Categoria: Istituzioni e Riforme

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Assemblea dei Presidenti di Provincia a Roma

“Questa grande rivoluzione che, cancellando le Province, doveva  salvare il Paese è in realtà una piccola, banale riforma, che non semplificherà nulla e renderà la vita impossibile ai cittadini e agli stessi sindaci”. Lo ha detto il Presidente dell’Upi, Antonio Saitta, intervenendo all’Assemblea dei Presidenti di Provincia che si è svolta a Roma per fare il punto sullo stato dei lavori parlamentari sul DDL cosiddetto Delrio che svuota le Province e fa nascere ben 20 Città metropolitane. “Ma come si fa ad affermare che una riforma che spezzetta le funzioni oggi esercitate dalle Province tra Comuni, Unioni di Comuni, Comunità Montane, Città metropolitane, Regioni e Agenzie regionali, è una semplificazione? Certo quello che non si semplifica, anzi si rende caotica, è la vita dei cittadini e delle imprese che non sapranno più chi li amministra. Il Parlamento e il Governo – ha aggiunto Saitta – si stanno prendendo la responsabilità di negare servizi essenziali: loro, che hanno tagliato risorse alle Province per un pregiudizio politico, sono responsabili delle strade sempre più dissestate e di scuole a rischio riapertura perché insicure. E siccome si continua a fare passare questa mediocre e inutile riforma come una grande rivoluzione, renderemo pubbliche le lettere che invieremo ai Parlamentari in cui metteremo nero su bianco,  tutte le incongruenze di questo disegno di legge, che avrà come unico risultato l’interruzione di servizi pubblici essenziali cui i cittadini hanno diritto, a partire dalle scuole”.

 

Province: per il 2014 bilanci ridotti per quasi 3 miliardi Saitta “Altro che riforma, qui si chiudono i servizi”

“Mentre la politica continua a discettare di improbabili risparmi dalla riforma delle Province, i bilanci di questi enti per il 2014, sommando 1,2 miliardi di taglio e 1,780 miliardi di patto di stabilità saranno ridotti per quasi 3 miliardi. Qui non c’è nessun intento riformatore: si stanno chiudendo servizi essenziali e si stanno privando i cittadini di diritti inalienabili, dal diritto a vivere in scuole sicure a quello di avere strade agibili”. Lo dichiara il Presidente dell’Upi, Antonio Saitta  evidenziando che “le tanto vituperate Province grazie alle scelte responsabili degli amministratori eletti, nel 2013 hanno ridotto la loro spesa corrente del  – 10%. Lo stesso non è accaduto alle altre istituzioni locali, come emerge con chiarezza dai dati riportati dal Siope del Ministero dell’Economia, dove risulta che, mentre negli ultimi tre anni le Province  hanno risparmiato il 13% della spesa corrente, i Comuni si sono fermati all’ 1%.  Proprio questi Comuni, se la riforma del Governo andrà in porto, avranno dal prossimo anno il compito di garantire la sicurezza e la manutenzione di oltre 5000 edifici scolastici, mentre ai sindaci e ai consiglieri comunali nominati nelle Province spetterà di dividere il bilanci per assicurare la sicurezza di oltre di 130 mila chilometri di strade. Con 1,2 miliardi di tagli e con i blocco degli investimenti dovuto ad un obiettivo di patto di oltre 1,7 miliardi – conclude Saitta –   quello che si chiuderà non sono le Province ma i servizi essenziali per i cittadini. Chiediamo al Parlamento, che sta in queste ore discutendo del decreto legge sugli enti locali, di preoccuparsi anche di questi servizi, riducendo il taglio di 1,2 miliardi ai bilanci delle Province e inserendo norme che permettano l’esclusione dal patto di stabilità degli investimenti in opere per la sicurezza dei cittadini”.

 

Roma, 9 gennaio 2013

Province, Saitta “Oltre 1000 enti per svolgere quello che fanno 107 Province.

“Oltre 20 Città metropolitane, 107 Province, 370 Unioni dei Comuni, 20 Regioni , più di 1.400 Comuni  ad occuparsi dei servizi che oggi erogano 107 Province . Ma soprattutto, nuove agenzie regionali che si aggiungeranno alle 3.127 di cui il Governo e il Parlamento continuano a non volersi occupare. Questa sarebbe la semplificazione tanto sbandierata? L’unica ‘semplificazione’ è la cancellazione della democrazia, del diritto di votare liberamente chi amministra i territori”.  Lo dichiara il Presidente dell’Upi, Antonio Saitta, commentando la votazione alla Camera dei Deputati del Disegno di Legge sulle Province e le Città metropolitane.

 
“Il Parlamento ha deciso di seguire il Governo, nonostante l’allarme sull’aumento certo della spesa pubblica lanciato dalla Corte dei Conti, e quello del Servizio  Bilancio della Camera sulla mancanza di coperture e il rischio di non rispettare il pareggio di bilancio.  Nonostante tutti, Governo e Parlamento compreso, sappiano che il provvedimento nono solo non produrrà risparmi, ma porterà da un aumento certo della spesa pubblica e all’ennesimo prolificare di enti strumentali e agenzie regionali. Perché i Comuni non sono in grado di gestire le funzioni di area vasta e le Regioni non sono enti di amministrazione: per erogare i servizi apriranno ennesime nuove agenzie, quelle su cui la Corte dei Conti ha lanciato già diversi allarmi, definendole “una fonte di perdite”. Oggi, secondo il Ministero dello Sviluppo economico che li ha censite, ce ne sono già 3.127,  e sono costate nel 2012 oltre 7 miliardi 400 milioni di euro.  Ma di questi organismi inutili, il Governo e Parlamento continuano a non volersi occupare, perché sono la zona grigia del potere. 

“Questo varato dalla Camera dei deputati  – aggiunge Saitta –  è un provvedimento pieno di incongruenze con norme che getteranno nel caos il Paese. Il solo articolo 15, quello che di fatto spezzetta le funzioni oggi assegnate alle Province in mille rivoli, prevede una serie di adempimenti, tra decreti attuativi, accordi, leggi regionali, per cui nella migliore delle ipotesi, a quasi 2 anni  dall’entrata in vigore della legge ancora non saranno stati assegnati ai nuovi enti  le funzioni, il personale, le risorse , il patrimonio. Ma la confusione è riscontrabile in tutto il testo: le oltre 20 Città metropolitane, la cui individuazione è stata fatta senza seguire alcun criterio reale, potranno decollare non prima del gennaio 2015. I Sindaci nominati presidenti di Provincia resteranno in carica 4 anni, anche se nel frattempo non saranno più sindaci, ma i loro consigli dureranno 2 anni: quindi non ci sarà alcun legame tra i due organismi. I bilanci degli enti saranno votati dal Consiglio, solo se un terzo dei comuni dell’assemblea avranno dato il consenso. Province e Città metropolitane potranno continuare a coesistere. Qualcuno ci spieghi dov’è la tanto sbandierata semplificazione che questo provvedimento introdurrebbe. Il Senato – conclude Saitta – si troverà ad avere la grande responsabilità di porre rimedio a questo pasticcio: ci auguriamo che abbia la determinazione necessaria ad affrontare con serietà e lontano dalle campagne mediatiche questo compito”.

Commissariamento delle Province, il Presidente UPA Di Giuseppantonio: “Un obbrobrio incostituzionale e antidemocratico, siamo diventati un capro espiatorio”.

“Questo ennesimo obbrobrio incostituzionale e antidemocratico è il risultato della smania di successo nella stagione della demagogia”. E’ il commento del Vice Presidente nazionale dell’Unione Province d’Italia e Presidente dell’Unione Province Abruzzesi, Enrico Di Giuseppantonio, all’approvazione della Legge di Stabilità contenente le norme che prevedono lo svuotamento delle Province e il commissariamento di questi Enti: “Invece di semplificare i problemi li moltiplica, invece di ridurre le spese le aumenta”.

 

“Un atto che ci aspettavamo dopo i continui annunci – prosegue il Presidente Di Giuseppantonio – ma di certo si pasticcia ancora di più perché non c’è una linea di coerenza con quanto è stato affermato: si parlava di abolizione e invece ci si è limitati a uno svuotamento che creerà solo tanta confusione, disorienterà il cittadino e i disagi aumenteranno. Insomma, si fanno ancora tante chiacchiere a vuoto”.

 

“Oltre 20 città metropolitane, 107 Province, 370 Unioni di Comuni, 20 Regioni, oltre 1.400 Comuni e 3.127 agenzie regionali attualmente esistenti, alle quali si aggiungeranno le nuove: ecco l’esercito messo in piedi dai paladini della  semplificazione per l’erogazione dei servizi attualmente in capo a 107 Province. Noi non vogliamo questa Italia – sottolinea il Presidente Di Giuseppantonio – Siamo per una riforma ma che sia studiata e concertata, siamo disposti al dimezzamento dei nostri Enti ma non si può prescindere dalla riorganizzazione degli uffici periferici dello Stato, di cui non parla nessuno”.

 

“Soprattutto – prosegue il Presidente Di Giuseppantonio – siamo per un’Italia su misura delle esigenze dei cittadini: secondo un recentissimo sondaggio di Mannheimer l’80% degli italiani vuole la riduzione del numero e delle indennità dei parlamentari, il 70% chiede il taglio di numero e indennità dei consiglieri regionali, il 60% ritiene prioritario intervenire sugli stipendi dei manager delle aziende statali e il 50% vuole il taglio delle società statali e parastatali. Solo il 15% crede sia necessario abolire le Province, che sono presenti in 19 Stati Europei su 28. Peraltro proprio in Europa abbiamo siglato la Carta Europea delle Autonomie che prevede l’esistenza degli Enti Locali e dell’elezione diretta. Ma se la legge istituisce oltre 20 città metropolitane mentre a livello europeo ce ne sono solo 18, di cosa stiamo parlando? Di quale Europa vogliamo fare parte?”.

 

“Delrio cerca di accreditare la propria tesi – prosegue il Presidente Di Giuseppantonio – con affermazioni propagandistiche e di facile presa, come se non contasse minimamente il parere della Corte dei Conti, che stabilisce che le Province sono gli enti più virtuosi nel sistema delle autonomie. Questa riforma moltiplica esponenzialmente i centri di spesa e, fatto anch’esso di una gravità inaudita, vieterà ai cittadini di votare chi li amministrerà. Le Province si opporranno in ogni modo a questa decisione ma abbiamo anche il dovere di mettere in guardia i cittadini per quello che, ribadisco, è un obbrobrio incostituzionale che ci impedisce di scegliere con il voto libero chi ci amministrerà”.

Province, studio Ispo, solo per 4% italiani abolizione Province e’ priorita’

Il 72% dei cittadini si sentono orgogliosi della loro provincia e solo il 4% degli italiani ritiene prioritario abolire le Province. E’ quanto emerge da una indagine sugli italiani realizzata dal centro studi dell’Ispo presentata oggi a Milano dal Prof. Renato Mannheimer, dal Presidente dell’Upi Antonio Saitta e dall’Assessore alle riforme istituzionali della Provincia di Milano, Franco De Angelis. Secondo lo studio, per l’81% degli italiani la riforma piu’ urgente per tagliare la spesa pubblica e’ ridurre le indennita’ dei parlamentari italiani. Secondo lo studio Ispo, l’attaccamento alle Province e’ un sentimento radicato, riscontrato in ogni rilevazione dal 2003 ad oggi, nonostante le pesanti campagne demagogiche contro questa istituzione. “La spesa pubblica – ha evidenziato il Prof. Mannheimer – viene vista dai cittadini come spesa politica”. Infatti alla domanda ‘quali riforme servirebbero per ridurre la spesa pubblica’,  8 cittadini su 10 rispondono  la riduzione del numero e delle indennita’ dei parlamentari, 7 su 10 il taglio del numero e delle indennita’ dei consiglieri regionali, 6 su 10 la riduzione degli stipendi dei manager delle aziende statali o partecipate, 5 su 10 il taglio dei costi di enti e organismi intermedi. La riforma delle Province e’ considerata prioritaria solo dal 16% dei cittadini che si dichiarano elettori del PD, dal 15% dei cittadini che si dichiarano elettori di FI e dal 17% dei cittadini che si dichiarano elettori del Movimento 5 Stelle.

“Questa ricerca – sottolinea il Presidente Saitta – dimostra che, contrariamente a quanto si continua a dire, non sono affatto i cittadini a volere l’abolizione delle Province, che, anzi, sanno benissimo essere una  riforma per nulla prioritaria. L’accanimento contro le Province  e’ solo la risposta di una politica debole che, non volendo ascoltare le reali richieste del Paese, cerca di autoassolversi perche’ non e’ in grado di autoriformarsi. Ma il vero dramma e’ che per inseguire slogan che non sono nemmeno condivisi dai loro elettori, i politici stanno tagliando tutte le risorse delle Province destinate ai servizi essenziali. Quando le scuole resteranno chiuse e le strade non saranno piu’ curate, i cittadini andranno a protestare sotto il Parlamento. Allora sara’ chiara la totale mancanza di visione di futuro di una riforma sbagliata che sostenendo di volere svuotare le Province, in realta’ non fa altro che cancellare servizi essenziali”.

 

In allegato, la ricerca dell’Ispo.

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Province, abolizione: il sondaggio della Cgia di Mestre

Presentato a Pordenone il sondaggio della Cgia di Mestre sulle Province del Friuli Venezia Giulia, commissionato dall’Upi e svolto a novembre con indagini telefoniche su un campione di 2300 cittadini della regione.

I risultati – Il 58 per cento dice si all’eliminazione delle Province ma questa percentuale crolla al 43 per cento se si chiede di abolire anche la propria Provincia e precipita addirittura al 38 per cento se si chiede di abolirle tutte o solo quelle inefficienti. Risultati controversi e meno scontati del previsto tanto che l’indagine (illustrata da Catia Ventura del centro studi Sintesi della Cgia) conclude che in caso di referendum regionale l’esito sarebbe incerto. «Il sondaggio – ha commentato il direttore della Cgia, Giuseppe Bortolussi – ha restituito l’idea che finchè si parla in astratto di abolire le Province sono tutti d’accordo perchè contro di esse c’è stata una massiccia campagna mediatica, ma quando si scende nel concreto tutti vorrebbero abolire le altre Province e non la propria». L’indagine ha anche evidenziato che i le competenze delle Province sono ampiamente conosciute e solo il 5% le ritiene fonte di sprechi contro il 59 per cento attribuito al Parlamento. Tra i meno favorevoli all’eliminazione delle Province, inoltre, ci sono le donne  e i giovani.

 

Cgia: Province capro espiatorio, sprechi altrove – «L’abolizione delle Province è un capro espiatorio – ha argomentato Bortolussi –  un grandissimo alibi della mala politica, dei ministeri e dei burocrati. Le Province non sono il centro di spreco in Italia. Sono ben altri. Per questa ragione è sospetto questo attacco condotto senza dati e numeri, questo carosello mediatico che ha portato la gente a credere che il problema siano le Province. Eliminandole non ci saranno risparmi, aumenteranno i disagi e il conto lo pagheranno i cittadini che rimarranno orfani del fondamentale ruolo secolare delle Province di coordinamento tra i Comuni». 

 

Upi: Studi e dati ci danno ragione – A supportare con numeri la tesi che i centri di spreco sono altri è stato Piero Antonelli, direttore Unione Province d’Italia. «La spesa pubblica italiana nel 2012 – ha rimarcato – è stata di 801 miliardi di euro e le Province hanno inciso solo per 1,2 miliardi. Del resto a dire che la riforma delle Province del Ministro Delrio (quella varata dal Governo centrale, ndr) è foriera di aumento della spesa pubblica e di disservizi per i cittadini sono all’unisono Corte dei conti, Università Bocconi, Censis e persino il servizio bilancio della Camera».

 

Provincia di Pordenone: Nostri servizi apprezzati – Nel sondaggio anche un focus sulla Provincia di Pordenone con «risultati lusinghieri – ha commentato il presidente Alessandro Ciriani – su questa Amministrazione e i suoi servizi visto che l’82 per cento dei cittadini si è dichiarato soddisfatto. Ciò accade perchè manteniamo rapporti diretti e quotidiani con la comunità.

Da un lato – ha attaccato – si colpiscono enti virtuosi con i conti in ordine e servizi efficienti, dall’altro  non  si fanno le vere riforme che diminuiscono la spesa pubblica e cioè quelle che riguardano Ministeri, Parlamento e Regioni. Trasferendo le competenze delle Province al mostro-Regione – ha aggiunto – si crea un neocentralismo regionale che comporterà l’ impoverimento del territorio». Ma per Ciriani «c’è anche un aspetto identitario da non sottovalutare perchè la Provincia di Pordenone è stato il frutto della volontà di tutta la comunità, non solo un mero processo amministrativo».

In allegato il sondaggio e una sintesi con i dati più significativi

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Città metropolitane, Saitta “Assurdo crearne 18 in Italia: in Europa non arrivano a 20!”

“Verrebbe da dire, continuiamo così facciamoci del male: con le riforme istituzionali, che dovrebbero servire a fare ripartire il Paese, il Parlamento ha deciso di fare dell’Italia il fanalino di coda dell’Europa. Ma come si può pensare di fare nascere in Italia 18 Città metropolitane, di cui 6 concentrate in due Regioni, quando in tutta Europa le Città metropolitane non arrivano a 20? Vuol dire annacquare qualunque possibilità di assicurare alle vere aree metropolitane gli strumenti necessari per amministrare al meglio”. Lo dichiara il Presidente dell’Upi Antonio Saitta, a proposito degli emendamenti al Disegno di Legge cosiddetto “Delrio” depositati dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera, che porta il numero delle Città metropolitane italiane da 10 a 18, consentendo di cambiare veste alle aree le cui Province abbiano più di 1 milione di abitanti (Bergamo  con 1 milione e 94 mila; Salerno con 1 milione e 93 mila e Brescia con 1 milione e 246 mila) e a quelle delle Regioni a Statuto Speciale (sicuramente Palermo, Messina e Catania e potenzialmente  anche Cagliari e Trieste).

“Il problema vero come abbiamo detto fin dall’inizio – aggiunge Saitta – è che per definire quali fossero le aree realmente destinate a diventare metropolitane non si scelto alcun criterio, come se si potesse lasciare al caso una decisione così importante e non fosse importante invece considerare le peculiarità socio-economiche e produttive di ogni territorio. Così il Governo ha ritenuto che fossero uguali Milano , con 3.075 milioni di abitanti e Reggio Calabria, che ne ha 550 mila; Torino con 315 Comuni e Bologna che ne ha 60 comuni; Napoli, con 2.609 abitanti per chilometro quadrato e Venezia che di abitanti per chilometro quadrato ne ha appena 344; Genova, con i suoi 1.838 chilometri quadrati di territorio, con Firenze che arriva a 3.514 chilometri;  Bari, che ha il 44% degli abitanti nella cintura, e Roma, che ha il 70% degli abitanti concentrati nella città. Adesso, siccome evidentemente si sono accorti che delle 10 scelte al massimo 3 possono davvero essere considerate Città metropolitane, per non scontentare nessuno invece di rivedere l’elenco e restringere la lista, hanno deciso di ampliarla. Verrebbe da dire, e allora perché non tutte e 107?”.

In Europa le Città metropolitane per ogni Stato si contano sulle dita di una mano: in Francia sono la Grande Parigi e la Grande Lione, poi ci sono le grandi unioni di Comuni, come Marsiglia; in Inghilterra solo Londra è città metropolitana, come in Austria c’è solo Vienna; in Olanda lo sono Amsterdam e Rotterdam; in Spagna sono 2 Barcellona e Madrid; in Germania, lo Stato che ne ha di più, sono 5: Berlino e Amburgo, che però sono Città –Stato, e Monaco, Stoccarda e Francoforte

“Ma con questa legge – conclude Saitta – non si doveva semplificare il sistema di amministrazione locale? Ed invece  a fare quello che oggi fanno le 107 Province saranno: 18 Città metropolitane, 107 Province di secondo livello, oltre 8000 comuni, 370 Unioni di Comuni, 20 Regioni, oltre 450 Società ed agenzie regionali. Un modo perfetto per non fare capire più nulla ai cittadini”.

Province, Saitta “Nessuna soluzioni da Commissione su aumento costi e caos servizi.

“Abbiamo sempre detto che il Ddl Delrio su Province e Città metropolitane era confuso e pieno di lacune: la Commissione Affari Costituzionali della Camera è stata costretta a riscriverlo quasi per intero, per cercare di porre rimedio ai gravi vizi di legittimità che conteneva.  Purtroppo l’impresa era ardua e, nonostante tutto il lavoro della Commissione, resta un provvedimento confuso, con norme ingarbugliate, che non semplifica e non sburocratizza, ma aumenta la confusione sulla gestione dei servizi a livello locale creando nuovi problemi a imprese e cittadini. Le Città metropolitane poi diventeranno di fatto proprietà esclusiva del Sindaco del Comune capoluogo ”. Lo dichiara il Presidente dell’Upi, Antonio Saitta, commentando il testo licenziato la scorsa notte dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati “Disposizioni sulle Città metropolitane, le Province, le Unioni e fusioni di Comuni”, che da lunedì è calendarizzato per il primo passaggio in Aula.

“La Commissione – prosegue Saitta – ha scelto di non tenere conto del parere dei giuristi esperti che unanimemente hanno giudicato il testo incostituzionale, ha sottovalutato colpevolmente lo studio della Corte dei Conti che indica reali aumenti di spesa collegati all’attuazione del Ddl Delrio a fronte di risparmi irrisori e tutti da dimostrare, non ha considerato nemmeno la proposta di illustri economisti che indicava in 30 miliardi di risparmio per lo Stato la costituzione delle Province come stazioni uniche appaltanti.

Come si fa in tempi come questi a rifiutare proposte per portare forti risparmi allo Stato? Perché Governo e Commissione  hanno privilegiato la linea che produrrà costi? Non hanno nemmeno esteso le norme sulla gratuità dell’incarico degli amministratori né alle Regioni, né ai Consiglieri regionali”.

“In questi giorni – ha poi annunciato il Presidente Saitta – stiamo ricevendo centinaia di messaggi allarmati dei nostri sindaci, preoccupati di vedere addossate ai Comuni la gestione degli edifici scolastici superiori: porteremo queste lettere ai Parlamentari, augurandoci che almeno in Aula si trovi la forza di intervenire a ridefinire con certezza le funzioni delle Province, scongiurando il rischio che a pagare siano, come sempre, i cittadini”.

 

In allegato, il testo del DDL C 1542-A e C 1542-A bis

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Legge di stabilità, Saitta “Impedire il voto delle Province è incostituzionale.

“Le Province possono essere commissariate per infiltrazioni mafiose e camorristiche, non perché non si ha voglia di mandarle al voto. Impedire il voto delle Province attraverso una norma infilata nella Legge di stabilità, senza che ci sia alcun fondamento giuridico, è incostituzionale”.  Lo ha detto oggi il Presidente dell’Upi Antonio Saitta, intervenendo alla riunione della Conferenza Stato Città autonomie locali al Ministero dell’Interno. “Chiederemo al Parlamento – ha detto Saitta –  di intervenire per cancellare una norma fortemente lesiva della democrazia, che introduce un gravissimo precedente nella storia del nostro Paese. E’ assurdo che esponenti del Governo e Senatori e Deputati che siedono in Parlamento considerino ‘un’emergenza’ lo svolgimento di libere elezioni democratiche per una istituzione della Repubblica. Già oggi stiamo vivendo l’anomalia, bocciata dalla stessa Corte Costituzionale ,  di oltre 20 Province commissariate da più di 2 anni in maniera del tutto illegittima, senza che vi sia alcun fondamento giuridico che ne giustifichi la scelta. Pensare di aggiungere anche le altre 52 Province in questa situazione del tutto fuori legge è, prima di tutto, un attacco alla nostra Costituzione”.   

Seminario Upi Fondazione Manlio Resta “Dagli economisti proposte importanti per ridurre spesa pubblica”

“Le questioni sollevate, le proposte presentate, le indicazioni su come ridurre la spesa pubblica partendo dall’esame attento di tutte le voci del bilancio dello Stato che oggi gli economisti della Fondazione Manlio Resta hanno voluto offrire al dibattito meritano una grande attenzione del Parlamento. Il confronto sulle riforme del Paese non può che partire da una visione chiara di quale futuro vogliamo dare allo sviluppo del Paese. Se il Parlamento vuole davvero farlo colga l’appello degli economisti a evitare di inseguire slogan e propaganda che stanno facendo perdere tempo al Paese e a immaginare nuovi modelli di governo in grado di rilanciare lo sviluppo”. Lo dichiara il Presidente dell’Upi, Antonio Saitta, al termine del seminario “Riflessioni di carattere economico sul riordino degli enti locali” che si è svolto a Roma e che ha visto gli interventi di alcuni degli economisti del Comitato Scientifico della Fondazione Manlio Resta.

 

Ad aprire gli interventi il Prof. Paolo Savona dell’Università Luiss di Roma, che ha ricordato come ”il tema della riduzione della spesa si è concentrato sui costi della politica ma sotto questo profilo le Province sono quelle meno esposte a critiche, visto che la loro spesa media ammonta a 105 milioni di euro, vale a dire 1,8 euro pro capite. Le Regioni spendono per gli organi elettivi 842 milioni, cioè 14,2 euro pro capite; e i Comuni 558 milioni, quindi 9,4 euro pro capite’. Tra il 2008 e il 2012 – ha spiegato il Professore –  le Province, ‘hanno ridotto le spese del 21,3% contro il 4,5% dei Comuni e il 4,2% delle Regioni; lo Stato invece ha accresciuto le spese correnti e ridotte quelle in conto capitale”. Da ultimo, il professor Savona ha ricordato che il costo medio del personale delle Province è pari a 41.949 euro contro i 58.241 di quello regionale”.

 

Secondo il Prof. Attilio Celant, dell’Università La Sapienza di Roma “il tema della soppressione delle province italiane trae origine dall’esigenza di contenere la spesa pubblica e non per introdurre criteri di razionalità economica e di equità sociale nell’articolazione territoriale dello Stato. Ma
tutta la strategia sin qui adottata per il contenimento della spesa pubblica ha privilegiato formule semplificate di risparmio e poco ha indagato sul versante dell’efficienza delle uscite
Quindi – ha sottolineato Celant – anche la soppressione delle province rischia di tradursi più in uno slogan politico che in una azione in grado di produrre effetti concreti di risparmio
La strada maestra del rilancio produttivo del Paese – ha evidenziato – passa attraverso un sensibile contenimento della spesa pubblica, ma questo obiettivo:
ha tempi di realizzazione poco compatibili con l’urgenza della ripresa economica;
non può essere affidato alle conseguenze (la spesa) ma deve colpire le cause (le procedure).

Dal prof. Gustavo Piga, dell’Università di Roma Tor Vergata, è stata lanciata una proposta per introdurre veri risparmi nella spesa pubblica “Le stazioni appaltanti – ha detto – sono troppe e non sono in grado di garantire risparmi. La riorganizzazione e la riduzione delle stazioni appaltanti, che al momento sono più di 10 mila, ridurrebbero i costi del Paese di circa 30 miliardi di euro a regime. Le Province possono diventare, in una logica reale di riforma dei conti del Paese, una stazione appaltante e tutte e 107 potrebbero ridiventare la leva per l’aggiustamento dei conti del Paese’. I 30 miliardi di risparmi che potrebbero essere ottenuti a regime, secondo Piga, ”potrebbero migliorare la competitività delle nostre aziende, facendo anche una opportuna considerazione dei costi standard, che possono supportare in maniera adeguata la riduzione dei costi del Paese”.
Dei rishci di aumento dei costi dalla frammentazione delle funzioni ha parlato il Direttore del Censis, Giuseppe Roma, secondo cui  “La frammentazione della gestione di alcune funzioni crea inefficienze e un aumento significativo dei costi, soprattutto per quanto riguarda le scuole e le strade. Nel nostro Paese – ha detto –  le scuole sono 7.036 in 1.484 Comuni, e in media ogni Provincia ne gestisce circa 65. Ebbene cosa accadrà quando questa funzione passerà alle aggregazioni di Comuni?. Stesso ragionamento per le strade, di cui 111 mila km, cioè il 72,3% del totale, vengono gestite dalle Province, che si occupano anche della loro manutenzione e progettazione, con un costo di 1,8 miliardi di euro. In Italia spesso – ha sottolineato Roma – le riforme hanno peggiorato la vita dei cittadini per questo serve lungimiranza da parte della politica e bisogna far attenzione a voler portare lo scalpo delle Province nelle mani di chi non si sa, perché magari il prossimo governo potrebbe avere a che fare con costi maggiori.

Anche il Presidente di Astrid, Franco Bassanini, ha voluto lanciare una proposta rispetto al disegno di legge del Governo sulle Province. “Il presidente delle Province, a riforma avviata, potrebbe essere eletto, com’è avvenuto fino a pochi mesi fa, e il board del consiglio potrebbe essere costituito dai Sindaci dell’Unione dei Comuni”. Proposta definita interessante dal Presidente Saitta “Se l’obiettivo vero del Governo è riformare le Province rendendole più vicine ai Comuni, garantendo democrazia ed autorevolezza – ha detto – questa soluzione è di certo più sensata – conclude il presidente dell’Upi – dell’elezione di secondo livello proposta dal Governo.

Al termine del seminario Vanni Resta , Presidente della Fondazione Manlio Resta, ha annunciato il lancio del bando 2014 della Fondazione Manlio Resta, che premia la passione e l’impegno di chi affronta lo studio dell’economia. “Il 22 dicembre prossimo, in occasione del quinto compleanno della Fondazione, – ha annunciato – verrà pubblicato il bando per la terza edizione del concorso su scala nazionale per un premio di laurea da destinarsi ad una tesi di laurea in materia economica”. Un bando che interesserà anche lo studio economico dell’area vasta e che vedrà la collaborazione dell’Unione delle Province d’Italia. Le prime informazioni sul bando sono reperibili sul sito www.fondazioneresta.it

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Seminario “Alcune riflessioni di Carattere economico sul riordino degli Enti locali”

Quali sono le implicazioni economiche che deriveranno dall’attuazione del Disegno di Legge del Governo sulle Province e le Città Metropolitane, attestato che mentre nessun risparmio è determinabile, l’aumento della spesa pubblica è certo? Su questo tema si confronteranno numerosi importanti economisti del Comitato scientifico della Fondazione Manlio Resta invitati dall’Upi a discutere e a proporre riflessioni di carattere economico sul riordino degli enti locali, nel seminario che si terrà a Roma il 20 novembre prossimo.

“Siamo stati accusati di diffondere dati inaccettabili – sottolinea il Presidente dell’Upi Antonio Saitta – e che il nostro allarme sull’aumento della spesa pubblica causato dal Disegno di Legge di svuotamento delle Province fosse falso. Questo seminario vuole essere un momento di approfondimento in cui importanti economisti italiani si misureranno sulle implicazioni economiche del riordino degli enti locali e tracceranno un’analisi approfondita della realtà del Paese per valutare seriamente l’impatto che questo potrà avere sulla finanza pubblica e sugli scenari di sviluppo”.

Ad intervenire saranno tra gli altri, il Prof. Paolo Savona, dell’Università LUISS di Roma, il prof. Attilio Celant, dell’Università La Sapienza, il Prof. Gustavo Piga, dell’Università Tor Vergata, il Prof. Giovanni Somogyi dell’Università LUMSA, il Prof. Ferruccio Bresolin dell’Università Cà Foscari di Venezia. A questi si uniranno il prof. Stelio Mangiameli dell’Università di Teramo e il Prof. Giuseppe Roma, Direttore del Censis. Interverranno inoltre rappresentanti del Governo, del Parlamento, della Corte dei Conti, del Sose, dell’Istat, per riflettere in maniera essenziale sull’impatto economico delle riforme che oggi sono all’attenzione del Paese.

“Crediamo – conclude Saitta – che una riforma di così grande impatto per i cittadini, per il territorio e per le imprese, meriti un serio dibattito, che affronti con imparzialità e lontano dagli slogan i nodi veri e i rischi che ne deriverebbero. Il Paese ha bisogno di un riordino di tutte le istituzioni, che affronti il tema della riqualificazione della spesa nello Stato centrale, nelle Regioni, nelle province e nei Comuni. Una riforma che non può essere fatta a colpi di annunci ma che ha bisogno del contributo di tutti”.

Al termine dei lavori il Presidente della Fondazione Manlio Resta, dott. Vanni Resta, dara’ alcune anticipazioni sul bando della terza edizione del premio di laurea erogato dall’Ente che prevede un’interessante novita’ correlata all’evento medesimo.

 

In allegato, il programma dell’evento

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DISEGNO DI LEGGE DELRIO, L’ORDINE DEL GIORNO APPROVATO DAL CONSIGLIO PROVINCIALE DI FERMO

Pubblichiamo l’Ordine del Giorno approvato dal Consiglio provinciale di Fermo, avente ad oggetto “Disegno di Legge Delrio “Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni” (A.C. 1542 ed abbinata) e Disegno di Legge costituzionale “Abolizione delle province” (A.C. 1543)”.

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