chiedono di dare il nostro contributo al risanamento dei conti pubblici e nel contempo ci commissariano, bloccando ogni attività e ogni decisione. Eppure avevamo dimostrato con i numeri, non a parole, che il risanamento del debito pubblico è possibile, e noi ne siamo la prova: in 5 anni abbiamo più che dimezzato il debito della Provincia, passando da 222 a 104milioni di euro, abbiamo ridotto il personale del 20%, tagliate le spese e il prelievo fiscale – ha detto Attilio Schneck, presidente della Provincia di Vicenza –  Il tutto mantenendo servizi e opere, bloccati solo dai vincoli del patto di stabilità. Questo significa fare buona amministrazione e a questo devono essere chiamati tutti gli enti.”

“La terzietà nel governo del territorio è importante quanto la garanzia che le Province di una medesima Regione abbiano le stesse condizioni di gestione dell’area vasta per non creare disparità tra Provincia e Provincia”, questi gli argomenti della presidente dell’Upi Marche e della Provincia di Ancona, Patrizia Casagrande

“E’ disarmante vedere come lo Stato Centrale lasci nell’oblio totale interi territori, senza preoccuparsi di programmare prima di distruggere – ha detto Colombo – Io sono un tecnico prestato alla politica, vengo dal mondo dell’Università, e con questa manovra mi viene da chiedermi a cosa sia servito il mio mettermi a disposizione della Comunità in questi anni”.

“Dentro la gravità della crisi che stiamo attraversando, aumentano enormemente i bisogni delle comunità. A tale richiesta si prova ora a rispondere con una cura tecnica che non tiene conto delle specificità dei territori che dovrebbero essere invece protagonisti della ripresa del Paese – ha detto Fiasella – Le Province che hanno fatto ricorso al Tar chiedono che sia ripristinato il diritto al voto dei cittadini poiché la democrazia non è un lusso ma una valore prezioso che viene da lontano. Stiamo difendendo il diritto dei cittadini di scegliere chi li deve rappresentare: il voto è infatti l’elemento vitale della democrazia.”

 

Province: i conflitti istituzionali aperti con la legge SalvaItalia

Il Decreto Salva Italia e le Province

Il 4 dicembre il Governo Monti vara il Decreto Salva Italia, che, all’articolo 23 “Riduzione dei costi di funzionamento delle Autorità di Governo, del CNEL, delle Autorità indipendenti e delle Province”, introduce norme che svuotano le Province.

L’articolo stabilisce che le funzioni delle Province dovranno essere trasferite alle Regioni entro il 30 dicembre 2012, che dovranno poi provvedere a ripartirle con propria legge.

Si modifica il sistema elettorale delle Province, stabilendo che il Consiglio provinciale è composto da non più di dieci componenti eletti dagli organi elettivi dei Comuni ricadenti nel territorio della Provincia e il Presidente della Provincia è eletto dai Consiglieri comunali tra i Sindaci e i Consiglieri Comunali. A Marzo il Consiglio dei Ministri approva il disegno di legge che detta le nuove norme elettorali. Entro il 30 dicembre 2012, secondo il decreto Salva Italia, il Disegno di legge dovrà essere approvato definitivamente dal Parlamento e diventare legge dello Stato.

Gli organi attuali delle Province (Presidenti, Giunte e Consigli) restano in carica fino a scadenza naturale di mandato. Le Province il cui mandato scade prima dell’approvazione della legge (sono 6 nella tornata amministrativa di maggio: Vicenza, Como, La Spezia, Ancona più Belluno e Genova che sono già commissariate) vengono commissariate.

I conflitti istituzionali aperti.

  1. I ricorsi alla Corte Costituzionale

Contro l’articolo 23 del decreto Salva Italia fanno ricorso, per evidente vizio di incostituzionalità, 8 Regioni: Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Campania, Molise, Sardegna.

I ricorsi presentati alla Corte sottolineano che la norma è incostituzionale principalmente perché il testo degli artt. 5, 114 e 118 della Costituzione non consente al legislatore ordinario di modificare la natura degli enti costitutivi della Repubblica, quali enti del governo territoriale rappresentativi delle rispettive comunità e tra essi equiparati quanto a natura e struttura.

Il Governo Monti ha scelto di intervenire sulla Costituzione con norme ordinamentali che non possono essere inserite surrettiziamente in un decreto legge che ha l’obiettivo di salvaguardare le finanze pubbliche. Tanto più che non producono risparmi di spesa.

Dalle norme approvate, la Provincia esce completamente trasformata e diventa un ente di secondo grado adibito a funzioni di coordinamento delle attività proprie dei Comuni. Non esercita più l’attività di gestione amministrativa, né propriamente funzioni amministrative ai sensi dell’art. 118, comma 1 e 2, della Costituzione. La Provincia non è più ente esponenziale della popolazione provinciale: sia il Consiglio che il Presidente sono emanazione degli organi elettivi dei Comuni.

In particolare: il comma 14 viola l’art. 117, comma 2, lett. p) e l’art. 118, comma 2, della Costituzione, in quanto esclude che le Province abbiano funzioni fondamentali e funzioni proprie. Inoltre, affida alle Province funzioni di indirizzo e di coordinamento che possono essere giustificate solo da una sovra-ordinazione delle Province rispetto ai Comuni, non prevista dall’art. 114 della Costituzione e, a maggiori ragione, nel caso in cui le Province siano trasformate in enti di secondo grado.

Il comma 16 viola l’art. 1, l’art. 5 e l’art. 114 della Costituzione poiché lede l’autonomia delle Province che, nel diritto costituzionale italiano, sono qualificate come enti esponenziali di una comunità territoriale che si organizza democraticamente, secondo l’art. 1, con organi elettivi di diretta emanazione del corpo elettorale. In base al principio fondamentale dell’art. 5 della Costituzione “la Repubblica, una e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali”, il legislatore non può quindi abolirle, limitarle, diminuirne l’autonomia politica o incidere sul carattere democratico dell’ente, che rappresenta uno dei requisiti essenziali dell’ordinamento repubblicano.

Il comma 17 viola lo stesso principio del punto precedente per illegittimità costituzionale derivata. I commi 16 e 17 configurano la Provincia come un ente di secondo grado. Prevedono che il consiglio sia estremamente limitato, 10 componenti per tutte le Province, grandi e piccole, che sia eletto dagli “organi elettivi dei Comuni” e che in seno a questo venga eletto il Presidente. Nessuna di queste disposizioni è compatibile con il carattere originario di ente territoriale rivestito dalla Provincia nel nostro ordinamento. Si tratta di un carattere che la Costituzione ha riconosciuto e, perciò, sul quale non ha il potere di incidere essa stessa.

Il comma 20, prevedendo il commissariamento delle Province che dovrebbero andare al voto nel 2012, incide non solo sull’autonomia delle Province garantita dalla Costituzione ma anche sui diritti dei cittadini ad eleggere democraticamente gli organi di governo delle Province. Questo comma viola gli articoli 1, 5 e 114 della Costituzione e allo stesso tempo i principi della Carta europea delle autonomie locali ratificata dal nostro Parlamento.

Infine, dalla relazione tecnica allegata al decreto, emerge chiaramente che queste disposizioni non vengono computate ai fini della riduzione della spesa e non portano alcun risparmio nel 2012, ma non prima del 2014, poiché rinviano a provvedimenti ulteriori.

La Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi su questi 8 ricorsi.

  1. I ricorsi al TAR contro la mancata convocazione dei comizi elettorali nelle Province a scadenza di mandato.

Contro la mancata convocazione dei comizi elettorali della prossima tornata elettorale hanno presentato ricorso al TAR le Province di: Ancona, La Spezia, Vicenza e Como.

I testi dei ricorsi al Tar evidenziano come l’articolo 23, da cui discende il commissariamento, sia palesemente incostituzionale e quindi il decreto di indizione dei comizi elettorali è illegittimo, nella parte in cui ha omesso di prevedere l’elezione del Presidente della Provincia e dei Consigli Provinciali.

In particolare:

  1. la trasformazione delle Province in Enti di secondo grado, che priva le comunità provinciali di un punto di riferimento democratico che leghi l’esercizio delle funzioni e l’utilizzo delle risorse pubbliche ad una precisa responsabilità;
  1. lo svuotamento delle funzioni delle Province, in contrasto con l’articolo 118 della Costituzione, che rischia di aumentare le sovrapposizioni di competenze e la confusione istituzionale.

 

Spending review: Province, razionalizzare spesa centrale

“Ridisegnare le Province porterà risparmi reali solo se questa operazione sarà accompagnata dalla riduzione conseguente della spesa centrale e periferica dello Stato. Se accorpiamo le Province, dobbiamo accorpare le Prefetture e gli uffici periferici dello Stato, che oggi hanno sedi in tutte le Province. Altrimenti il risparmio sarà del tutto ininfluente sulla spesa pubblica”.

Lo dichiara il Presidente dell’Upi, Giuseppe Castiglione, in vista della riunione del Consiglio dei Ministri in cui si discuterà di spending review e di Province.

“Nella nostra proposta di riordino delle Province abbiamo quantificato in almeno 5 miliardi i risparmi che si avrebbero se, insieme all’accorpamento delle Province, si avviasse la razionalizzazione degli uffici dello Stato. Questa è l’operazione di riforma della spesa che serve al Paese, e la spendig  review va  realizzata su tutti i livelli di Governo: Stato, Regioni, Province, Comuni. Altrimenti si rischia di non intervenire su quei capitoli di spesa, come la spesa sanitaria, che potrebbero avere grandi margini di risparmi. Noi siamo pronti, la nostra proposta di autoriforma l’abbiamo presentata da tempo: aspettiamo di vedere quella delle altre istituzioni centrali e locali”.

 

Spending review: Province, Saitta creare task force nazionale

“Poiché da qualche parte occorre iniziare per contribuire al contenimento della spesa pubblica, in Piemonte per primi abbiamo proposto di ridurre il numero delle Province da 8 a 4 e chiesto al Governo che contemporaneamente riduca veramente il numero degli uffici periferici, eliminando l’enorme numero di enti, società e agenzie che svolgono funzioni potenzialmente destinabili a Enti Locali e Regioni”. Lo dichiara il Vice Presidente Vicario dell’Upi, Antonio Saitta, Presidente della Provincia di Torino a proposito dell’accorpamento delle Province. “Questa proposta nata in Piemonte e adattata all’Italia – sottolinea Saitta – consentirebbe di risparmiare almeno 5 miliardi di euro che potrebbero essere destinate al rilancio degli investimenti degli Enti locali: dal processo di accorpamento delle Province è possibile ricavare 1 miliardo, dal riordino degli uffici periferici dello Stato almeno 2,5 miliardi di euro e altri 1,5 miliardi dall’ abolizione degli enti e agenzie strumentali. Per questi motivi siamo pronti a partecipare alla creazione di un a task force nazionale per la spending review e aspettiamo che il Governo ci chiami”.

 

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