Il “silenzio – assenso” nella Valutazione di Impatto Ambientale e nella Valutazione Ambientale Strategica è stato reintrodotto nel Testo Unico in materia ambientale, approvato dal Consiglio dei Ministri il 18 Novembre scorso.
Lo dimostra uno studio sul testo compiuto dal Dipartimento ambiente dell’Upi, coordinato dal Vice Presidente dell’Associazione Massimo Rossi, Presidente della Provincia di Ascoli Piceno.
Il Dipartimento, composto dagli assessori all’ambiente delle Province, ha infatti accertato come attraverso un espediente si sia reintrodotto l’istituto del silenzio assenso.
Ecco come:
l’articolo 31 del testo, reso noto sino al passaggio in Consiglio dei Ministri, relativo al giudizio di compatibilità ambientale che sostanzia la VIA, prevedeva al comma 2 il potere sostitutivo dello stesso Consiglio dei Ministri, rispetto agli Organi che non avessero espresso il proprio parere entro i 90 giorni loro assegnati per rispondere alla richiesta avanzata dal proponente. Quel comma prevedeva inoltre che qualora neanche il Consiglio dei Ministri fosse riuscito ad emettere un proprio parere entro 60 giorni fosse da intendersi emesso un giudizio negativo sull’opera.
Nel testo approvato dal Governo, finalmente reso noto nei giorni scorsi e trasmesso alle Commissioni Ambiente del Parlamento, quell’articolo è stato modificato: ora non prevede più il silenzio rifiuto ma riapre la porta a quel pericoloso silenzio assenso, tanto criticato al momento del suo inserimento nella primissima stesura del testo, al punto da determinarne un immediato disconoscimento da parte degli autori. Il Prof. Togni, capo di gabinetto del Ministero dell’Ambiente ebbe infatti subito a dichiarare alla stampa che: “Così com’era il silenzio assenso sarebbe stato subito bocciato dall’UE”.
Ma il proposito non è stato affatto accantonato, semplicemente lo si intende realizzare in un altro modo.
Non tragga in inganno il fatto che ora, in questo art.31, manca l’esplicito riferimento al silenzio assenso, perché, a cercarlo bene, il silenzio assenso si trova anche nella sua forma esplicita in un altro articolo, come la carta che viene spostata da abili mani sotto il nostro naso… Qui le mani dell’estensore si sono inventate questa prestidigitazione. Il silenzio assenso e’ stato infatti spostato all’art 12, quello relativo alla VAS e ai giudizi di compatibilità ambientale sui piani e programmi (vedere la definizione onnicomprensiva dell’art.5 comma 1 lettera D). Il comma 2 di detto art.12, senza troppi misteri, recita: “…potere sostitutivo da parte del Consiglio dei ministri, che provvede entro sessanta giorni, previa diffida all’organo competente ad adempiere entro il termine di 20 giorni, anche su istanza delle parti interessate; in difetto si intende emesso giudizio favorevole sulla compatibilità ambientale del piano o programma presentato”.
Va sottolineato che nei due testi precedentemente circolanti questo passaggio all’art.12 non c’era. E come si vedrà l’aggiunta non e’ casuale.
L’artificio è infatti completato con “la terza carta”, pardon, il terzo articolo di legge, che e’ il 33, quello che esplicita la relazione tra VAS e VIA. Tale articolo seraficamente recita:
“Per progetti di opere ed interventi da realizzarsi in attuazione di piani o programmi già sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS), e che rientrino tra le categorie per le quali è prescritta la valutazione di impatto ambientale (VIA), in sede di esperimento di quest’ultima costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi positivamente valutati in sede di valutazione di impatto strategico o comunque decisi in sede di approvazione del piano o programma.”
Riassumendo: la VAS del Piano che contiene anche opere da sottoporre a VIA può essere approvata o comunque decisa con il silenzio assenso del Consiglio dei Ministri (..quindi senza condizioni o prescrizioni al progetto!), e quella decisione vale anche per le procedure di VIA.
“In realtà – commenta il Presidente Rossi – questo ennesimo escamotage non sorprende molto in un testo, quello ora proposto, che appare violare la Costituzione in almeno 12 articoli e prefigura l’apertura di procedure d’infrazione Comunitaria in almeno 4 sue parti.
Per non parlare poi del comportamento difforme da quanto dettato dalla Legge delega molte volte per eccesso ed a volte per omissione: le Commissioni di Camera e Senato dovevano essere informate ogni 4 mesi dell’andamento dei lavori invece non hanno mai avuto il piacere di ricevere nemmeno una semplice cartolina che rendesse conto del lavoro che si andava svolgendo; le Regioni con le Province e i Comuni dovevano essere coinvolte in base ad un accordo firmato con il Ministro Matteoli, addirittura nel 2001, e invece hanno ricevuto ufficialmente il primo documento il 30 novembre 2005: era il testo definitivamente trasmesso alle commissioni parlamentari.
La delega conferita dal Parlamento al Governo chiedeva di semplificare, ma non si riferiva alla semplificazione del confronto con il territorio e con il Paese. Serve – conclude Rossi – che di questa proposta di testo si parli il più possibile e che ne parlino tutti prima che sia troppo tardi”.