Categoria: Istituzioni e Riforme

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Assemblea generale: intervento di Enrico Gasbarra

Carissimi colleghi,

porgo il mio benvenuto ai colleghi presidenti e a tutti i partecipanti all’Assemblea generale delle Province d’Italia.

Un ringraziamento particolare desidero rivolgerlo al nostro presidente, Lorenzo Ria e a tutti i membri dell’UPI, per il grande impegno che quotidianamente svolgono al servizio di tutte le province italiane, assicurando che a tale impegno non verrà mai a mancare il nostro sostegno.

E’ per me un grande onore aprire i lavori dell’Assemblea Annuale, che rappresenta un passaggio fondamentale della nostra vita associativa a cui, per la prima volta, partecipo come Presidente della Provincia di Roma.

Saranno due giornate intense e ci aiuteranno a compiere un’attenta riflessione sulle grandi responsabilità che come amministratori locali abbiamo nei confronti dei nostri cittadini, per affrontare i tanti nodi da sciogliere e per lanciare, con spirito di partecipazione e condivisione, le nostre sfide future.

Il dibattito sul “diritto ad esistere” delle Province è ormai alle nostre spalle: la Costituzione ne fa esplicitamente una delle pietre miliari della nuova Repubblica delle autonomie. Proprio per questo noi, oggi, abbiamo la possibilità, anzi il dovere, di interrogarci senza reticenze sul modo migliore per essere al servizio delle comunità.

Al centro del nostro dibattito ci sono i cittadini, con i loro diritti e le loro esigenze, così come recita il titolo dell’ Assemblea. Titolo che ho particolarmente apprezzato, perché coglie in pieno la trasformazione che l’ente Provincia ha avuto in questi anni. La relazione del Presidente Ria svilupperà ampiamente in tutte le sue sfaccettature una tematica di così alto interesse, collocandola nell’attuale dibattito istituzionale e nelle preoccupanti contingenze della Finanziaria.

Una Finanziaria che volevamo recepisse maggiormente le richieste che i Comuni e le Province hanno avanzato con spirito costruttivo.
Con grande senso di responsabilità, e d’intesa con l’ANCI, avevamo infatti sollecitato il Governo ad imboccare la via del rispetto istituzionale: pronti a fare la nostra parte per il bene del Paese – avevamo detto al Governo – non chiediamo più soldi, ma più autonomia, chiediamo – anzi pretendiamo – di poter governare le nostre comunità con piena responsabilità, nella ricerca delle risorse finanziarie, dei modelli organizzativi, delle vie migliori per rispondere ai bisogni dei cittadini senza compromettere gli equilibri della finanza pubblica allargata.

Le risposte, al momento, sono ancora troppo insufficienti. Il Vice Presidente del Consiglio aveva detto cose importanti e significative all’Assemblea nazionale dell’ANCI. Chiediamo che quell’impegno sia rinnovato, per riprendere il cammino indicato e purtroppo ancora non avviato.

Non possiamo nascondere, inoltre, le perplessità per quanto è accaduto in Europa pochi giorni or sono. Quando il patto di stabilità europeo è apparso troppo rigido per alcuni grandi paesi, i ministri di Ecofin, sotto la presidenza italiana, hanno trovato il modo per ammorbidirlo, annacquando le sanzioni e accontentandosi alla fine di qualche raccomandazione.

Tanta disponibilità, tanta accondiscendenza sono invece state negate ai Comuni e alle Province italiane alle prese con un patto di stabilità interno ancora più rigido, ancora più vincolante, tutelato da sanzioni durissime.

Nonostante ciò, e nonostante i gravi tagli a danno degli enti locali, da parte nostra non ci sarà alcun tentativo di eludere i bisogni dei cittadini. Cercheremo, anzi, nei nostri non facili bilanci di deliberare misure finanziarie che comunque non riducano i servizi alla persona e rimarremo al fianco dei piccoli comuni, che maggiormente soffrono la riduzione dei finanziamenti.

Questo è il nuovo modello di Provincia: più forte sul territorio, maggiormente rispettosa dell’identità di ciascun comune, più vicina ai cittadini.

Una Provincia non come ente verticistico, sovraordinato ai comuni, ma che lavora sempre con e per le comunità locali, valorizzandone l’autonomia, a vantaggio di una moderna “governance” che nell’integrazione e nella sussidiarietà trova il fondamento per il più efficiente esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi.
Va in questo senso l’esperienza di Roma e delle sue peculiarità, ben sapendo tuttavia che ciascuna Provincia italiana, dalla più grande alla più piccola, possiede specificità proprie che la caratterizzano e la rendono nello stesso tempo unica e parte di un insieme.

Nella nostra specialissima Provincia, che ospita la Capitale della Repubblica, la Santa Sede ed alcune tra le più prestigiose agenzie delle Nazioni Unite, si concretizza il segnale del nuovo modello. La nostra comunità provinciale è fatta da 121 Comuni: accanto alla città di Roma, ci sono tante comunità piccole e medie, ci sono ben 64 Comuni con meno di 5.000 abitanti. Ventisette di loro non arrivano ai mille. Sono comunità importanti, ricche di storia, e di tradizioni, ma anche oggi protagoniste di un modello di sviluppo dinamico e flessibile, attento alla sostenibilità sociale e ambientale.
 
Quello che stiamo sperimentando qui è un modello di governo partecipato, dove le decisioni vengono prese non più soltanto dal Consiglio provinciale, ma condivise anche con le associazioni, con le comunità e con i cittadini.

In questo senso, importante è la novità rappresentata dall’istituzione della Camera dei Comuni e delle Autonomie quale sede permanente di confronto istituzionale e di concertazione con i comuni, le comunità montane, i municipi, per la costruzione di politiche territoriali veramente partecipate.

Ritengo infatti che rilanciare la concertazione interistituzionale a partire dai nostri territori sia necessario per fornire, innanzitutto, un servizio ai nostri cittadini.

 Auspico, infine, che l’Assemblea affronti il tema delle città metropolitane, oggi costituzionalmente previste e, nello specifico, si esprima sul ruolo e le funzioni di Roma Capitale.

 I due temi, a mio avviso, seppur collegati sono oggettivamente diversi. Il nodo delle città metropolitane deve essere sicuramente analizzato integrando e definendo le funzioni di un ente di area vasta. Sottopongo all’Assemblea l’esigenza di rilanciare da subito una Commissione composta dai Sindaci e dai Presidenti delle Province per discutere insieme le possibili soluzioni.

 Per quanto riguarda la Capitale, invece, il cammino parlamentare deve trovare una soluzione urgente che, recuperando l’esperienza europea, definisca ruolo e funzione con legge ordinaria dello Stato e non releghi la questione allo statuto regionale. Solo così è possibile recepire il principio costituzionale che riconosce la capitale patrimonio dell’intera nazione.
 
Infine, nel rinnovare il benvenuto a tutti voi, consentitemi di chiudere con un paragone che credo possa sintetizzare al meglio quello che auspichiamo: per fare un film da oscar non bastano buoni attori, serve un eccellente regista e degli ottimi produttori. Il nostro Paese ha attori straordinari nei Comuni. Le Province possono ricoprire il ruolo del regista e se il Governo e le Regioni ne diventano i produttori, il sistema delle autonomie potrà finalmente essere il punto di riferimento della nostra comunità.

Assemblea generale: intervento di Francesco Cioffarelli

Cari Presidenti,

Credo che in questo momento due siano i temi che si pongono all’attenzione di Province e Comuni: ciascuno con le proprie specificità, ogni giorno abbiamo davantio problemi che sono riconducibili da un lato alla questione della finanza locale e dei tagli ai trasferimenti che la Finanziaria si appresta ad imporre per il secondo anno consecutivo senza dare il via a nessuna forma di federalismo fiscale, e dall’altro alla definizione di nuovi rapporti tra livelli istituzionali diversi.

Per quanto riguarda il primo punto, quello che riguarda la gestione dei nostri bilanci, quest’anno è prevedibile che le Province, che nelle Finanziarie storicamente hanno subito tagli inferiori a quelli dei comuni, subiranno un effetto di ritorno a causa della falcidia nei trasferimenti (si stima il 20% in meno) che si preannuncia a carico dei comunui piccoli e piccolissimi. Questi saranno costretti a chiudere dei servizi e potrebbero chiedere alle Province di intervenire in nome della funzione di sussidiarietà.

Sono convinto che sia necessario stabilire un coordinamento tra i comuni  e le province, e soprattutto tra i grandi Comuni e la Provincia. A richiederlo è il fatto che non c’è crescita di un Comune se non c’è crescita di tutta l’area territoriale: basta pensare al fatto che le politiche che riguardano  lo sviluppo produttivo, l’ambiente, la mobilità oggi sono politiche territoriali e non più locali, pianificate da tavoli interistituzionali e non dai singoli assessorati.

Questo si vede bene nel caso di Roma, il Comune più grande d’Italia, che con i suoi 1.290 km quadrati di estensione contiene la somma dei territori di Milano, Bologna, Torino, Genova, Napoli, Palermo, Catania, Firenze e Bari, e che in Europa è secondo per dimensione territoriale solo a Londra […].

I due principali aeroporti  romani risiedono in due Comuni diversi, Ciampino e Fiumicino. Per la mobilità Roma ha un piano di bacino integrato con quello degli altri comuni e non potrebbe rispondere pienamente alla propria vocazione ambientale se non impostasse le proprie politiche delle aree verdi con una logica di sistema territoriale.

La Provincia oggi ha quindi un doppio ruolo: quello di coordinare le funzioni di sviluppo che riguardano un’area territoriale vasta e quello di svolgere una funzione di sussidiarietà nella fornitura di servizi che rispondono ad esigenze sociali, in sostegno dei comuni più piccoli. Per questo sarebbe antisorico e immorale prevederne la soppressione.

Tuttavia la definizione dello Statuto della Capitale è un tema fondamentale dell’attuale dibattito politico e istituzionale […].

Essere Capitale richiede il conferimento di particolari condizioni e poteri, richiede una speciale autonomia normativa, finanziaria e amministrativa per l’esercizio di funzioni pecifiche e aggiuntive rispetto ad ogni altro Comune, legate alla presenza a Roma degli organi costituzionali, dei Ministeri, delle rappresentanze diplomatiche e delle sedi di istituzuioni internazionali. Non ultima la presenza della Santa Sede, polo di attrazione spirituale e materiale di tutta la Cristianità, e di tutti gli organismi che ad essa fanno riferimento: uno Stato sovrano dentro una città, una presenza che conferma la vocazione internazionale di Roma.

Dal lato economico Roma è la metropoli più colpita dalle decurtazioni a carico dei comuni prevista dalla Finanziaria, con un taglio complessivo ai trasferimenti che ammonterebbe ad oltre 92 milioni di euro con una differenza negativa di quasi il 10% rispetto al 2003. La riduzione dei trasferimenti agli oltre 8000 comuni italiani, in media, risulterebbe del 6,21%. Come non bastasse, dovremo poi fare i conti con il definanziamento della Legge 396 per Roma Capitale, che prevede nel 2004 una riduzione di circa 83 milioni di uro e addirittura un azzeramento di fondi dal 2005.

Questa è una preoccupazione che stanno manifestando tutti coloro che operano sul nostro territorio. Un mese fa gli attori del tavolo di concertazione del Comune, espressione del mondo produttivo romano, delle organizzazioni sindacali, dell’Università, hanno sottoscritto un appello al Governo con i tagli ai Comuni, affinché rivedesse la Finanziaria. Con lo stesso spirito, l’altro giorno, insieme al Presidente della Regione, Francesco Storace, e a quello della Provincia, Enrico Gasbarra, sono stati convocati in Campidoglio i Parlamentari eletti a Roma e nel Lazio, per spiegare le difficoltà e mettere a punto le proposte delle nostre realtà locali davanti ai provvedimenti del Governo […].

Con lealtà bisogna rendersi conto che non si può gestire la realtà di Roma come quella di un altro Comune, secondo un modello uniforme per il quale i problemi di Roma sarebbero di fatto considerati identici a quelli di Saracinesco, che è il più piccolo comune della Provincia di Roma, con meno di 200 abitanti […].

Proprio perché siamo in una situazione di federalismo incompiuto e con un assetto barocco e confuso dei livelli di Governo, esiste il rischio di un corto circuito istituzionale. Un rischio particolarmente pesante in aree, come quella di Roma e Provincia, che invece mostrano segni evidenti di ripresa economica ed occupazionale e di opportunità di crescita.

Servizi, ambiente, cultura, tecnologie e innovazione, commercio sono i settori su cui Roma e il suo territorio stanno puntando. A Roma, infatti, non c’è più solo il pubblico impiego: il  73% degli occupati fa appunto riferimento a imprese del terziario avanzato, del commercio, delle nuove tecnologie, della finanza. Roma e Provincia significa un sistema di oltre 290.000 imprese, con 1.400.000 addetti. Parliamo di un sistema produttivo che rappresenta il 6,8% di quello nazionale in termini di imprese e l’8,7% in termini di addetti con una dimensione media di 4,7 addetti per impresa: un addetto in più rispetto alla media nazionale.

La nostra proposta è molto chiara: le funzioni, i poteri, le risorse della Capitale siano indicate in un ordinamento speciale disciplinato da una legge dello Stato votata dal Parlamento.

E’ la questione di fondo che, specifica per Roma in quanto Capitale, accomuna tutti i più grandi insediamenti urbani del Paese, Roma come Milano, Napoli come Torino, per i quali è indispensabile individuare assetti e strumenti correlati alla diversa dimensione di scala delle esigenze amminnistrative, a cominciare dalla configurazione delle città metropolitane: un assetto nuovo, da tempo atteso, ineludibile per la soluzione di problemi tipici dell’area vasta. E comunque, in nessun modo la concreta attuazione dello Statuto proprio di Roma Capitale potrebbe definirsi senza procerdure e sedi di cooperazione istituzionale con la Regione e la Provincia.

Occorre, a mio avviso, studiare con serenità, intelligenza ed equidistanza politica una forma di e-governance del territorio che sia più adeguata alle reali esigenze del egoverno di prossimità, partendo dal presupposto che non siste contrapposizione tra Province e Comuni e che ogni area vasta presenta un diverso assetto, diverse opportunità e quindi esigenze, secondo i criteri di “differenziazione e a deguatezza” citati anche nel Titolo V, art. 118, della nostra Costituzione.

Proprio questi due principi, all’interno di un sistema autenticamente federale sono la chiave non di una scelta contrappositiva, di un braccio di ferro tra livelli istituzionali diversi, ognuno teso all’affermazione della propria autonomia di poteri e funzioni, ma di un impianto unitario, come vuole la Costituzione, del modello di governo di prossimità.

ORDINE DEL GIORNO DEGLI STATI GENERALI DELLE ASSOCIAZIONI – RIMINI EURO-PA

ORDINE DEL GIORNO DEGLI STATI GENERALI DELLE ASSOCIAZIONI

RIMINI – EURO PA

 

 

I CONSIGLI NAZIONALI ED I DIRETTIVI DELL’ANCI, DELL’UPI DELL’UNCEM E DELLA LEGA DELLE AUTONOMIE

riunitisi a Rimini il 2 Aprile 2003

 

DENUNCIANO

Il ricorrente venir meno da parte del Governo agli impegni, alle intese, e agli accordi presi nelle varie sedi di confronto e concertazione istituzionale. Da ultimo, la bocciatura del decreto contenente “Disposizioni urgenti in materia di bilanci degli enti locali”, preventivamente concordato con il Ministero dell’Interno e con il Ministero dell’Economia, che prevedeva norme favorevoli per gli enti locali nella predisposizione dei propri bilanci. Decreto che – chiediamo – venga immediatamente ripresentato nella versione concordata.

Il progressivo deterioramento dei rapporti interistituzionali e l’esigenza di rivitalizzare le attuali sedi di concertazione, quali le Conferenze Stato – città e Unificata, per realizzare un confronto ed una dialettica più efficace ed incisiva;

AUSPICANO

per scongiurare l’affermarsi di un neo centralismo regionale anche in materia di federalismo fiscale, un incontro urgente con la Conferenza dei Presidenti delle Regioni, al fine di concertare un approccio, condiviso ed unitario all’attuazione del nuovo Titolo V della Costituzione;

CHIEDONO

1. di procedere celermente con l’approvazione del disegno di legge cd. La Loggia che deve contenere il conferimento della delega al Governo per l’individuazione, con legge statale, delle funzioni fondamentali dei comuni delle province e delle città metropolitane e per la revisione delle norme statali in materia di ordinamento degli enti locali;

2. di concertare preventivamente. al fine di poter formulare apposite indicazioni ed orientamenti. il disegno di legge costituzionale di revisione del Titolo V della Costituzione che il Governo si appresta a presentare;

3. di approvare la modifica dei regolamenti parlamentari, indispensabile per procedere all’integrazione della Commissione bicamerale per le questioni regionali;

4. di completare la transizione verso un ordinamento autonomistico, procedendo alla revisione dell’attuale bicameralismo in Camera delle Autonomie;

RITENGONO ESSENZIALE

1. insediare immediatamente 1’Alta Commissione di studio in materia di federalismo fiscale, per procedere alla fissazione degli indirizzi per l’attuazione dell’art.119 della Costituzione che dovranno essere recepite nella legge statale di coordinamento della finanza pubblica. In particolare, le Autonomie locali ritengono che il nuovo modello di finanza pubblica debba prevedere un ampliamento della compartecipazione al gettito dei tributi erariali riferibile al territorio che progressivamente deve sostituire il meccanismo dei trasferimenti statali e che, già dal 2004, sia legata all’andamento complessivo del gettito, garantendo un nuovo sistema di perequazione;

2. garantire, nel nuovo sistema di finanza pubblica, 1’autonomia impositiva e tributaria di Comuni e Province, sia in ordine alla possibilità di istituire tributi propri e di regolamentare con maggiore autonomia i tributi locali a carattere generale già previsti dalla legge statale;

3. prevedere forme e sedi di concertazione e co-decisione per procedere all’elaborazione e definizione dei prossimi documenti di programmazione economico-finanziaria, i quali devono stabilire in modo condiviso obiettivi, procedure, monitoraggio, sanzioni ed incentivi per il concorso dei Comuni e delle Province al Patto di stabilità interno;

SOLLECITANO

Il Governo a convocare una Conferenza Unificata dedicata esclusivamente all’attuazione dell’art.119 della Costituzione, per definire al più presto l’accordo politico istituzionale sull’assetto federale finanziario e fiscale del Paese, come espressamente indicato dalla legge finanziaria per il 2003 proposta dallo stesso Governo.

RIBADISCONO

La necessità di avere una “finanziaria per le autonomie” frutto di confronto fra autonomie e Governo che parta dalla definizione del nuovo DPEF e si formalizzi concretamente nella nuova legge di bilancio per il 2004.

Il parere dell’UPI sulla riforma costituzionale

ORDINE DEL GIORNO

Il Consiglio Direttivo dell’UPI e l’Assemblea dei Presidenti delle Province, riuniti a Roma in data 23 ottobre 2003

VISTO

Lo schema di disegno di legge costituzionale concernente “Modificazione degli articoli 55, 56, 57, 58, 59, 60, 64, 65, 67, 69, 70, 71, 72,  80, 81, 83, 85, 86, 87, 88, 89, 91, 92, 93, 94, 95, 96, 104, 114, 116, 117, 126, 127, 135, 138 della Costituzione”, approvato dal Consiglio dei Ministri senza il parere della Conferenza unificata e presentato e sottoposto ora all’esame della Commissioni Affari costituzionali del Senato della Repubblica.

CONSIDERATA

La necessità che le proposte di riforma costituzionale che incidano sostanzialmente sulla forma di stato e sui rapporti tra lo Stato, le Regioni, le Province, le Città metropolitane e i Comuni siano approvate attraverso una sostanziale concertazione e condivisione fra tutti i livelli territoriali, che oggi sono a pari titolo elementi costitutivi della Repubblica.

ESPRIMONO

Viva preoccupazione rispetto alle modalità di discussione sulle attuali proposte di modifica costituzionale, pur condividendo l’esigenza di completare e, se necessario, correggere  il disegno di riforma costituzionale introdotto con la legge costituzionale n. 3/2001, innanzitutto attraverso la riforma del modello bicamerale e del processo costituzionale.

RIBADISCONO

L’urgenza di dare attuazione alle disposizioni della legge costituzionale n. 3 del 2001 che a tutt’oggi sono rimaste lettera morta, ossia la modifica dei regolamenti parlamentari per l’integrazione della Commissione bicamerale per le questioni regionali con i rappresentanti di Regioni e Autonomie locali e l’introduzione nel sistema di finanza pubblica dei principi e delle regole del federalismo fiscale sanciti nell’art. 119 della Costituzione.

PROPONGONO

1. Il superamento dell’attuale bicameralismo paritario e l’istituzione di un vero Senato federale in cui i diversi livelli territoriali costitutivi della Repubblica (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni) siano direttamente in esso rappresentati, attraverso una composizione mista del Senato, in parte espressione diretta del corpo elettorale, in parte espressione indiretta delle autonomie territoriali.

2. L’accesso diretto alla Corte costituzionale per i Comuni, le Province e le Città metropolitane a tutela delle loro attribuzioni costituzionali, con opportuni meccanismi che salvaguardino l’operatività della Corte costituzionale.


Roma, 23 ottobre 2003

Dall’Upi no alle nuove province

L’Assemblea dei Presidenti e il Direttivo Upi hanno voluto ribadire il proprio parere negativo, già espresso in più occasioni a Governo, durante le riunioni interistituzionali,  e al Parlamento, nelle audizioni con le Commissioni di Senato e Camera, alla istituzione di nuove Province.

Per questo, nella riunione di Roma, gli amministratori hanno votato l’ Ordine del giorno che vi alleghiamo.

Documenti allegati:

Alta commissione

Le associazioni rappresentative delle Regioni e degli Enti locali chiedono al Ministro La Loggia di iscrivere all’odg della Conferenza unificata il punto relativo all’accordo per definire gli indirizzi dell’Alta Commissione per l’attuazione dell’art. 119 Cost. sul federalismo fiscale.

Documenti allegati:

Conferenza Unificata del 19 dicembre 2002

Provvedimenti:
 
1. Approvazione del verbale della seduta del 28 novembre 2002
    
2. Schema di decreto legislativo recante modifiche al testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327. INFRASTRUTTURE E TRASPORTI)

Parere ai sensi degli articoli 2, comma 3, e 9, comma 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Note e osservazioni: Parere favorevole
Esito: Parere favorevole, con raccomandazione delle Regioni

4. Schema di decreto legislativo recante modifiche al testo unico in materia di edilizia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. (INFRASTRUTTURE E TRASPORTI)

Parere ai sensi degli articoli 2, comma 3, e 9, comma 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Note e osservazioni:
Parere negativo
Esito: Parere negativo di Regioni ed Enti locali

4. Schema di decreto del Ministro delle attività produttive concernente il riparto tra le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano della quota del restante 30% del Fondo di cofinanziamento dell’offerta turistica, i attuazione dell’art. 6, comma 3, della legge 29 marzo 2001, n. 135, recante “Riforma della legislazione nazionale sul turismo”. (ATTIVITA’ PRODUTTIVE)

Parere ai sensi degli articoli 6, comma 3, della legge 29 marzo 2001, n. 135
 
Note e osservazioni: Parere favorevole
Esito: Parere favorevole

5. Delibera della Conferenza Unificata di definizione degli standard minimi organizzativi nei micro-nidi nei luoghi di lavoro, ai sensi dell’art. 70, comma 5, della legge 28 dicembre 2001, n. 448. (PARI OPPORTUNITA – LAVORO E POLITICHE SOCIALI)

Delibera ai sensi dell’art. 70, comma 5, della legge 28 dicembre 2001, n. 448

Note e osservazioni:  Si chiede rinvio
Esito:  Rinvio

6. Designazione di un rappresentante della Conferenza Unificata in seno al Consiglio di amministrazione dell’ Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente (ENEA), in applicazione dell’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 30 gennaio 1999, n. 36.

(DESIGNAZIONE)
Acquisizione di designazione ai sensi dell’articolo 9, comma 2, lett. d), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Note e osservazioni: Si chiede rinvio
Esito: Rinvio

7. Approvazione del calendario dei lavori della Conferenza (gennaio – giugno 2003)
   Approvato
8. Proposta di accordo tra lo Stato e le Autonomie regionali e locali per la definizione degli indirizzi per la sperimentazione dei programmi di riqualificazione della rete commerciale. (ATTIVITA’ PRODUTTIVE)

Accordo ai sensi dell’art. 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Note e osservazioni:
 Si chiede rinvio
Esito: Rinvio

9. Schema di delibera CIPE sul Codice Unico di Progetto di investimento pubblico (CUP)

Parere ai sensi dell’art. 9, comma 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Note e osservazioni:  Parere favorevole
Esito: Parere favorevole

Le Regioni e gli Enti locali hanno, altresì, evidenziato il mancato rispetto da parte del Governo dell’intesa interistituzionale, relativamente all”approvazione della legge finanziaria 2003.

Infine, il Ministro La Loggia ha annunciato l’istituzione da parte dell’ONU della giornata internazionale della montagna.

Testo completo

La legge d’attuazione del Titolo V

La definitiva approvazione della legge per l’attuazione del Titolo V, rappresenta un passaggio positivo per le Province italiane e per l’intero sistema delle autonomie locali.

Il provvedimento ha il merito fondamentale di essere stato condiviso e concordato con tutto il sistema delle Autonomie locali, Regioni, Province e Comuni, e di individuare un percorso di applicazione concertata della riforma costituzionale. L’approvazione della legge dimostra che, quando si sceglie la strada della concertazione tra i livelli istituzionali, si raggiunge quella condivisione politica, necessaria per riforme di questa
portata, che porta anche a percorsi più rapidi nell’iter parlamentare.

In particolare, si segnalalo le disposizioni relative alla delega al Governo per l’individuazione delle funzioni fondamentali di Province, Comuni e Città metropolitane, al potere normativo degli enti locali, e alla disciplina di attuazione dell’art.118 della Costituzione, che sancisce il passaggio di competenze da Regioni a Province e Comuni secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

 

Per consultare la legge clicca qui

Il decentramento amministrativo

A partire dalla scorsa legislatura si è avviata un complesso processo di decentramento dallo Stato alle Regioni, alle Province e ai Comuni, che ha trovato il definitivo coronamento nella riforma costituzionale del 2001.

La banca dati completa sul federalismo amministrativo,  per avere accesso alle informazioni relative ai diversi provvedimenti di decentramento,  è consultabile nella pagina ad esso dedicata sul sito del CESDAL, Centro Studi e Documentazione Autonomie Locali con il patrocinio della Presidenza del Consiglio, Dipartimento Funzione Pubblica.

– Link banca dati sul federalismo amministrativo

Nasce il CESDAL

L”Unione delle Province Italia, con ANCI, UNCEM, LEGAUTONOMIE, FORMEZ, SSPAL, ha dato vita al “Centro studi e documentazione per le autonomie locali” (CESDAL), con l”obiettivo di fornire servizi al sistema delle autonomie locali e agli utenti nel quadro del nuovo ordinamento federalista, nonché informazioni e approfondimenti sulle numerose ed estese materie di interesse.

Nell”ambito dell”attività del CESDAL particolare attenzione è posta alla documentazione di carattere normativo e giuridico.

Per la documentazione sulla legislazione cliccare qui.

Sito del CESDAL: www.cesdal.it

Titolo V: l’intesa inter-istituzionale

VISTO l’articolo 9, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281 che prevede accordi tra il Governo, le Regioni, le Province, i Comuni e le Comunità montane al fine di coordinare l’esercizio delle rispettive competenze e svolgere in collaborazione attività di interesse comune.

CONSIDERATA la necessità di garantire un processo armonico di adeguamento dell’ordinamento alla riforma del titolo V della Costituzione, introdotta dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3.

CONSIDERATO che la riforma del Titolo V della Costituzione configura un nuovo assetto del sistema delle autonomie territoriali, collocando gli enti territoriali al fianco dello Stato come elementi costitutivi della Repubblica e che pertanto Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato hanno pari dignità, pur nella diversità delle rispettive competenze, essendo la potestà legislativa attribuita allo Stato ed alle Regioni e riconoscendosi a Comuni, Province e Città metropolitane la natura di enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, secondo quanto previsto dall’articolo 114 della Costituzione.

RITENUTA la necessità di individuare i principi informatori comuni dell’azione dei soggetti istituzionali.

RITENUTA l’esigenza di avviare un confronto tra tutti gli enti che compongono la Repubblica al fine di pervenire ad una valutazione concertata dei più delicati temi e profili istituzionali.

Tra il Governo, le Regioni, i Comuni, le Province e le Comunità montane si conviene il seguente accordo:


I) Finalità

1 Tutti i soggetti che compongono la Repubblica sono tenuti a prestare il proprio contributo per sostenere e valorizzare, nell’ambito delle rispettive competenze, il doveroso processo di armonizzazione dell’ordinamento giuridico al nuovo dettato costituzionale, nel rispetto del principio di unità ed indivisibilità della Repubblica, sancito, dell’articolo 5 della Costituzione.

2. Il nuovo modello di pluralismo istituzionale rende necessario un comune impegno che consenta di realizzare, contemperando le ragioni dell’unità con quelle delle autonomie, una consapevole direzione politico-istituzionale del processo di adeguamento alle nuove disposizioni costituzionali. A tal fine, si riconosce che la separazione delle competenze comporta la valorizzazione del principio della leale collaborazione tra gli enti che compongono la Repubblica, finalizzata alla ricerca della più ampia convergenza, per addivenire a soluzioni condivise in ordine alle rilevanti questioni interpretative e di attuazione poste dalla riforma costituzionale del Titolo V

3. In tale ottica, è auspicabile che sia quanto prima attuata l’integrazione della Commissione bicamerale per le questioni regionali, come consentito dall’articolo 11 della legge costituzionale n.3 del 2001, e nel contempo che siano rivalutate e rese operative le altre sedi di confronto, quali la Conferenza unificata di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo n.281 del 1997 ed i Consigli regionali delle Autonomie, previsti dal nuovo articolo 123 della Costituzione.


II) Principi dell’azione comune ed argomenti di approfondimento

1. Costituiscono principi essenziali dell’azione comune:

privilegiare, tra più possibili interpretazioni della legge costituzionale, la più aderente alla logica del pluralismo autonomistico cui è ispirata la riforma costituzionale;

considerare il principio di sussidiarietà, elemento fondante della riforma, unitamente ai principi di differenziazione ed adeguatezza;

garantire, in ogni caso, il rispetto dei principi di continuità e completezza dell’ordinamento giuridico.

2. In relazione ai poteri legislativi assegnati, lo Stato e le Regioni individuano e delimitano i rispettivi ambiti di competenza per un corretto esercizio delle funzioni legislative. Tale delimitazione si rende necessaria anche al fine di dare certezza dell’ambito delle materie rimesse in competenza residuale regionale e per l’individuazione di soluzioni volte a prevenire e limitare il contenzioso costituzionale.

3. Lo Stato e le Regioni, nell’esercizio delle loro potestà legislative, assumono, altresì, l’impegno di verificare, in fase di predisposizione degli atti normativi, il puntuale rispetto degli ambiti di competenza ad essi assegnati dalla novella costituzionale. La verifica riguarda anche i provvedimenti già in corso di perfezionamento, proponendone, ove occorra, la modifica o il ritiro. A questi fini i Presidenti delle Regioni si impegnano ad orientare, in ogni sede ed in ogni fase, l’iniziativa legislativa delle Giunte regionali. Il Presidente del Consiglio si impegna ad emanare una direttiva a tutti i Ministri per orientare l’iniziativa legislativa del Governo, in ogni sede ed in ogni fase, al rispetto del nuovo assetto costituzionale.

4. Per l’attuazione del federalismo fiscale, si conviene sulla necessità di introdurre nel DPEF la previsione:

di una conferenza mista per definire l’impianto complessivo del federalismo fiscale;

dell’avvio del trasferimento di una parte delle risorse necessarie per svolgere le competenze esclusive e le funzioni amministrative derivanti dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, da definire in legge finanziaria, senza oneri finanziari addizionali, con contestuale riduzione delle corrispondenti voci di costo a carico del bilancio dello Stato, con particolare riferimento alle spese per le strutture ed il personale statali.

5. Per quanto riguarda l’esercizio delle funzioni statutarie, regolamentari e amministrative spettanti alle Istituzioni locali, occorre dare piena attuazione alle disposizioni dettate dagli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione. In tale fase, vanno determinate le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lett. p), e vanno osservati i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza nell’attribuzione delle funzioni amministrative, il cui esercizio e organizzazione compete ai Comuni, singoli o associati, anche nelle forme delle Unioni di Comuni e delle Comunità montane, e qualora lo richiedano esigenze di unitarietà, alle Province, alle Città metropolitane, alle Regioni ed allo Stato. Tali obiettivi sono raggiunti attraverso la revisione del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, quale intervento necessario, accanto all’adozione di ulteriori leggi statali e di leggi regionali, per attuare gli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione.

6. Modalità operative di coordinamento e di collaborazione tra il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), la Conferenza Stato-Regioni e la Conferenza Unificata saranno individuate al fine di realizzare le opportune sinergie tra i medesimi organismi.


III) Modalità organizzative


1. La sede istituzionale di confronto è individuata nella Conferenza unificata. Le riunioni della Conferenza hanno cadenza periodica e costituiscono il momento di confronto politico, di valutazione, di indirizzo e di verifica per l’attuazione della presente intesa. L’approfondimento degli specifici argomenti individuati è affidata a tavoli tecnici.

2. I soggetti firmatari si impegnano, altresì, a ricercare ulteriori azioni coordinate proponendo del caso anche eventuali nuovi strumenti di collaborazione e di intesa.

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