VISTO l’articolo 9, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281 che prevede accordi tra il Governo, le Regioni, le Province, i Comuni e le Comunità montane al fine di coordinare l’esercizio delle rispettive competenze e svolgere in collaborazione attività di interesse comune.
CONSIDERATA la necessità di garantire un processo armonico di adeguamento dell’ordinamento alla riforma del titolo V della Costituzione, introdotta dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3.
CONSIDERATO che la riforma del Titolo V della Costituzione configura un nuovo assetto del sistema delle autonomie territoriali, collocando gli enti territoriali al fianco dello Stato come elementi costitutivi della Repubblica e che pertanto Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato hanno pari dignità, pur nella diversità delle rispettive competenze, essendo la potestà legislativa attribuita allo Stato ed alle Regioni e riconoscendosi a Comuni, Province e Città metropolitane la natura di enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, secondo quanto previsto dall’articolo 114 della Costituzione.
RITENUTA la necessità di individuare i principi informatori comuni dell’azione dei soggetti istituzionali.
RITENUTA l’esigenza di avviare un confronto tra tutti gli enti che compongono la Repubblica al fine di pervenire ad una valutazione concertata dei più delicati temi e profili istituzionali.
Tra il Governo, le Regioni, i Comuni, le Province e le Comunità montane si conviene il seguente accordo:
I) Finalità
1 Tutti i soggetti che compongono la Repubblica sono tenuti a prestare il proprio contributo per sostenere e valorizzare, nell’ambito delle rispettive competenze, il doveroso processo di armonizzazione dell’ordinamento giuridico al nuovo dettato costituzionale, nel rispetto del principio di unità ed indivisibilità della Repubblica, sancito, dell’articolo 5 della Costituzione.
2. Il nuovo modello di pluralismo istituzionale rende necessario un comune impegno che consenta di realizzare, contemperando le ragioni dell’unità con quelle delle autonomie, una consapevole direzione politico-istituzionale del processo di adeguamento alle nuove disposizioni costituzionali. A tal fine, si riconosce che la separazione delle competenze comporta la valorizzazione del principio della leale collaborazione tra gli enti che compongono la Repubblica, finalizzata alla ricerca della più ampia convergenza, per addivenire a soluzioni condivise in ordine alle rilevanti questioni interpretative e di attuazione poste dalla riforma costituzionale del Titolo V
3. In tale ottica, è auspicabile che sia quanto prima attuata l’integrazione della Commissione bicamerale per le questioni regionali, come consentito dall’articolo 11 della legge costituzionale n.3 del 2001, e nel contempo che siano rivalutate e rese operative le altre sedi di confronto, quali la Conferenza unificata di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo n.281 del 1997 ed i Consigli regionali delle Autonomie, previsti dal nuovo articolo 123 della Costituzione.
II) Principi dell’azione comune ed argomenti di approfondimento
1. Costituiscono principi essenziali dell’azione comune:
privilegiare, tra più possibili interpretazioni della legge costituzionale, la più aderente alla logica del pluralismo autonomistico cui è ispirata la riforma costituzionale;
considerare il principio di sussidiarietà, elemento fondante della riforma, unitamente ai principi di differenziazione ed adeguatezza;
garantire, in ogni caso, il rispetto dei principi di continuità e completezza dell’ordinamento giuridico.
2. In relazione ai poteri legislativi assegnati, lo Stato e le Regioni individuano e delimitano i rispettivi ambiti di competenza per un corretto esercizio delle funzioni legislative. Tale delimitazione si rende necessaria anche al fine di dare certezza dell’ambito delle materie rimesse in competenza residuale regionale e per l’individuazione di soluzioni volte a prevenire e limitare il contenzioso costituzionale.
3. Lo Stato e le Regioni, nell’esercizio delle loro potestà legislative, assumono, altresì, l’impegno di verificare, in fase di predisposizione degli atti normativi, il puntuale rispetto degli ambiti di competenza ad essi assegnati dalla novella costituzionale. La verifica riguarda anche i provvedimenti già in corso di perfezionamento, proponendone, ove occorra, la modifica o il ritiro. A questi fini i Presidenti delle Regioni si impegnano ad orientare, in ogni sede ed in ogni fase, l’iniziativa legislativa delle Giunte regionali. Il Presidente del Consiglio si impegna ad emanare una direttiva a tutti i Ministri per orientare l’iniziativa legislativa del Governo, in ogni sede ed in ogni fase, al rispetto del nuovo assetto costituzionale.
4. Per l’attuazione del federalismo fiscale, si conviene sulla necessità di introdurre nel DPEF la previsione:
di una conferenza mista per definire l’impianto complessivo del federalismo fiscale;
dell’avvio del trasferimento di una parte delle risorse necessarie per svolgere le competenze esclusive e le funzioni amministrative derivanti dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, da definire in legge finanziaria, senza oneri finanziari addizionali, con contestuale riduzione delle corrispondenti voci di costo a carico del bilancio dello Stato, con particolare riferimento alle spese per le strutture ed il personale statali.
5. Per quanto riguarda l’esercizio delle funzioni statutarie, regolamentari e amministrative spettanti alle Istituzioni locali, occorre dare piena attuazione alle disposizioni dettate dagli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione. In tale fase, vanno determinate le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lett. p), e vanno osservati i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza nell’attribuzione delle funzioni amministrative, il cui esercizio e organizzazione compete ai Comuni, singoli o associati, anche nelle forme delle Unioni di Comuni e delle Comunità montane, e qualora lo richiedano esigenze di unitarietà, alle Province, alle Città metropolitane, alle Regioni ed allo Stato. Tali obiettivi sono raggiunti attraverso la revisione del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, quale intervento necessario, accanto all’adozione di ulteriori leggi statali e di leggi regionali, per attuare gli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione.
6. Modalità operative di coordinamento e di collaborazione tra il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), la Conferenza Stato-Regioni e la Conferenza Unificata saranno individuate al fine di realizzare le opportune sinergie tra i medesimi organismi.
III) Modalità organizzative
1. La sede istituzionale di confronto è individuata nella Conferenza unificata. Le riunioni della Conferenza hanno cadenza periodica e costituiscono il momento di confronto politico, di valutazione, di indirizzo e di verifica per l’attuazione della presente intesa. L’approfondimento degli specifici argomenti individuati è affidata a tavoli tecnici.
2. I soggetti firmatari si impegnano, altresì, a ricercare ulteriori azioni coordinate proponendo del caso anche eventuali nuovi strumenti di collaborazione e di intesa.