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Lettera di ANCI – UPI – UNCEM – Lega Autonomie

Dr. ENZO GHIGO

Presidente Conferenza dei Presidenti

delle Regioni e delle Province autonome

Roma

 

 

Egregio Presidente,

il 9 novembre 2001 entrerà definitivamente in vigore il nuovo testo del titolo V della Costituzione italiana, che è stato elaborato ed approvato dal Parlamento anche grazie al contributo unitario delle Regioni e delle Autonomie locali e che ha ricevuto una importante conferma dal Referendum del 7 ottobre scorso.

Raggiunto il traguardo dell’approvazione definitiva della riforma costituzionale, il sistema delle Regioni e delle Autonomie locali ha ora davanti il difficile impegno dell’attuazione delle nuove disposizioni del titolo V della Costituzione, sul quale dovremo procedere con sollecitudine ed in modo il più possibile unitario. A riguardo, alleghiamo alla presente una prima di riflessione sul tema.

Allo stesso tempo, un importante e strategico appuntamento per l’intero sistema delle autonomie territoriali è senza dubbio rappresentato dai nuovi Statuti regionali, che rappresentano una occasione storica per affermare la realizzazione di un forte e coerente sistema di governo dei territori, nel rispetto della pari dignità di ogni livello istituzionale. Per questo motivo, l’ANCI, l’UPI, l’UNCEM e la Lega Autonomie Locali, attraverso l’”Osservatorio sul federalismo e sul rapporto tra Regioni ed Enti locali”, con la collaborazione delle loro sezioni regionali, hanno elaborato un documento unitario, dal titolo “I NUOVI STATUTI REGIONALI – Linee guida per la valorizzazione delle Autonomie locali”.

Il Documento allegato, approvato dagli organi delle associazioni delle Autonomie locali, intende definire alcuni linee guida, sul ruolo delle Regioni e delle Autonomie locali e sulla necessaria collaborazione istituzionale, in vista della redazione degli Statuti regionali.

Sulle due questioni strettamente legate tra di loro intendiamo aprire un confronto serrato con le Regioni e richiediamo pertanto un incontro a breve.

Cordiali saluti

Il Presidente ANCI
Il Presidente UPI
Il Presidente UNCEM
Il Presidente Lega Autonomie locali

Documento ed emendamenti

Documento ed emendamenti al disegno di legge as 1826 “disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello stato” (legge finanziaria 2003)

Roma, 20 novembre 2002

 

L’Unione delle Province d’Italia, anche in occasione dell’Assemblea Generale delle Province, svoltasi a Milano nei giorni 11 e 12 novembre, ha confermato e ribadito il proprio giudizio negativo sulla manovra economica per l’anno 2003, per la parte relativa agli enti locali, così come approvata dalla Camera dei Deputati.

Tale manovra, infatti, comporta una forte penalizzazione all’azione e al ruolo delle Province.

L’UPI sottolinea da un lato la mancanza di un reale confronto finalizzato a concordare in modo costruttivo le reciproche responsabilità per il rispetto dei vincoli di finanza pubblica generale in un clima di leale collaborazione e reciproco rispetto e, dall’altro, l’evidente contrasto dell’impianto complessivo delle norme per gli enti locali, in particolare di quelle relative al patto di stabilità interno, con i principi di autonomia riconosciuti a livello costituzionale, nonché con il processo attuativo dell’art. 119 così come concordato nell’Intesa interistituzionale siglata lo scorso 20 giugno.

Particolarmente lesive del ruolo e delle possibilità di intervento delle Province, ed in questo senso inaccettabili, sono le nuove regole per il patto di stabilità così come previste nel testo approvato alla Camera. Infatti, calcolare il saldo comprendendo le spese connesse all’esercizio di funzioni trasferite senza considerare le relative entrate, determinerà automaticamente l’impossibilità per le Province di osservare i vincoli per il 2003, bloccando la capacità di spesa delle Province per tutte le funzioni principali: centri per l’impiego, formazione professionale e orientamento, manutenzione edilizia scolastica, viabilità, nonché interventi di sviluppo economico, sociale e culturale dei territori d’intesa e a sostegno delle politiche dei comuni, in particolare quelli minori, anche nella forma di cofinanziamento di programmi europei e nazionali.

Ancor più gravi saranno le conseguenze per gli anni 2004 e 2005 allorché si prevede l’inserimento nella determinazione del saldo finanziario ai fini del patto di stabilità anche delle spese per investimento. Ciò determinerà una inaccettabile contrazione della capacità di investimento degli enti locali e quindi l’impossibilità di sostenere le politiche di sviluppo locale, in contrasto con la dichiarata volontà del Governo di rilanciare l’economia.

Allo stesso tempo, priva di alcun fondamento appare la scelta di un recupero coatto e retroattivo di finanziamenti pregressi per bilanci già definitivamente e correttamente chiusi sulla base delle normative vigenti, come pure il ricorso obbligatorio alla Consip per l’acquisto di beni e servizi, il blocco generalizzato e burocratico del turn over del personale, la particolare invadenza e centralismo dei controlli sia esterni che interni.

Infine, per quanto riguarda gli interventi di adeguamento delle scuole e la loro messa a norma ai sensi del dlg.626/94, si sottolinea ancora una volta la gravità della assoluta mancanza di concrete e adeguate dotazioni finanziarie.

 

EMENDAMENTI

 

Art. 14 (Acquisto di beni e servizi)

 

Al comma 1 sopprimere le parole anche quando il valore del contratto è superiore a 50.000 euro

 

Alla fine del comma 2, lettera b), dopo la parola n.488 aggiungere le parole ovvero procedano in maniera autonoma adottando i prezzi delle convenzioni quadro di cui sopra come base d’asta al ribasso.

 

Sopprimere i commi 4 e 5

 

Scopo del primo emendamento è quello di innalzare la soglia del valore del contratto per cui diviene obbligatorio l’espletamento di procedure aperte o ristrette, in deroga alla normativa nazionale di recepimento delle direttive comunitarie. Ciò consente di snellire in maniera sostanziale le procedure di acquisto di materiali e/o servizi che ricorrono in maniera frequente.

L’emendamento al comma 2 permette alle Province di non ricorrere obbligatoriamente alle convenzioni Consip, utilizzando i prezzi di riferimento come base d’asta al ribasso.

La soppressione dei commi 4 e 5 risponde invece all’esigenza di contrastare la tendenza a instaurare meccanismi di evidente ingerenza da parte del Governo centrale, con i quali si intende dare un forte ruolo “inquirente” alla Corte dei Conti

 

Art. 15 (Disposizioni in materia di innovazione tecnologica)

 

Al comma 1 dopo le parole e delle finanze inserire le parole sentita la Conferenza Unificata.

 

L’emendamento serve a garantire un meccanismo di consultazione necessaria, in considerazione della materia trattata.

 

 

Art. 16 (Acquisizione di informazioni)

 

Sopprimere il comma 2

 Appare evidente la volontà del Ministero dell’Economia di stabilire rapporti univoci di controllo sulle attività di spesa degli enti locali.

 

Art. 17 (Patto di stabilità interno per gli enti territoriali)

 

Modificare i commi 4 e 5 nel modo seguente:

 

Al comma 4 sostituire le parole disavanzo finanziario con la parola saldo.

Al comma 4 sostituire le parole non può essere superiore a quello dell’anno 2001 con le parole “deve essere migliorato nella misura del 4,7% rispetto a quello dell’anno 2001”.

 

Al comma 5 sostituire le parole disavanzo finanziario con la parola saldo.

Al comma 5 aggiungere la lettera

e) le entrate e le spese connesse all’esercizio di funzioni statali e regionali trasferite o delegate nei limiti dei corrispondenti finanziamenti statali o regionali;

 

Al comma 5, lett.d) dopo le parole le spese per interessi passivi aggiungere le parole le spese per trasferimenti dovuti agli enti che partecipano al patto di stabilità interno.

 

Va sottolineato che “l’impalcatura” della soluzione emendativa (commi 4 e 5) qui prospettata può essere considerata utile anche solo per le province, ferma restando la possibilità, per i Comuni, di mantenere la formulazione già approvata in prima lettura dalla Camera. Nel caso venga accolta la possibilità di prevedere soluzioni diverse all’interno del comparto, tenendo conto delle profonde differenze di incidenza finanziaria delle competenze trasferite, è evidente che tutto l’articolo dovrà essere opportunamente corretto. Nell’ambito di tale correzione il Governo potrebbe assumersi parte degli oneri necessari a finanziare le risorse sottratte alle Province anche rimodulando, se necessario, il carico degli effetti dell’emendamento già approvato alla Camera che oggi appare evidentemente sperequato a danno delle Province.

Peraltro è evidente che l’applicazione di questa norma, come da noi proposta, all’intero comparto permetterebbe di mantenere invariati i saldi finanziari previsti dal Governo.

 

Il comma 7 va così riformulato:

Il comma 5 dell’art.24 della l.n. 448 del 28.12.01 è soppresso.

Al comma 9 dell’art.24 della l.n.448 del 28.12.01 sopprimere da le parole Per l’anno 2002, qualora l’ente fino alla fine del comma.

Il comma 3 dell’art.24 della l.n.448 del 28-12-01 viene così modificato:

“sono escluse dall’applicazione dei due precedenti commi le spese correnti connesse all’esercizio di funzioni statali e regionali trasferite o delegate sulla base di modificazioni legislative intervenute a decorrere dall’anno 2000 o negli anni successivi, nei limiti dei corrispondenti finanziamenti statali o regionali.

 

Con questo emendamento si richiede l’eliminazione della sanzione finanziaria per mancata osservanza dei limiti relativi ai pagamenti dell’anno 2002 sia per le difficoltà di applicazione sia per il contrasto con le direttive europee in materia di termini dei pagamenti rcepite con d.lgs.9-10-02 n.231 avente per oggetto attuazione della direttiva 2000/35/Ce relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

Inoltre, si ritiene necessario eliminare un evidente problema posto dalla legge n.448/01 che, ai fini della determinazione del saldo finanziario (comma 1 art. 24), non aveva esplicitamente previsto l’esclusione delle spese relative alle nuove funzioni statali o regionali. Si evidenzia che, proprio nel 2002, tali oneri hanno determinato un incremento notevolissimo, che renderebbe assolutamente impossibile il raggiungimento dell’equilibrio finanziario da parte di tutte le province.

 

Al comma 8 sostituire le parole per l’anno 2004 con le parole per gli anni 2004 e 2005

Sopprimere commi 9 e 10

 

La soppressione dei commi 9 e 10 e la modifica del comma 8 risponde alla esigenza di non anticipare meccanismi di rispetto del patto di stabilità interno anche per gli anni 2004 e 2005, (ulteriormente penalizzanti visto che contemplano nel calcolo del disavanzo anche le risorse per investimenti), considerata inoltre l’esigenza di procedere all’attuazione del federalismo fiscale.

 

 

Al comma 11, dopo le dell’interno inserire le parole sentita la Conferenza Unificata,

 

Sopprimere il comma 13

 

La soluzione emendativa del comma 11 intende garantire la necessaria consultazione della Conferenza Unificata per la redazione degli strumenti di monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità.

La soppressione del comma 13 intende eliminare le sanzioni per chi non rispetta il patto per il 2003. Già lo scorso anno si sono avanzati forti dubbi sulla opportunità di inserire meccanismi punitivi oltre che incentivanti. Si ricorda che originariamente il patto di stabilità interno prevedeva solamente meccanismi premianti (e non c’erano sanzioni): ora la situazione è totalmente invertita.

 

Art. 18 (disposizioni varie per le regioni)

 

Sopprimere il comma 14

 

Si tratta di eliminare le sanzioni pecuniarie per gli amministratori che deliberino forme di indebitamento dell’ente per spese diverse da quelle di investimento.

 

Art. 19 (Disposizioni varie per gli enti locali)

 Sopprimere il comma 11

 La sottrazione, da parte dello Stato, dell’ammontare finora non riscosso a causa di insufficiente o inesistente trasferimento erariale, delle somme relative al passaggio del personale Ata allo Stato e al maggior gettito Enel e Ipt, attraverso il gettito Rca, appare assolutamente inaccettabile, perché introduce un principio assolutamente insostenibile dal punto di vista contabile, perché il recupero opererebbe su somme non più nella disponibilità di cassa degli enti, i quali, con tali risorse, hanno realizzato investimenti negli anni precedenti.

Inoltre, tale recupero, che per le Province ammonta a circa 800 milioni di euro, non risulta incidere sui saldi finanziari della manovra. Si sottolinea, infine, che tale recupero incide non solo su bilanci già chiusi nel passato, ma ha effetto anche per il futuro e quindi sulla programmazione pluriennale degli enti.

 Art.22 Organici, assunzioni di personale e razionalizzazione di enti e organismi pubblici

 Al comma 1, dopo le parole e successive modificazioni, inserire le parole esclusi Regioni ed enti locali,

 Al comma 4 dopo le parole vigili del fuoco inserire le seguenti ad esclusione delle regioni e degli enti locali

 Sopprimere il comma 9

 Gli emendamenti mirano ad escludere dal generalizzato blocco delle assunzioni, gli enti locali. Ciò in conformità dell’autonomia finanziaria ed organizzativa degli enti stessi, oltre alla necessità di garantire l’esercizio delle funzioni delegate e trasferite in maniera funzionale, soprattutto in questa delicata fase di riorganizzazione a seguito del decentramento amministrativo, che non ha garantito risorse finanziarie sufficienti per il personale trasferito.

 
Al comma 16 sostituire la parola municipali con la parola locali

e sostituire la parola municipali con le parole degli enti locali

 L’emendamento mira ad escludere dal blocco generalizzato delle assunzioni anche il personale delle polizie provinciali e municipali

 Emendamento Tabella 1

 Legge 362 del 1998: edilizia scolastica

Sostituire il numero 10.000 con 30.000

 L’Unione delle Province d’Italia ha più volte espresso la necessità inderogabile di risorse aggiuntive per la messa a norma degli edifici scolastici. Lo stanziamento presente in tabella che si riferisce a risorse in conto mutui, è assolutamente inadeguato per l’anno 2003.

Le Province esprimono la loro solidarietà

Il Consiglio Direttivo dell’Unione delle Province d’Italia, riunitosi oggi a Roma alla presenza dei Presidenti delle 100 Province italiane, esaminate le norme contenute nel disegno di legge finanziaria 2003, che attengono il sistema degli enti locali e delle Province in particolare, esprimono il loro giudizio negativo e rilevano una serie di criticità e preoccupazioni che attengono, da un lato la contrazione dell’autonomia e responsabilità finanziaria degli enti e, dall’altro, alla impossibilità di garantire un livello adeguato di investimenti in infrastrutture (scuole, sicurezza stradale e del territorio), nonché di servizi alle collettività nei territori amministrati.

“Rileviamo – ha denunciato il Presidente dell’UPI Lorenzo Ria, a nome di tutti i 100 Presidenti delle Province italiane – come il Governo non abbia messo in atto alcuna forma di effettivo confronto con gli enti locali, per concordare un meccanismo sostenibile per rispettare il patto di stabilità interno, e questo nonostante province e comuni abbiano osservato negli anni scorsi i vincoli dallo stesso imposti”.

“Il 31 dicembre 2004 – ha aggiunto Ria – scade il termine per la messa in sicurezza degli edifici scolastici. Corriamo il rischio, in mancanza di risorse, di avere gran parte dei nostri edifici scolastici fuori legge. Alla comprensione delle nostre ragioni, mille volte assicurata, ha corrisposto, nella finanziaria 2003, una totale assenza di fondi”.

In serata è prevista l’audizione presso le Commissioni Bilancio di Camera e Senato in cui il Vicepresidente dell’UPI Forte Clò e il Presidente della Provincia di Brescia Alberto Cavalli, componente dell’Ufficio di Presidenza dell’UPI, rappresenteranno il documento unitario approvato all’unanimità e gli emendamenti conseguenti.

Ordine del giorno

VISTO il Documento di Programmazione Economico-Finanziaria 2003-2006 presentato dal Governo al Parlamento il 9 luglio 2002;

VISTE le richieste dell’UPI più volte avanzate al Governo in sede di consultazioni precedenti alla stesura e diffusione del Dpef, in cui venivano sottolineate le esigenze delle Province in materia di federalismo fiscale, patto di stabilità interno e politiche settoriali per lo sviluppo del Paese;

VISTO l’art. 2 del d.l. 8 luglio 2002, n.138

 

CHIEDONO AL GOVERNO E AL PARLAMENTO

 

– che, in sede di esame ed approvazione del Dpef 2003-2006, venga indicata espressamente la necessità che le Province trovino spazi di concertazione adeguati ed immediati rispetto alla strutturazione e definizione del federalismo fiscale e alla attuazione dell’art.119 Cost.; nello specifico è indispensabile che tale sistema risponda a nuove esigenze di perequazione a sostegno delle aree deboli e svantaggiate del Paese; senza un sistema che a regime indichi e definisca compiti e funzioni di ogni livello di governo e la rispettiva autonomia impositiva, si rischia concretamente di assegnare la responsabilità di una crescente imposizione fiscale al sistema degli enti locali, senza che questo abbia avuto gli strumenti necessari per ottenere una copertura finanziaria rispetto a compiti e funzioni crescenti;

– che, in sede di esame ed approvazione del Dpef 2003-2006, venga indicata espressamente la necessità che le Province trovino spazi di concertazione adeguati ed immediati rispetto alla formulazione ed individuazione dei parametri necessari al rispetto del patto di stabilità interno, al fine di una condivisione piena ed effettiva delle scelte di politica economica nazionale, anche a fronte del forte senso di responsabilità in tal senso finora dimostrato dal sistema delle autonomie locali, e dalle province in particolare, nei confronti degli impegni nazionali in sede comunitaria. In particolare non si ritengono più ammissibili altri parametri che non siano quelli direttamente inerenti il disavanzo,

– che il Dpef 2003-2006 e la legge finanziaria per il 2003 contengano interventi diretti a realizzare un Piano Nazionale della Sicurezza, che investa diversi settori: evidente attenzione deve essere posta all’edilizia scolastica e alla connessa necessità di garantire funzionalità e fruibilità agli edifici destinati alle scuole, come pure alla sicurezza delle strade e la loro manutenzione; altro aspetto che va garantito è sicuramente quello della messa in sicurezza dei nostri territori, in particolar modo dal punto di vista del rischio idrogeologico; è evidente, inoltre, la necessità di garantire strumenti idonei alla efficacia ed efficienza di tutto il sistema delle politiche l’occupazione. Si sottolinea che tali settori, di evidente e strategica importanza per il Paese, sono tutti riconducibili a precisi compiti e funzioni delle Province.

Lettera aperta delle Province italiane al Presidente del Consiglio dei Ministri

CARLO AZEGLIO CIAMPI
Presidente della Repubblica 

MARCELLO PERA
Presidente del Senato della Repubblica

PIERFERDINANDO CASINI
Presidente della Camera dei Deputati

SILVIO BERLUSCONI
Presidente del Consiglio dei Ministri

 

Caro Presidente,

oggi gli Assessori Provinciali con delega all’edilizia scolastica hanno sottoposto alla attenzione del Presidente dell’UPI Lorenzo Ria e del Vicepresidente Vicario Forte Clò i gravi problemi che attanagliano, ormai storicamente, gli edifici scolastici. Problemi peraltro già evidenziati nel documento prodotto dal forum tenutosi a Cagliari nello scorso 26 e 27 settembre.

È emerso, e non poteva essere diversamente, che la situazione, alla luce degli strazianti eventi di San Giuliano di Puglia, è ancora più grave se si volesse (e si dovrebbe) affrontare anche il problema dell’adeguamento sismico degli immobili. Infatti fino al “giovedì 31 ottobre” il confronto e la richiesta di finanziamento al Governo era quella di assicurare risorse finanziarie per ottemperare ai canoni della sicurezza i cui tempi di compimento sono fissati, dallo stesso Governo, al 31.12.04.

Oggi, sull’onda emotiva che coinvolge l’intera opinione pubblica e sulla responsabilità che qualcuno vorrebbe scaricare sugli enti locali, tra i quali le Province, non si può che chiedere con forza e determinazione che il Governo individui il problema della “sicurezza complessiva” sugli immobili scolastici come dato emergenziale, prioritario e straordinario nel contesto della discussione della legge finanziaria.

Occorre invertire una cultura “datata” che vede l’attenzione sui “contenuti” della scuola e spostare l’attenzione, in questo momento e finalmente, sui “contenitori”. La qualità dei contenuti sarà certamente garantita anche dalla sicurezza, in primo luogo, degli spazi e dalla funzionalità e vivibilità degli stessi. Dati oggi certamente assenti!

Francamente quando, a fronte di una esigenza di risorse già stimate dall’UPI in tre miliardi di euro per gli adempimenti sulla sicurezza in scadenza nel 2004 e solo per gli istituti di secondo grado, la proposta governativa di rifinanziare la legge 23/96 è di soli 10 milioni di euro per l’anno 2003, si stenta ad essere sereni.

L’UPI ritiene che la sola ed unica strada da percorrere sia quella della presa d’atto di una situazione non più accettabile ed affrontare in maniera “culturale” e “straordinaria” il problema della sicurezza delle scuole come scelta di “civiltà”. Non farlo è mancanza di rispetto per le 26 piccole vittime e per tutti noi genitori.

Questi gravi problemi saranno rappresentati, con ancora più forza, nell’Assemblea nazionale dell’UPI che si terrà a Milano l’11 e 12 novembre, auspicando che già in quella sede il Governo nazionale manifesti, e se ne è certi, doverosa e meritoria attenzione con concrete e credibili risposte in termini finanziari.

IL PRESIDENTE

(Lorenzo Ria)

Nota su riunione

1.PREMESSA

 

L’apertura di un confronto istituzionale sulla realizzazione, in vista della legge finanziaria per il 2003, dei meccanismi di partecipazione del sistema Regioni e autonomie locali al patto di stabilità interno, non può che essere accolta con favore, poiché evidenzia la volontà da parte dello Stato come pure di Regioni, Province, Comuni e Comunità montane, di addivenire ad un impianto normativo quanto più concertato e condiviso possibile, proprio in virtù dello spirito di responsabile collaborazione che tutto il sistema ha espresso fin dal 1998.

Ciò sottolinea, peraltro, la consapevolezza comune che ogni intervento che, ora più che mai, investe il sistema della finanza locale, non può essere individuato e condiviso senza avere, come scenario di fondo, la coerente attuazione del federalismo fiscale ai sensi dell’art. 119 Cost.

In questo senso l’UPI sottolinea l’importanza e il rilievo propri della intesa interistituzionale siglata il 20 giugno scorso, con cui si individuano i principi fondamentali cui l’azione del governo, delle regioni e degli enti locali dovranno fare riferimento per dare completa attuazione al nuovo titolo V della Costituzione.

Per quanto attiene specificamente il patto di stabilità, l’UPI intende fare esplicito riferimento alle risoluzioni parlamentari approvate dopo la discussione sul Dpef 2003-2006, laddove il Parlamento impegna il Governo a stabilire, nell’ambito della definizione delle regole del patto di stabilità interno meccanismi condivisi di compartecipazione e di corresponsabilizzazione al perseguimento degli obiettivi… attivando procedure idonee a consentire la conoscenza dell’andamento dei flussi di entrata e di spesa degli enti territoriali. In tali risoluzioni vi è anche il necessario riferimento alla concreta attuazione dell’art.119 Cost. sul federalismo fiscale.

Per ciò che concerne le norme riportate dalla legge 448/2001 l’UPI ha già espresso in più sedi la propria contrarietà rispetto a vincoli ulteriori rispetto a quello del disavanzo, come il tetto alla spesa o quant’altro mortifichi in maniera evidente l’autonomia degli enti locali.

Preme infatti ricordare che il patto di stabilità interno, nato appunto dalla volontà del sistema autonomistico di contribuire fattivamente al rispetto del sistema Italia dei vincoli imposti dall’appartenenza alla UE, non solo ha conseguito negli scorsi anni – attraverso il monitoraggio saldo finanziario – gli obiettivi fissati, ma si è sempre caratterizzato per i meccanismi incentivanti – e non sanzionatori – ad esso sottesi.

In particolare appare notevolmente penalizzante il vincolo di incremento posto al totale dei pagamenti di spesa corrente che in nessun modo tiene conto dell’esigenza di smaltimento dei residui di bilancio e del rispetto dei termini di pagamento anche disciplinati da specifiche direttive europee.

Infine l’UPI ritiene di dover sottolineare un’ultima questione che, seppure ‘tecnicamente’ fuori dal meccanismo del patto di stabilità, sembra potenzialmente prossima alla riproposizione (ed estensione agli enti locali) nella legge finanziaria, ossia il ricorso alla Consip per gli acquisti di beni e servizi: l’UPI continua a ritenere la Consip un’importante risorsa ed opportunità per gli enti locali, ma sottolinea l’indisponibilità a ricorrere, in via obbligatoria, a tale risorsa perché ciò rischierebbe di mortificare non solo l’autonomia gestionale degli enti ma anche il sistema imprenditoriale locale.

Nella riunione del 31 luglio il Ministero dell’Economia ha presentato una nota sintetica sulla quale riteniamo di dover ricordare quanto già espresso verbalmente durante l’incontro.

 

 

2.ELEMENTI DI ANALISI PUNTUALE

 

Nello specifico, rispetto ai 9 ‘punti’ di discussione offerti dal Governo durante la riunione del 31 luglio, si sottolinea quanto segue.

 

1. Per l’anno 2003 viene mantenuto il Patto di stabilità che predetermina i vincoli alla crescita del saldo finanziario (individuato in modo sostanzialmente analogo a quello considerato per il patto di stabilità 2002) nonché alla crescita egli impegni e dei pagamenti di natura corrente (base 2001 + tassi programmati di inflazione);

Per quanto attiene il vincolo riguardante il “saldo” finanziario vi è pieno accordo: l’U.P.I. ritiene che, a questo proposito, potrebbero essere individuate modalità volte ad ottenere un maggiore contenimento della crescita dei disavanzi e lo stimolo di comportamenti virtuosi, sulla base della necessità, come espresso verbalmente, di individuare parametri di riferimento che siano non indistinti per tutte le realtà provinciali, proprio in virtù del fatto che non tutti gli enti, in assenza di un funzionale sistema di perequazione, operano in base ad una stessa realtà finanziaria.

Al riguardo si rileva come, da un lato, le realtà comunali e provinciali appaiono profondamente diverse tra di loro e, dall’altro, tra le stesse province, anche a fronte di una diversa legislazione regionale di attribuzione di funzioni, emergono differenze di assetto finanziario che necessitano di orientamenti volti al controllo dei saldi finanziari ma nel contempo rispettosi dell’autonomia dei singoli enti.

Non si condivide, invece, il vincolo riferito al contenimento della spesa corrente riguardante gli “impegni ed i pagamenti”, in quanto ritenuto lesivo dell’autonomia degli enti e assolutamente sperequante con riferimento alla situazione di ogni singolo bilancio.

Al riguardo si ricordano le risoluzioni parlamentari già citate che stabiliscono, quale indirizzo per il “Documento di programmazione economico – finanziaria”, il contenimento dei disavanzi riferiti ai flussi finanziari di entrata e spesa.

Sempre con riferimento al blocco della crescita di impegni e pagamenti, l’U.P.I. ritiene che potrebbero essere comunque raggiunti con altrettanta efficacia gli stessi obiettivi che il vincolo si pone:
– il contenimento della pressione fiscale locale, che risponde a logiche che si fondano sulla responsabilità ed autonomia degli enti, ma che viene comunque vincolato dalla normativa;
– la ricerca di forme sempre più economiche di gestione ed il privilegio della spesa di investimento, che sono obiettivi prioritari per le stesse autonomie locali e possono comunque trovare altre forme di incentivo nella definizione della finanziaria.

 

2. Sono previste diverse esclusioni dalla base del riferimento soggetta ai vincoli di crescita (spesa per assistenza sanitaria, spese vincolate per eccezionali calamità, spese per funzioni trasferite o delegate) ed è riproposta la disciplina dell’anno in corso per le spese esternalizzate.

Si ribadisce la necessità di mantenere l’esclusione delle spese finanziate da correlativa entrata “con vincolo di destinazione” nonché le “spese per nuove funzioni” nella misura determinata dalla relativa entrata consolidata a carico degli enti che hanno trasferito le funzioni medesime.


 

3. A fronte del mancato raggiungimento degli obiettivi è prevista la riduzione dei trasferimenti statali (50% dell’ultima rata del contributo ordinario per Province e Comuni e del mancato riconoscimento per le Regioni dell’integrazione prevista nell’accordo sanità).

L’U.P.I. propone l’abolizione delle sanzioni e, eventualmente, l’istituzione di “incentivi” a favore degli enti virtuosi, ciò anche in relazione alle risoluzioni parlamentari già citate.
Fa presente, inoltre, che il sistema delle “sanzioni / incentivi” può maggiormente funzionare quando tutti gli enti possono considerarsi su un piano di relativa omogeneità finanziaria; oggi, come già affermato, in assenza di un funzionale sistema di perequazione, questa condizione non sembra realizzata e si può correre il rischio di punire gli enti che si trovano in maggiori difficoltà dovute alla debolezza del proprio territorio.

 

4. Gli enti territoriali trasmettono trimestralmente un prospetto contenente i dati necessari per monitorare il perseguimento degli obiettivi del “Patto”.

Si sottolinea la necessità di creare un sistema “circolare” e non più unidirezionale, delle informazioni in cui sia possibile verificare, in modo trasparente, la posizione di ogni soggetto partecipante al “Patto”, compreso lo Stato.

 

5. Le spese per l’acquisto di beni e servizi restano contenute entro il livello del 2001.

L’imposizione di un “contingentamento” è fortemente lesiva dell’autonomia degli enti locali e potrebbe produrre inefficienze notevoli nella gestione (es. mancate manutenzioni, blocco di servizi ecc.). L’obiettivo di contenimento appare già contenuto nel punto “1”.

 

6. Applicazione delle medesime norme sul personale previste per la generalità delle amministrazioni statali.

Al riguardo sembra prefigurarsi un inaccettabile “blocco delle assunzioni” che potrebbe produrre effetti dannosi, simili a quelli citati nel punto precedente.

La norma, inoltre, non terrebbe conto dei risultati precedentemente raggiunti dagli enti che hanno mantenuto anche in passato comportamenti virtuosi, per cui questi verrebbero ulteriormente svantaggiati.
Circa l’onere del “personale” si ricorda, invece, che dovrebbe essere riconosciuta a favore degli enti locali la copertura finanziaria dei maggiori oneri derivanti dall’applicazione dell’accordo riguardante il contratto di lavoro – definito con l’intervento dello Stato – valutato per il 2003 in circa il 5,5% dell’attuale spesa.

 

7. Si intende far confluire in un unico fondo i trasferimenti di parte corrente attualmente attribuiti alle Regioni attraverso una ricognizione da ultimare entro la metà del 2003. Tale operazione è propedeutica alla sostituzione dei predetti trasferimenti con la fiscalità.

Si fa presente che l’operazione potrebbe riguardare, negli stessi termini, anche la Province, come previsto nel punto successivo.

 

8. Per gli enti locali (Comuni e Province) si prevede per l’anno 2003 la sostituzione dei trasferimenti statali di parte corrente in compartecipazione all’IRPEF, aumentando la misura del 4,5% attualmente prevista per i Comuni e determinando la nuova misura per le Province, da attribuire sempre salvaguardando la neutralità finanziaria per il bilancio dello Stato.

L’UPI concorda pienamente con tale impostazione che dovrebbe riguardare, almeno in sede di prima applicazione, non solo la sostituzione degli attuali trasferimenti statali in compartecipazione Irpef, ma anche l’attuale assetto dell’I.P.T, che potrebbe essere riportata in ambito statale o, soppressa.

Allo stesso tempo va rilevato che tale trasformazione della finanza provinciale comporta, come logica conseguenza, un nuovo sistema di perequazione basato su un fondo nazionale alimentato da una quota di risorse statali e da una quota di risorse derivanti dalla compartecipazione provinciale al gettito erariale, ferma restando la garanzia della dotazione finanziaria da ciascuno acquisita all’inizio del processo di perequazione.

Il sistema di perequazione dovrà fondarsi, da un lato, sulla necessità di un riequilibrio territoriale delle risorse attribuite e, dall’altro, dalla attivazione di un sistema premiante in ordine a comportamenti virtuosi.

 


9.Norme in materia di squilibri finanziari per le Regioni a Statuto Ordinario e revisione di quelle previste per gli enti locali, in armonia con le modifiche introdotte dal nuovo dettato costituzionale (Legge Costituzionale 18. ottobre 2001, n.3).

Si condivide la proposta che sarà oggetto di approfondimenti per definire le nuove linee guida in materia.

osservazioni dell’UPI

1. L’APPLICAZIONE DEL TITOLO V E L’ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE

La legge costituzionale n.3/01 di riforma del Titolo V della Costituzione rappresenta la chiave di volta del rinnovato sistema autonomistico in senso federalista. Con l’esplicito riconoscimento della pari dignità costituzionale tra Comuni, Province, Città Metropolitane, Regioni e Stato si realizza un nuovo assetto istituzionale, fondato sui princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, e che trova nel riconoscimento dell’autonomia finanziaria di entrata e di spesa un elemento qualificante e innovativo delle modifiche costituzionali introdotte.

In questa prospettiva l’intesa interistituzionale siglata formalmente da Governo, Regioni ed Enti locali lo scorso 20 giugno, rappresenta la comune volontà di tutti gli attori coinvolti nel processo di attuazione costituzionale di impegnarsi per il superamento, in una logica di leale collaborazione, degli evidenti problemi applicativi fin qui emersi nonché per la risoluzione di altre questioni relative all’adeguamento dell’ordinamento al nuovo Titolo V.

Non a caso l’intesa riporta, per quanto concerne nello specifico il federalismo fiscale, un esplicito riferimento all’art.119 Cost. e alla necessità di prevedere nel DPEF una conferenza mista che definisca l’impianto complessivo del federalismo fiscale nonché l’avvio del trasferimento di parte delle risorse necessarie allo svolgimento delle competenze esclusive e per l’esercizio delle funzioni amministrative derivanti dal nuovo testo costituzionale.

Viene sostanzialmente ratificata l’evidente necessità che, nella predisposizione del DPEF prima, e nella legge finanziaria poi, si tenga opportunamente conto del nuovo quadro istituzionale procedendo all’attuazione dell’art. 119 della Cost., concretizzando così un vero federalismo fiscale. In questo senso le Province, ormai già da vari anni, avanzano, e lo ribadiscono con forza, la loro richiesta della previsione di una compartecipazione ad un grande tributo erariale (IRPEF).

Occorre infatti ricordare che la finanza provinciale è, a tutt’oggi, una finanza in parte derivata e in parte autonoma, poiché trae una sostanziosa parte delle proprie entrate da meccanismi impositivi che intervengono su uno specifico settore, quello automobilistico: imposta sulla RcAuto e Imposta Provinciale di Trascrizione. La natura prettamente settoriale delle leve fiscali a disposizione delle Province non appare assolutamente congruente ed idonea al ruolo che le Province stesse esercitano all’interno del sistema delle autonomie locali, ruolo che si esprime su diversi fronti (governo e gestione del territorio, tutela ambientale, strade, edilizia scolastica superiore, centri per l’impiego, solo per citare i più rilevanti) e che sostanzialmente definisce la Provincia quale ente a fini generali. Il recente provvedimento governativo che interviene, sospendendola per circa sei mesi, sulla Ipt è una prova evidente della improcrastinabilità dell’attivazione di un meccanismo che garantisca alle province strumenti certi e adeguati per lo svolgimento delle proprie funzioni.

Il DPEF e la prossima legge finanziaria possono e devono dunque porre le basi per una graduale trasformazione della finanza provinciale prevedendo fin dal 2003 una compartecipazione all’IRPEF almeno per le funzioni trasferite.

 

2. PATTO DI STABILITA’ INTERNO

Questione centrale è sicuramente quella relativa alla disciplina del patto di stabilità interno, che quest’anno ha fatto registrare alcune novità non propriamente condivisibili – come ad esempio il tetto alla spesa – che configurano un sistema dove viene limitata considerevolmente l’effettiva autonomia di spesa. Allo stesso tempo tale disciplina svilisce il senso di responsabilità che invece il sistema delle autonomie locali e quello delle Province in particolare hanno finora dimostrato, sin da quando è stato sottoscritto, nel 1999, l’accordo con il Governo per il concorso al rispetto dei parametri finanziari imposti dall’appartenenza alla Unione Europea, supportando così le scelte di politica economica nazionale.

A fronte di meccanismi sempre più stringenti, limitanti e mortificanti rispetto all’autonomia degli enti, nonostante l’evidente impegno con cui questi invece hanno sempre operato, l’UPI ritiene dunque imprescindibile attivare un meccanismo di vero confronto in sede di elaborazione di legge finanziaria annuale, laddove vengono definiti e predisposti i vincoli e i limiti per il sistema delle autonomie, che dovranno essenzialmente essere riferiti al disavanzo e non alla spesa.

 

3. POLITICHE SETTORIALI = UN PIANO NAZIONALE DELLA SICUREZZA

A fronte della fondamentale importanza che il Documento di Programmazione Economico-Finanziaria riveste per ogni settore economico e istituzionale, l’UPI ritiene possibile supportare l’azione del Governo affinchè realizzi proposte concrete per un Piano Nazionale della Sicurezza, piano che ovviamente investe e interessa più settori.

Innanzitutto l’edilizia scolastica: è evidente la necessità di impostare una riflessione circa la impossibilità di garantire funzionalità e fruibilità degli edifici adibiti a scuole senza sufficienti dotazioni finanziarie, capaci di far fronte agli interventi di messa a norma previsti dal d.lgs. 626/94 e dalla legge n.46/90.

In secondo luogo la sicurezza stradale. Come è noto nel 2000 circa 30 mila chilometri di strade Anas sono stati trasferiti alle Province, con tutte le difficoltà di gestione che una simile novità comporta. Sarebbe auspicabile poter rinvenire nel Dpef una linea che vada a sostegno degli interventi di manutenzione e sicurezza della rete viaria che le province hanno in dotazione, anche a fronte del taglio delle risorse predefinite operato dalla legge finanziaria per il 2002.

In stretta relazione con la sicurezza stradale, va sottolineata la necessità di valorizzare adeguatamente lo sviluppo dell’uso della bicicletta prevedendo, in particolare, il rifinanziamento della legge 366/98 sulla mobilità ciclistica e sulla sicurezza stradale degli utenti della bicicletta.

Infine, forte attenzione va prestata alle politiche di sicurezza dei territori: troppo spesso ormai il nostro Paese è oggetto di interventi di protezione civile a fronte di eventi alluvionali ovvero di emergenze dovute alla siccità. Le Province, per le loro specifiche competenze e funzioni, hanno conoscenza diretta delle peculiarità dei propri territori e sono altresì consapevoli che senza interventi strutturali nel settore della difesa del suolo, della tutela delle acque e dell’inquinamento atmosferico, si rischia di aggravare ulteriormente una situazione che, in termini di sostenibilità, è già evidentemente rischiosa.

Nello specifico il raggiungimento degli obiettivi di buona qualità e le scadenze connessi al recepimento della normativa comunitaria in materia di acque, contenuti nel d.lgs.152/99, sottolineano l’esigenza di operare con decisione nei confronti del grave problema dell’approvvigionamento idrico, divenuto in buona parte del Paese ormai un’emergenza quasi cronica.

Inoltre, con l’approssimarsi dell’appuntamento di Johannesburg, l’UPI ritiene necessario il rafforzamento di una politica di sostenibilità di area vasta (che trova come riferimento ottimale l’ambito provinciale proprio in virtù della trasversalità delle competenze in materia ambientale) che sia decisamente incisiva e destinata ad intervenire efficacemente sull’intero sistema della mobilità sostenibile, a tutela della qualità dell’aria; nello specifico le competenze in materia ambientale

 

4.POLITICHE DI SVILUPPO

Il Dpef, in uno scenario macroeconomico, non può non tener conto della valenza degli strumenti di programmazione negoziata. I patti territoriali e i contratti d’area, ora di fatto regionalizzati, ma che hanno saputo negli ultimi anni produrre sviluppo e occupazione soprattutto nel Mezzogiorno, sembrano aver subìto una battuta d’arresto, non ultima quella relativa alla indisponibilità dei fondi erogati dal Ministero dell’Economia. L’UPI ritiene che il Governo dovrebbe attivarsi, almeno per quanto riguarda i patti e i contratti già finanziati, affinchè si trovino le risorse per portarli a compimento.

Inoltre preme sottolineare la necessità di interventi puntuali per le politiche per l’occupazione. Negli ultimi due anni il Governo ha riconosciuto nella legge finanziaria la necessità di supportare l’avvio e la strutturazione dei centri per l’impiego, accogliendo la richiesta, avanzata dall’UPI, di risorse ad hoc destinate. Ferma restando la necessità che si costruisca una sistema concorrenziale dei luoghi di incontro tra domanda e offerta di lavoro, è però necessario che il settore pubblico sia messo effettivamente in grado di stare sul mercato in maniera innovativa e competitiva, per svolgere in modo efficace compiti e funzioni attribuite alle Province direttamente dallo Stato.

Infine il Piano e_government: quest’anno le Province hanno dimostrato la loro progettualità rispetto alla innovazione tecnologica e alla modernizzazione dei servizi offerti alla comunità. Per questo motivo l’UPI torna a ribadire la necessità che interventi di questo tipo trovino un sistema di strutturazione nelle politiche di sviluppo attivate dal Governo, affinchè si possa mantenere al massimo livello possibile l’innovazione tecnologica competitiva, le sinergie e le progettualità che tutto il sistema locale ha saputo esprimere in occasione del primo bando per l’e_gov. È dunque necessario, in questo settore, reperire ulteriori risorse e attivare strumenti di più ampio respiro che non abbiano carattere di eccezionalità o sporadicità .

 

5. CONCLUSIONI

L’attuale Documento di Programmazione Economico – Finanziaria è il primo Dpef predisposto dopo l’approvazione della riforma federalista della Repubblica. Ad avviso dell’Unione delle Province d’Italia la struttura e i contenuti del documento non recepiscono le profonde innovazioni costituzionali e non rendono esplicita la scelta a favore di un modello federalista in cui Stato, Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane, sono soggetti costitutivi della Repubblica con pari dignità, e che devono quindi cooperare in forma concertativa e responsabile sulle scelte fondamentali. Tutto ciò è particolarmente evidente nella impostazione riguardante le riforme della finanza pubblica (legge di stabilità, riforma del bilancio e federalismo fiscale).

D’altra parte la scelta operata dal Governo con il D.L. 138 dell’8 luglio 2002 sull’Imposta Provinciale di Trascrizione accentua gli elementi di forte preoccupazione sulla volontà di concertare le misure che contengono una responsabilità comune del governo centrale e dei governi locali.

Il Dpef non raccoglie le questioni fondamentali che avevamo già sottoposto alla valutazione del Governo negli incontri preliminari e che sono indicate nel presente documento.

In particolare, consideriamo con grande preoccupazione l’assenza di una esplicita previsione di una compartecipazione all’IRE per le Province ed in questo ambito la specifica previsione del finanziamento attraverso entrate tributarie almeno delle competenze già trasferite.

Per quanto attiene il patto di stabilità, non è chiarita la scelta del Governo relativamente agli strumenti di responsabile partecipazione degli enti locali al rispetto dei vincoli europei. In questo senso si ribadisce l’assoluta indisponibilità verso vincoli diversi da quello del disavanzo, che altrimenti sarebbero lesivi dell’autonomia. Allo stesso tempo, forte preoccupazione esprimiamo rispetto al rischio che, avendo il Governo deconsolidato la spesa di investimento, i nuovi vincoli previsti all’indebitamento netto alle Pubbliche Amministrazioni provochino un blocco della possibilità di investimento degli enti locali ancorché sul proprio patrimonio.

Nel merito degli specifici impegni programmatici, rileviamo positivamente la previsione del rinnovo del fondo nazionale di finanziamento delle iniziative locali relativamente ai progetti di e_government e la individuazione, tra le forme di incentivazione dello sviluppo del Mezzogiorno, del sostegno finanziario agli strumenti della programmazione negoziata, sia pure limitatamente al Mezzogiorno.

Tali previsioni raccolgono richieste avanzate dalle Province, e tuttavia consideriamo rilevante l’assenza di impegni espliciti per quanto riguarda la sicurezza del sistema scolastico e della viabilità, nonché della messa in sicurezza dei territori.

Sulla base di queste considerazioni non possiamo dare la nostra approvazione al Dpef 2003-2006, che seppur molto ampio in termini programmatici, risulta carente in termini di priorità e adeguate specificazioni.

Siamo naturalmente disponibili a rivedere il nostro giudizio se nel percorso di approvazione parlamentare sarà raccolta la sostanza delle nostre proposte. In questo senso nei prossimi giorni, anche d’intesa con le altre Associazioni delle Autonomie Locali, chiederemo un incontro ai gruppi parlamentari per rappresentare le nostre posizioni.

Documento su legge 27 dicembre 2002 n. 289

DOCUMENTO SU LEGGE 27 DICEMBRE 2002 N.289 (LEGGE FINANZIARIA 2003)
Roma, 22 gennaio 2003


PREMESSA

Il giudizio negativo espresso dall’Unione delle Province d’Italia rispetto all’approvazione della legge finanziaria 2003, per le norme riguardanti gli enti locali, trova il suo fondamento nel fatto che numerose questioni che le Province e gli altri enti locali hanno sottoposto, più volte ed in più sedi, a Governo e Parlamento, non hanno trovato una adeguata soluzione.

Il presente documento focalizza le principali problematiche che hanno determinato il giudizio espresso dall’UPI e che, ancora oggi, non sembrano essere state attentamente valutate dal Governo, tanto da indurre Anci ed Upi a chiedere formalmente allo stesso di operare un confronto congiunto su tutto il complesso delle disposizioni finanziarie per gli enti locali, al fine di giungere alla definizione di un provvedimento correttivo delle norme più discriminanti contenute nella manovra per il 2003 anche a fronte dell’imminente costituzione dell’Alta Commissione e della necessità di lavorare in un clima di proficua collaborazione per raggiungere il risultato positivo che tutti auspichiamo.

PATTO DI STABILITA’  PER IL 2002

Preliminarmente alla analisi della legge finanziaria per il 2003, appare necessario formulare alcune osservazioni sul meccanismo di rispetto del patto per il 2002. Innanzitutto si ricorda che nello scorso mese di luglio l’UPI aveva sottolineato l’opportunità, attraverso un ordine del giorno, di suggerire alle Province la possibilità di detrarre nel prospetto di rilevazione per il monitoraggio del fabbisogno definito dal ministero dell’economia con decreto ministeriale 30 aprile 2002, le spese correlate a modifiche legislative, nei limiti della corrispondente entrata laddove si faceva riferimento alle spese con carattere di eccezionalità. Ciò al fine di non far pesare in maniera eccessiva le spese per l’esercizio di funzioni trasferite (che nel 2002 sono assai più ingenti rispetto all’anno 2000, anno di riferimento per il confronto). Il Ministero del Tesoro non ha finora aderito a tale interpretazione, ma l’UPI si impegna a far pervenire allo stesso entro pochi giorni, una nota in cui si sottolinea la necessità di convenire su tale impostazione contabile, senza la quale le Province si troverebbero in ogni caso già fuori dal patto di stabilità per il 2002, pur avendo rispettato gli altri due parametri imposti dalla legge. L’Unione delle Province d’Italia mantiene inalterata la propria posizione interpretativa e chiede nuovamente al Ministero dell’Economia una adeguata riflessione su quanto sopra esposto.

LEGGE FINANZIARIA 2003

Per quanto nello specifico attiene la legge finanziaria appena approvata si rileva quanto segue:

Art. 29 “Patto di stabilità interno per gli enti territoriali”

Al comma 17, ultimo capoverso, viene fatto esplicito riferimento al ruolo delle associazioni degli enti locali nel monitoraggio sull’andamento delle spese, delle entrate e dei saldi dei rispettivi bilanci. Appare dunque opportuno che, in fase di predisposizione del decreto di cui al comma 13, venga esplicitamente fatto riferimento alla necessità che i prospetti relativi alla gestione di competenza e cassa, che trimestralmente vengono inviati al Ministero dell’Economia, vengano contestualmente inviati anche all’UPI in forma telematica all’indirizzo di posta elettronica [email protected] . E’ altresì necessario che venga istituita una commissione mista con il compito di effettuare il monitoraggio previsto ed attivare i meccanismi informativi del caso.

Sempre in riferimento al comma 17, va chiarito che la previsione cumulativa articolata per trimestri in termini di cassa del disavanzo finanziario corrente non può essere predisposta entro febbraio, dal momento che la scadenza per il bilancio preventivo 2003 è slittata al 31.3.03.

Si sottolinea inoltre che devono essere escluse dal calcolo del disavanzo ai fini del patto di stabilità interno per il 2003 e seguenti,  qualsiasi somma erogata ad enti partecipanti al patto (comprese le restituzioni dovute allo Stato).

Art. 31 “Disposizioni varie per gli enti locali”

Evidenti preoccupazioni desta quanto contenuto nei commi 12, 13 e 14 che prevedono la riduzione della compartecipazione Irpef, ovvero riduzione della dEvoluzione del gettito RCauto nei confronti delle province sulle quali, a causa di inesistenza o insufficienza di trasferimenti erariali, lo Stato non è riuscito a recuperare le somme dovute a fronte del trasferimento del personale ATA (l.n. 124/99 del maggior gettito derivante dalla trasformazione dell’Apiet in Ipt  (d.lgs. 446/97) e dell’addizionale  Enel (l.n.133/99).

Durante la discussione in Parlamento del disegno di legge l’UPI ha più volte ed in più sedi fatto presente che, al di là della dubbia costituzionalità di una norma retroattiva che agisce su bilanci già chiusi in base a norme di legge allora vigenti , ed a fronte di pareri in tal senso espressi sia dalla Ragioneria Generale dello Stato sia dal Ministero dell’Interno, il recupero di somme pregresse dai bilanci provinciali, già costretti ad una forte contrazione delle spese a causa delle regole imposte dal patto di stabilità per il 2003, appare quanto mai difficoltoso e compromettente rispetto alla funzionalità degli enti stessi.

L’UPI ritiene utile sottolineare che tale operazione può innanzitutto essere compiuta senza l’ausilio del concessionario, in sede di devoluzione del gettito Rcauto: le Province si impegnano a versare direttamente al ministero dell’Interno le somme dovute per gli anni 99-00-01-02 concordando le opportune rateizzazioni, ferma restando la possibilità di inserire clausole di salvaguardia in caso di inadempienza degli enti. Non appare  infatti credibile ritenere percorribile la strada che comporti la restituzione di tali somme in un’unica tranche. È comunque necessario, in via preliminare, determinare l’entità delle somme da rimborsare, attraverso un debito conto che il Ministero dell’Interno dovrà elaborare, inserendo tutte le voci, in entrata e in uscita, che costituiscono la situazione creditoria/debitoria tra ministero e province, compresi anche i rimborsi dell’iva per il trasporto pubblico locale e per i servizi esternalizzati, per i quali questa Unione ha più volte, senza esito,  chiesto il reintegro.

Va altresì, ed in maniera chiara, ribadito che la restituzione del pregresso dovrà avvenire in dieci annualità e che tali somme non dovranno in alcun modo essere contabilizzate ai fini del patto di stabilità interno.

Art. 24 “Acquisto di beni e servizi”

Tale articolo prevede sostanzialmente l’obbligo di ricorso alla Consip ovvero l’adozione dei prezzi stabilite dalle convenzioni Consip come base d’asta al ribasso anche nei casi in cui il contratto sia superiore ai 50 mila euro (abbassando così la soglia prevista dalla normativa comunitaria). In virtù dell’autonomia statutaria e regolamentare degli enti locali, e soprattutto in mancanza di una esplicito riferimento in merito, l’Upi ritiene di dover sottolineare che gli acquisti effettuati secondo quanto previsto dai regolamenti economali provinciali, sotto la soglia dei 50 mila euro, mantengono la loro efficacia.

Lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri

Prot. N. 92

 
On.le SILVIO BERLUSCONI


Presidente Consiglio dei Ministri

Roma


Illustre Presidente,

mi permetto di inviarLe la seguente nota, a seguito della decisione unanime del Consiglio direttivo dell’UPI e dell’Assemblea dei Presidenti di Provincia del 19 febbraio scorso.

L’approvazione della legge finanziaria 2003, come Lei certamente saprà, ha determinato l’apertura di numerosi problemi sul fronte della finanza provinciale.

L’Unione delle Province d’Italia è intervenuta, nel corso dell’iter parlamentare che ha condotto all’approvazione definitiva della legge, più volte ed in più sedi, al fine di rappresentare le forti difficoltà che la manovra di bilancio avrebbe determinato del sistema delle autonomie locali, e delle Province in particolare. Tali difficoltà sono da ultimo state riassunte in un documento di osservazioni sulla legge finanziaria 2003, elaborato insieme all’ANCI, che Le abbiamo già inviato.

In questa occasione, Le segnaliamo 3 questioni che meritano una sua particolare attenzione.

1. In via preliminare, la questione relativa al patto di stabilità 2002, che riteniamo assai lesiva della dignità di tutte le Province. E’ rimasto immutato il meccanismo di calcolo del disavanzo utile ai fini del rispetto del patto di stabilità interno 2002: lo scorso anno le Province hanno dovuto calcolare l’equilibrio dei loro bilanci includendo le spese correnti dovute a nuove funzioni trasferite e/o delegate, ed escludendo invece i relativi trasferimenti statali e/o regionali. Nonostante i tentativi di far comprendere l’assurdità di tale meccanismo, l’emendamento da noi proposto non è stato accolto. Il risultato è il seguente: mentre nel 2001 il 90% circa delle Province ha certificato la propria virtuosità, la stessa percentuale si trova ora, per l’esercizio 2002, sostanzialmente fuori dal patto di stabilità interno, pur avendone formalmente rispettato la ratio. L’evidente errore di impostazione contabile si evidenzia, peraltro, verificando che solo le Province delle Regioni a statuto speciale (che hanno conosciuto un processo di decentramento amministrativo risibile rispetto a quelle delle regioni ordinarie) hanno potuto formalmente dichiararsi virtuose.

2. In secondo luogo, per quanto riguarda il patto di stabilità 2003 relativamente sui costi contrattuali che su di esso avranno effetto, ci preme ricordare l’accordo che il Governo ha siglato con le Organizzazioni Sindacali nel febbraio 2002, con il quale si è sostanzialmente determinato un innalzamento della base iniziale di contrattazione per tutti i comparti, con il risultato di far pesare sui bilanci degli enti locali accordi presi da altri. Ritengo opportuno che il Governo si faccia carico di questo ulteriore incremento (pari allo 0.99% solo per il 2003) e garantisca alle Province l’esclusione di tali costi dal calcolo del disavanzo.

3. Infine, ci permettiamo di sottoporre alla Sua attenzione quanto stabilito dall’art. 31, comma 12, lett. b) della legge 289/02, con cui il Governo interviene retroattivamente su bilanci già chiusi, recuperando somme finora non recuperate per incapienza o insufficienza di trasferimenti erariali. Ferma restando la dubbia legittimità di tale operazione, ci preme sottolinearLe che il recupero non rateizzato di tali ingenti somme determinerà senza dubbio la paralisi delle Province interessate da tale manovra.

E’ di tutta evidenza che se queste questioni, che per le Province rivestono importanza vitale, non troveranno adeguata attenzione da parte del Governo nazionale, non potranno essere assolutamente garantiti il livello e l’efficienza di servizi finora erogati dalle Province.

Confidiamo, ancora una volta, nella Sua sensibilità ed attenzione e restiamo fiduciosi di poter avere da Lei, finalmente, un cenno di riscontro a questa nostra lettera.

 Roma, 28 febbraio 2003 

Lorenzo Ria

La dichiarazione del Presidente dell’UPI, Lorenzo Ria, all’indomani dell’incontro con il Governo, che avrebbe dovuto aprire il confronto sul Documento di Programmazione Economica e Finanziaria.

“L’incontro di ieri si è rivelato una farsa, con il Governo pronto a sfoderare tabelle sullo stato di crisi del Paese, e Comuni, Province e Regioni esclusi dalla possibilità di interloquire, perché convocati senza aver ricevuto nemmeno un’ora prima il testo della proposta”.Questo il commento del Presidente dell’Unione delle Province d”Italia, Lorenzo Ria, all’indomani dell’incontro con il Governo, che avrebbe dovuto aprire il confronto sul Documento di Programmazione Economica e Finanziaria.”E’ sbagliato il metodo – prosegue Ria – perché taglia fuori le istituzioni locali da ogni possibilità di concorrere positivamente e in modo convinto al processo di risanamento del Paese. Oltretutto, questo metodo non è coerente con il ruolo e la funzione che la Costituzione riconosce alle autonomie locali. Ma è sbagliato anche il merito, perché il governo ci ha detto che farà tagli per 5.5 milioni di euro. Non ha chiarito, però, su chi ricadranno e in quale misura. Non ha risposto a nessuna delle proposte presentate dalle istituzioni locali un mese fa, in Conferenza Unificata, in merito alle priorità degli investimenti essenziali per lo sviluppo del Paese e ai criteri da introdurre per assicurare il rispetto del patto di stabilità.”

La dichiarazione del Presidente dell’UPI, Lorenzo Ria, a poche ore dalla convocazione a Palazzo Chigi per la presentazione del Dpef.

“Siamo stati convocati per discutere di un documento che non conosciamo, che si preannuncia molto vago, e i cui tempi di discussione in Parlamento sono strettissimi. Dove sono finite le rassicurazioni che il Governo ci aveva fatto in Conferenza Unificata, della volontà di aprire sul DPEF un dibattito costruttivo, un percorso condiviso, una vera concertazione con le istituzioni locali?L’unica elemento che ci sembra di potere cogliere, dalle anticipazioni apparse sulla stampa, è che il documento predisposto dal Ministro dell’Economia prevede una forte contrazione delle risorse, che non potrà che penalizzare le istituzioni locali, ledendone fortemente l’autonomia e la capacità di spesa. Ci auguriamo, comunque, che le proposte presentate dalle Province in Conferenza Unificata, con la richiesta al Governo di prevedere fondi per assicurare ai cittadini sicurezza delle scuole, delle strade e del territorio, siano state accolte. Altrimenti, il dibattito sulla Finanziaria si farà davvero aspro.”

Si è svolto, nella sede dell’Anci, un incontro tra Cgil, Cisl e Uil e Anci, Upi e Conferenza delle Regioni. Le dichiarazioni dei Presidenti Ria, Cavalli e Nunes.

Aprire un tavolo di lavoro tra Regioni, Province, Comuni e sindacati sulle priorità da definire nel prossimo DPEF, per lo sviluppo del Paese. Questa la proposta lanciata dall’Upi nell’incontro che si è svolto oggi con i Segretari Generali dei sindacati confederali, e nei quali sono stati illustrati i punti del patto di competitività siglato tra CGIL CISL e UIL e Confindustria. “Un documento – ha detto il Presidente dell’Upi, Lorenzo Ria – che condividiamo, perché considera fondamentali per lo sviluppo del Paese, le tematiche che più sono vicine agli enti locali: ricerca, innovazione, formazione, infrastrutture, mezzogiorno e ambiente. Vorremmo però che le forze economiche e sociali non considerassero prioritarie solo le grandi opere, come il ponte sullo stretto di Messina, quanto piuttosto le infrastrutture di interesse regionale e locale, che sono la base per tutte le politiche di sviluppo. Tra queste ribadiamo la necessità di porre in primo piano la scelta della messa in sicurezza degli edifici scolastici, delle strade, nonché la difesa del suolo”. Parere condiviso anche dal Presidente della Provincia di Brescia, Alberto Cavalli, che ha sottolineato la necessità di aprire un tavolo di confronto comune sui temi del DPEF. “Le politiche di sviluppo – ha commentato – muovono prioritariamente dalle istituzioni regionali e locali, ed in questo senso le Province, sono parte attiva dello sviluppo del paese.” “ Il patto di competitività – ha detto il Presidente della Provincia di Pisa, Gino Nunes – è ampiamente condivisibile, perché si fonda sul trincio che lo sviluppo del Paese sia determinato dalla valorizzazione delle risorse umane, culturali e dall’innovazione. Con questo incontro – ha concluso – i sindacati aprono un confronto articolato che rispecchia il nuovo assetto federalista del paese, dove Regioni, Comuni, Province e Stato sono soggetti istituzionali di pari livello.”

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