1. L’APPLICAZIONE DEL TITOLO V E L’ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE
La legge costituzionale n.3/01 di riforma del Titolo V della Costituzione rappresenta la chiave di volta del rinnovato sistema autonomistico in senso federalista. Con l’esplicito riconoscimento della pari dignità costituzionale tra Comuni, Province, Città Metropolitane, Regioni e Stato si realizza un nuovo assetto istituzionale, fondato sui princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, e che trova nel riconoscimento dell’autonomia finanziaria di entrata e di spesa un elemento qualificante e innovativo delle modifiche costituzionali introdotte.
In questa prospettiva l’intesa interistituzionale siglata formalmente da Governo, Regioni ed Enti locali lo scorso 20 giugno, rappresenta la comune volontà di tutti gli attori coinvolti nel processo di attuazione costituzionale di impegnarsi per il superamento, in una logica di leale collaborazione, degli evidenti problemi applicativi fin qui emersi nonché per la risoluzione di altre questioni relative all’adeguamento dell’ordinamento al nuovo Titolo V.
Non a caso l’intesa riporta, per quanto concerne nello specifico il federalismo fiscale, un esplicito riferimento all’art.119 Cost. e alla necessità di prevedere nel DPEF una conferenza mista che definisca l’impianto complessivo del federalismo fiscale nonché l’avvio del trasferimento di parte delle risorse necessarie allo svolgimento delle competenze esclusive e per l’esercizio delle funzioni amministrative derivanti dal nuovo testo costituzionale.
Viene sostanzialmente ratificata l’evidente necessità che, nella predisposizione del DPEF prima, e nella legge finanziaria poi, si tenga opportunamente conto del nuovo quadro istituzionale procedendo all’attuazione dell’art. 119 della Cost., concretizzando così un vero federalismo fiscale. In questo senso le Province, ormai già da vari anni, avanzano, e lo ribadiscono con forza, la loro richiesta della previsione di una compartecipazione ad un grande tributo erariale (IRPEF).
Occorre infatti ricordare che la finanza provinciale è, a tutt’oggi, una finanza in parte derivata e in parte autonoma, poiché trae una sostanziosa parte delle proprie entrate da meccanismi impositivi che intervengono su uno specifico settore, quello automobilistico: imposta sulla RcAuto e Imposta Provinciale di Trascrizione. La natura prettamente settoriale delle leve fiscali a disposizione delle Province non appare assolutamente congruente ed idonea al ruolo che le Province stesse esercitano all’interno del sistema delle autonomie locali, ruolo che si esprime su diversi fronti (governo e gestione del territorio, tutela ambientale, strade, edilizia scolastica superiore, centri per l’impiego, solo per citare i più rilevanti) e che sostanzialmente definisce la Provincia quale ente a fini generali. Il recente provvedimento governativo che interviene, sospendendola per circa sei mesi, sulla Ipt è una prova evidente della improcrastinabilità dell’attivazione di un meccanismo che garantisca alle province strumenti certi e adeguati per lo svolgimento delle proprie funzioni.
Il DPEF e la prossima legge finanziaria possono e devono dunque porre le basi per una graduale trasformazione della finanza provinciale prevedendo fin dal 2003 una compartecipazione all’IRPEF almeno per le funzioni trasferite.
2. PATTO DI STABILITA’ INTERNO
Questione centrale è sicuramente quella relativa alla disciplina del patto di stabilità interno, che quest’anno ha fatto registrare alcune novità non propriamente condivisibili – come ad esempio il tetto alla spesa – che configurano un sistema dove viene limitata considerevolmente l’effettiva autonomia di spesa. Allo stesso tempo tale disciplina svilisce il senso di responsabilità che invece il sistema delle autonomie locali e quello delle Province in particolare hanno finora dimostrato, sin da quando è stato sottoscritto, nel 1999, l’accordo con il Governo per il concorso al rispetto dei parametri finanziari imposti dall’appartenenza alla Unione Europea, supportando così le scelte di politica economica nazionale.
A fronte di meccanismi sempre più stringenti, limitanti e mortificanti rispetto all’autonomia degli enti, nonostante l’evidente impegno con cui questi invece hanno sempre operato, l’UPI ritiene dunque imprescindibile attivare un meccanismo di vero confronto in sede di elaborazione di legge finanziaria annuale, laddove vengono definiti e predisposti i vincoli e i limiti per il sistema delle autonomie, che dovranno essenzialmente essere riferiti al disavanzo e non alla spesa.
3. POLITICHE SETTORIALI = UN PIANO NAZIONALE DELLA SICUREZZA
A fronte della fondamentale importanza che il Documento di Programmazione Economico-Finanziaria riveste per ogni settore economico e istituzionale, l’UPI ritiene possibile supportare l’azione del Governo affinchè realizzi proposte concrete per un Piano Nazionale della Sicurezza, piano che ovviamente investe e interessa più settori.
Innanzitutto l’edilizia scolastica: è evidente la necessità di impostare una riflessione circa la impossibilità di garantire funzionalità e fruibilità degli edifici adibiti a scuole senza sufficienti dotazioni finanziarie, capaci di far fronte agli interventi di messa a norma previsti dal d.lgs. 626/94 e dalla legge n.46/90.
In secondo luogo la sicurezza stradale. Come è noto nel 2000 circa 30 mila chilometri di strade Anas sono stati trasferiti alle Province, con tutte le difficoltà di gestione che una simile novità comporta. Sarebbe auspicabile poter rinvenire nel Dpef una linea che vada a sostegno degli interventi di manutenzione e sicurezza della rete viaria che le province hanno in dotazione, anche a fronte del taglio delle risorse predefinite operato dalla legge finanziaria per il 2002.
In stretta relazione con la sicurezza stradale, va sottolineata la necessità di valorizzare adeguatamente lo sviluppo dell’uso della bicicletta prevedendo, in particolare, il rifinanziamento della legge 366/98 sulla mobilità ciclistica e sulla sicurezza stradale degli utenti della bicicletta.
Infine, forte attenzione va prestata alle politiche di sicurezza dei territori: troppo spesso ormai il nostro Paese è oggetto di interventi di protezione civile a fronte di eventi alluvionali ovvero di emergenze dovute alla siccità. Le Province, per le loro specifiche competenze e funzioni, hanno conoscenza diretta delle peculiarità dei propri territori e sono altresì consapevoli che senza interventi strutturali nel settore della difesa del suolo, della tutela delle acque e dell’inquinamento atmosferico, si rischia di aggravare ulteriormente una situazione che, in termini di sostenibilità, è già evidentemente rischiosa.
Nello specifico il raggiungimento degli obiettivi di buona qualità e le scadenze connessi al recepimento della normativa comunitaria in materia di acque, contenuti nel d.lgs.152/99, sottolineano l’esigenza di operare con decisione nei confronti del grave problema dell’approvvigionamento idrico, divenuto in buona parte del Paese ormai un’emergenza quasi cronica.
Inoltre, con l’approssimarsi dell’appuntamento di Johannesburg, l’UPI ritiene necessario il rafforzamento di una politica di sostenibilità di area vasta (che trova come riferimento ottimale l’ambito provinciale proprio in virtù della trasversalità delle competenze in materia ambientale) che sia decisamente incisiva e destinata ad intervenire efficacemente sull’intero sistema della mobilità sostenibile, a tutela della qualità dell’aria; nello specifico le competenze in materia ambientale
4.POLITICHE DI SVILUPPO
Il Dpef, in uno scenario macroeconomico, non può non tener conto della valenza degli strumenti di programmazione negoziata. I patti territoriali e i contratti d’area, ora di fatto regionalizzati, ma che hanno saputo negli ultimi anni produrre sviluppo e occupazione soprattutto nel Mezzogiorno, sembrano aver subìto una battuta d’arresto, non ultima quella relativa alla indisponibilità dei fondi erogati dal Ministero dell’Economia. L’UPI ritiene che il Governo dovrebbe attivarsi, almeno per quanto riguarda i patti e i contratti già finanziati, affinchè si trovino le risorse per portarli a compimento.
Inoltre preme sottolineare la necessità di interventi puntuali per le politiche per l’occupazione. Negli ultimi due anni il Governo ha riconosciuto nella legge finanziaria la necessità di supportare l’avvio e la strutturazione dei centri per l’impiego, accogliendo la richiesta, avanzata dall’UPI, di risorse ad hoc destinate. Ferma restando la necessità che si costruisca una sistema concorrenziale dei luoghi di incontro tra domanda e offerta di lavoro, è però necessario che il settore pubblico sia messo effettivamente in grado di stare sul mercato in maniera innovativa e competitiva, per svolgere in modo efficace compiti e funzioni attribuite alle Province direttamente dallo Stato.
Infine il Piano e_government: quest’anno le Province hanno dimostrato la loro progettualità rispetto alla innovazione tecnologica e alla modernizzazione dei servizi offerti alla comunità. Per questo motivo l’UPI torna a ribadire la necessità che interventi di questo tipo trovino un sistema di strutturazione nelle politiche di sviluppo attivate dal Governo, affinchè si possa mantenere al massimo livello possibile l’innovazione tecnologica competitiva, le sinergie e le progettualità che tutto il sistema locale ha saputo esprimere in occasione del primo bando per l’e_gov. È dunque necessario, in questo settore, reperire ulteriori risorse e attivare strumenti di più ampio respiro che non abbiano carattere di eccezionalità o sporadicità .
5. CONCLUSIONI
L’attuale Documento di Programmazione Economico – Finanziaria è il primo Dpef predisposto dopo l’approvazione della riforma federalista della Repubblica. Ad avviso dell’Unione delle Province d’Italia la struttura e i contenuti del documento non recepiscono le profonde innovazioni costituzionali e non rendono esplicita la scelta a favore di un modello federalista in cui Stato, Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane, sono soggetti costitutivi della Repubblica con pari dignità, e che devono quindi cooperare in forma concertativa e responsabile sulle scelte fondamentali. Tutto ciò è particolarmente evidente nella impostazione riguardante le riforme della finanza pubblica (legge di stabilità, riforma del bilancio e federalismo fiscale).
D’altra parte la scelta operata dal Governo con il D.L. 138 dell’8 luglio 2002 sull’Imposta Provinciale di Trascrizione accentua gli elementi di forte preoccupazione sulla volontà di concertare le misure che contengono una responsabilità comune del governo centrale e dei governi locali.
Il Dpef non raccoglie le questioni fondamentali che avevamo già sottoposto alla valutazione del Governo negli incontri preliminari e che sono indicate nel presente documento.
In particolare, consideriamo con grande preoccupazione l’assenza di una esplicita previsione di una compartecipazione all’IRE per le Province ed in questo ambito la specifica previsione del finanziamento attraverso entrate tributarie almeno delle competenze già trasferite.
Per quanto attiene il patto di stabilità, non è chiarita la scelta del Governo relativamente agli strumenti di responsabile partecipazione degli enti locali al rispetto dei vincoli europei. In questo senso si ribadisce l’assoluta indisponibilità verso vincoli diversi da quello del disavanzo, che altrimenti sarebbero lesivi dell’autonomia. Allo stesso tempo, forte preoccupazione esprimiamo rispetto al rischio che, avendo il Governo deconsolidato la spesa di investimento, i nuovi vincoli previsti all’indebitamento netto alle Pubbliche Amministrazioni provochino un blocco della possibilità di investimento degli enti locali ancorché sul proprio patrimonio.
Nel merito degli specifici impegni programmatici, rileviamo positivamente la previsione del rinnovo del fondo nazionale di finanziamento delle iniziative locali relativamente ai progetti di e_government e la individuazione, tra le forme di incentivazione dello sviluppo del Mezzogiorno, del sostegno finanziario agli strumenti della programmazione negoziata, sia pure limitatamente al Mezzogiorno.
Tali previsioni raccolgono richieste avanzate dalle Province, e tuttavia consideriamo rilevante l’assenza di impegni espliciti per quanto riguarda la sicurezza del sistema scolastico e della viabilità, nonché della messa in sicurezza dei territori.
Sulla base di queste considerazioni non possiamo dare la nostra approvazione al Dpef 2003-2006, che seppur molto ampio in termini programmatici, risulta carente in termini di priorità e adeguate specificazioni.
Siamo naturalmente disponibili a rivedere il nostro giudizio se nel percorso di approvazione parlamentare sarà raccolta la sostanza delle nostre proposte. In questo senso nei prossimi giorni, anche d’intesa con le altre Associazioni delle Autonomie Locali, chiederemo un incontro ai gruppi parlamentari per rappresentare le nostre posizioni.