Parere UPI sul Protocollo d’intesa tra la Regione Abruzzo, l’Unione Province d’Abruzzo, l’Associazione Regionale Comuni d’Italia e l’Unione Regionale Comunità montane sui servizi di trasporto e di assistenza scolastica qualificata agli studenti portatori di handicap che frequentano le scuole superiori e l’Università.
Ciascuna delle quattro province abruzzesi potrà valutare al meglio l’opportunità di aderire al percorso concertato proposto dalla Regione Abruzzo, previa eventuale introduzione di correzioni ed integrazioni al protocollo di cui all’oggetto, anche alla luce degli elementi di seguito illustrati.
I °)
Come è noto, sulla questione relativa all’ente locale che deve provvedere al servizio di trasporto dei disabili alle scuole medie superiori, l’ANCI e l’UPI hanno sottoscritto il 18 ottobre 2002, in sede di Conferenza Stato-Città, un documento comune, al termine del quale è stata formulata la richiesta “che venga colmato il vuoto legislativo sulla materia e che unitamente vengano individuate ed assegnate le risorse necessarie ai soggetti che le singole leggi regionali individueranno come competenti a fornire il servizio”.
L’iniziativa assunta dalla Regione Abruzzo, nella direzione di intervenire con una legge che stabilisca il riparto delle competenze tra provincia e comune, rappresenta un’importante ed utile risposta all’esigenza rappresentata in sede nazionale da ANCI ed UPI; la soluzione transitoria di una convenzione tra gli enti, in attesa della legge, può certamente costituire un valido strumento per eliminare nel frattempo i disagi dei cittadini interessati al servizio.
Tuttavia il contenuto del protocollo d’intesa opera una distinzione tra l’ente locale che eroga (predispone e gestisce) il servizio – individuato (articoli 2 e 3) correttamente nel comune, tenuto anche conto del quadro delle competenze delineato dalle norme (legge n° 328 del 2000) che definiscono il sistema integrato di interventi e servizi sociali – e quello che assume (oltre a compiti di promozione e di coordinamento, peraltro non meglio definiti), l’onere finanziario del medesimo, obbligando la provincia, insieme alla regione, a mettere a disposizione una parte rilevante, il 50%, delle risorse necessarie (articoli 4 e 5).
Tale impostazione – come risulta anche dalla nota regionale di trasmissione della proposta che configura l’intervento finanziario regionale in termini di sussidiarietà nei confronti delle province – sembrerebbe basarsi su di una competenza delle province in materia in base alle norme vigenti (presumibilmente con riferimento all’art .139 del d.lgs. n°112 del 1998). Questa Unione ha già illustrato in precedenti documenti come tale competenza non sussista e ciò trova riflesso nel citato documento ANCI/UPI, che richiede in merito un intervento legislativo da parte delle regioni.
Ma se non vi è attualmente una competenza provinciale in materia la soluzione proposta nella bozza di protocollo finisce per applicare nei confronti dei comuni, ma non nei confronti delle province, il principio secondo cui all’attribuzione di nuovi compiti deve corrispondere il contestuale trasferimento di congrue risorse.
Si ritiene che tale principio – spesso disatteso nel passato e affermatosi solo nei processi di decentramento a decorrere dalla fine degli anni novanta, in attuazione della legge n° 59 del 1997 e del d.lgs. n°112 del 1998, che lo hanno sancito espressamente – debba trovare sempre applicazione nei confronti di tutti gli enti locali, non solo nei casi in cui l’attribuzione avvenga per mezzo di norme, statali o regionali, ma anche in quelli di assunzione convenzionale di nuovi compiti, salvo particolari e motivate ragioni.
Con il protocollo proposto – che per l’aspetto in esame si auspica in ogni caso non venga riprodotto nella successiva legge regionale – in sostanza si attribuisce alle province il compito di provvedere al finanziamento del 50% dei servizi considerati, senza mettere a disposizione di tali enti le risorse finanziarie necessarie.
II °)
La convenzione opera la distinzione tra i “servizi di assistenza qualificata” e quelli di “trasporto”(articoli 1, 2 e 3).
Tale distinzione è certamente corretta, ma sarebbe opportuno evitare ogni ambiguità in ordine alla delimitazione del contenuto dei servizi che sono compresi nell’espressione “assistenza qualificata”.
In proposito, come è noto, il riferimento è la circolare del Ministero dell’Istruzione 30 novembre 2001, che, in materia di assistenza agli alunni in situazione di handicap, ha precisato che spetta alle scuole l’assistenza di base, mentre gli enti locali provvedono all’ “assistenza specialistica da svolgersi con personale qualificato”; a tale circolare e alla terminologia in essa utilizzata sarebbe forse opportuno rifarsi espressamente, magari citandola nelle premesse del protocollo d’intesa, al fine di evitare ambiguità nell’applicazione.
Ma se questo è l’oggetto dei servizi che l’accordo vuole regolare oltre ai trasporti, attribuendone l’erogazione ai comuni ed il finanziamento del 50 % del loro costo alle province, occorre notare che una parte di tali interventi – e più precisamente quelli relativi ai servizi a favore dei soggetti in situazione di handicap che frequentano la scuola media superiore, diversi dai disabili sensoriali, ciechi e sordomuti – riguarda compiti aggiuntivi rispetto a quelli in precedenza svolti dalle province con mezzi già a propria disposizione; per cui si realizza anche per questo aspetto quanto sopra evidenziato per il servizio di trasporti, e cioè una nuova attribuzione senza la contestuale messa a disposizione delle risorse necessarie.
III °)
In relazione a quanto sopra emerge che, in base alle norme vigenti, l’onere finanziario a carico delle province per i servizi considerati nel protocollo d’intesa si giustifica solo con riferimento all’assistenza specialistica a favore degli allievi ciechi e sordomuti; tali interventi sarebbero infatti gli unici che, oggi di competenza provinciale, sarebbero invece svolti dai comuni a seguito dell’intesa proposta.
L’ulteriore importo per il quale l’accordo prevede invece il trasferimento di risorse ai comuni dalle province, anziché dalla Regione, comporta l’assunzione di un compito senza contestuale attribuzione dei mezzi necessari a favore dei bilanci delle province stesse. Assunzione che semmai si giustificherebbe esclusivamente in virtù della libera scelta delle singole province abruzzesi rivolta a sostenere l’attività dei comuni per i servizi di cui si tratta. In relazione a tale scelta – che ovviamente sarebbe effettuata, al di fuori di ogni imposizione disposta con provvedimento regionale, a seguito delle autonome valutazioni dei singoli enti interessati – emerge tra l’altro l’esigenza che l’adesione all’atto convenzionale in oggetto avvenga tramite la diretta sottoscrizione del protocollo da parte delle singole province.
IV °)
Si evidenzia infine che nelle premesse del protocollo il richiamo agli articoli 42 e 45 del DPR 24 luglio 1977, n° 616 dovrebbe essere completato, al fine di assicurarne la corrispondenza al contenuto delle disposizioni citate e la coerenza con quanto viene concordato nella convenzione; infatti il primo comma dell’art.42 riferisce espressamente le funzioni amministrative relative alla materia “assistenza scolastica” – attribuita dall’art.45 ai comuni – non solo all’assolvimento dell’obbligo scolastico, ma anche alla prosecuzione negli studi.
10 settembre 2003